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Shenmue 3 recensione, difficili eredità del passato

Un seguito insperato che porta con sé parecchie reticenze dei suoi antenati e poche novità

Ryo non si cambia d’abito e torna sulle nostre console, dando vita al sogno di tutti quei fan che non hanno mai perso davvero le speranze per vedere la realizzazione di Shenmue 3. A distanza di 18 anni dal secondo titolo, ci ritroviamo un prodotto che si configura esattamente in linea con quanto avevamo giocato quasi due decenni fa, restituendoci il sapore amarcord di cui sente chiaramente questo gioco, ma traslandoci immediatamente in una dimensione senza tempo. Una prova difficile, con luci e ombre che andiamo a osservare più da vicino nella nostra recensione.

Shenmue 3, o dello slow game

Cominciamo il 21 marzo 1987, alle porte della primavera, quando Ryo e Shenhua sono finalmente usciti dalla grotta dove li avevamo lasciati al termine di Shenmue 2. Scegliendo una delle quattro difficoltà di gioco, ci apprestiamo a cominciare la partita in un’atmosfera parecchio legata alle terre del Sol Levante, non solo per ambientazione e anagrafica di ogni personaggio, ma anche per il ritmo e la cadenza della parlata in ogni dialogo, anche nella loro versione inglese.

Siamo però subito consci del tratto fondamentale di questo titolo: dopo lo “slow food”, Shenmue 3 declina il concetto “slow” al videoludico, fatto di lentezza e di un diverso modo di avvicinarsi al gioco che include la capacità di pregustarsi l’attesa del gioco stesso (anche fin troppo a lungo) e poi dedicarsi a una storia dal ritmo davvero lento, prolungato e a tratti quasi meditativo. Qualcosa che difficilmente è apprezzabile da un pubblico largamente aduso a giochi dal ritmo concitato, talvolta ai limiti della schizofrenia. A costo di incontrare però un determinato pubblico e con gusti altrettanto specifici e non facilissimi da soddisfare.

Shenmue 3 recupera da un lato le redini della narrazione, rimasta sospesa 18 anni fa, ma anche della tipologia e delle tempistiche di gioco un tempo abituali. Nel bene e nel male. Possiamo dedicarci alle attività più svariate, tra cui anche ai videogiochi (ma no, questa volta non abbiamo tracce di classiconi targati SEGA) e compiere azioni che hanno sempre un risvolto sulla partita in corso. Non si tratta di compiere semplici opzioni casuali e fini a se stesse: ad esempio, il denaro ha un valore effettivo e una sua funzionalità, così come il nostro allenamento a Kung Fu segue una sua progressione crescente, un’altra dimostrazione di come ogni elemento sia perfettamente coeso in una storia semplice ma sensata, il tutto inserito in un mondo virtuale, ma non troppo.

La relatività del tempo

La sola temporalità qui dettata è quella dell’alternanza giorno-notte, dei giorni di calendario veri e propri e null’altro. Il resto ricalca praticamente il ciclo regolare della vita “normale”: andare a letto e nutrirsi sono passi fondamentali per poter sopravvivere in questo mondo, ma non pensate a walking simulator o a qualcosa di assimilabile a The Sims, anche solo lontanamente. Lo chiariamo per chi fosse a digiuno di questo franchise, non certo per gli adepti di Ryo, che non possono che scandalizzarsi per una simile associazione.

Questa serie si propone dunque sotto le spoglie nemmeno troppo “mentite” di un percorso che ci conduce nelle lontane terre del Sol Levante, con uno stile di per sé unico e raffinato. Possiamo assaporare tutto il gusto dei videogiochi di una volta, dove l’esplorazione e l’incontro con i vari NPC sono alle fondamenta della storia, il level up nei momenti di combattimento è semplicemente legato alle nostre capacità, nonostante il sistema ci dirà di aver fallito nel premere le sequenze corrette di tasti, per quanto avremo rispettato il ritmo indicato. Non sono da meno i retaggi del passato osservati nel gameplay, evidenziati dalla facilità dei compiti da svolgere e che di fatto sono davvero poco stimolanti: una basilarità generale davvero difficile da sostenere, soprattutto a fronte di una mappa delle mosse svecchiata e ampliata, ma piuttosto lontano da quella che avrebbe dovuto essere l’eredità di Virtua Fighter.

A proposito di eredità, se il fil rouge con i precedenti capitoli non viene tagliato, anzi si rafforza e crea un doppio nodo con il passato, questa decisione non comporta certo dissonanza con il game design dell’epoca, ma con quella contemporanea, compiendo una scelta coraggiosa che ha portato sulle console un prodotto invecchiato di quasi due decenni. La decisione è stata anche difficile, vista nell’ottica di incontrare un ampio pubblico, ma chi ha detto che fossero queste le intenzioni? Che la produzione sia low budget è risaputo, anche in virtù della campagna Kickstarter lanciata per supportare la realizzazione di questo progetto fortemente fan-based. Bisogna anche ammettere però che guadagnare nuovo pubblico non dovrebbe essere un obiettivo da accantonare, anzi.

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Shenmue 3 recensione: scelte faticose e rigidi anacronismi

Shenmue 3 però sembra essere disinteressato a tutto questo, ponendo dei paletti non poco limitanti nel gameplay, a livello di puro game design. Infatti la problematicità non risiede nel comparto grafico e sonoro, vicino a tratti a giochi dell’epoca come The Grandstream Saga, soprattutto per l’uso frequente dell’ocarina che sa donare un tocco empatico e zen alla partita.

Come dicevamo, entrambi i comparti risultano davvero ben curati per un titolo non propriamente Tripla A, mentre non sono state ben digerite le sequenze filmate che non solo punteggiano pedissequamente la partita, ma che interrompono spesso in maniera distonica e senza concatenarsi in modo logico con quanto sta accadendo sullo schermo. Il gameplay quindi non riesce a spuntarla, a causa di errori tecnici che, a prescindere dal budget e in virtù di precedenti esperienze, non dovrebbero sussistere. E di tempo a disposizione per perfezionare il lavoro ce n’è stato.

Shenmue 3 spicca il volo a fatica, soprattutto nelle prime ore di un gioco dalla longevità abbastanza ridotta, delineando ancora di più il profilo di un titolo d’altri tempi e che è frutto di un anacronismo complessivo a effetto boomerang. Non è davvero facile accettare i compromessi imposti dall’esperienza nel suo complesso, soprattutto è difficile essere transigenti con errori del calibro di quanto abbiamo sviscerato, oltre a una dilatazione temporale che diventa davvero eccessiva e scavalla talvolta oltre il limite di tolleranza; si configura dunque come il punto debole più difficile da accettare, accanto a fetch quest difficili da considerare avvincenti al punto giusto.

Accanto a questi ossi duri, abbiamo però un combat system che respira ancora l’aria di un tempo, ma ancora capace di presentarsi con un approccio tattico non indifferente. Ci aspettavamo però che il lavoro tirasse le somme in qualche modo, o che potesse offrire qualche emozione forte. Invece no, manca una summa di quanto fatto finora, un vero salto se non qualitativo, quanto meno narrativo. C’est dommage, Suzuki.

Shenmue 3

Pro Pros Icon
  • Coerenza con la storia precedente
  • Comparto grafico ben curato
  • Ciclo giorno-notte apprezzabile nel dettaglio
Contro Cons Icon
  • Temporalità oltremodo diluita
  • Gameplay troppo spesso interrotto da filmati
  • Partite al limite della noia
  • Privo di una vera conclusione

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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