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Netflix: 5 serie tv asiatiche da non perdere assolutamente

Siete alla ricerca di serie TV asiatiche su Netflix ma non sapete da dove iniziare? Non temete, ci pensiamo noi a darvi una mano. Siamo qui per darvi il benvenuto nel meraviglioso panorama seriale asiatico. Per aiutarvi nella vostra avventura, vogliamo svelarvi le 5 serie tv che non potete assolutamente perdere.

Serie TV asiatiche su Netflix: dalla Cina con furore, Meteor Garden

Iniziamo questo viaggio con il numero 5 della nostra classifica: Meteor Garden.

Si tratta del remake dell’omonima serie tv Taiwanese del 2001, a sua volta ispirata dal manga Hanayori Dango, che al suo tempo conquistò letteralmente l’Asia, diventando uno dei drama asiatici più popolari di sempre. La trama gira intorno a Dong Shancai, una ragazza che viene ammessa nell’università più prestigiosa del paese. Qui incontra gli F4, un gruppo formato dai quattro ragazzi più popolari dell’istituto: Daoming Si, Huaze Lei, Yan Ximen e Feng Meizuo.

A causa di un piccolo incidente la ragazza si scontra subito con loro, in particolare con Daoming Si, un ragazzo viziato, arrogante e prepotente che la prende subito di mira. Shancai, però, non ha intenzione di piegarsi e grazie alla sua forte personalità riesce a tener testa al ragazzo. Ximen, Lei e Meizuo riconoscono che la ragazza ha carattere e, con il passare del tempo, sviluppano una forte amicizia: Daoming Si, invece, comincia a vederla con occhi diversi.

È una serie tv di un certo spessore che, oltre alla versione originale Taiwanese, conta vari remake tra cui quello giapponese (2005), coreano (2009), cinese (2009) e quello attuale, sempre targato Made in China, ma ambientato ai giorni nostri. Piccola ma importante premessa prima di continuare: Meteor Garden è una serie particolare, lo noterete sicuramente anche dal trailer.

Vi sono molte scene o situazioni che non potrebbero mai accadere nella vita reale e potrebbero, a detta di mio padre, ricordare le telenovelas sudamericane ma non storcete il naso a causa di questo elemento o per il fatto che, trattandosi di una lingua e una cultura differente dalla nostra, vi possiate sentire spaesati. All’inizio il mio primo pensiero è stato “che lingua strana!”, però proseguendo ed entrando in un’ottica differente dalla mia, ho iniziato davvero ad apprezzarla ed amarla.

Mettendo da parte le scene tragiche e irreali che, fidatevi di me cari amici, rendono la serie divertente, la storia è accattivante e se siete come me anche solo un minimo, arriverete a metà stagione senza neanche rendervene conto. Fin dall’inizio verrete catturati dalla trama e probabilmente sboccerà l’amore verso alcuni personaggi, ma anche simpatie ed antipatie.

All’inizio la recitazione degli attori potrebbe risultarvi piatta o quasi inesistente: non fatevi nemmeno ingannare da ciò perché il fatto che parlino una lingua diversa dalla nostra quasi contorce la realtà. In realtà gli attori principali, ma anche quelli secondari, recitano molto bene e riescono a vestire alla perfezione i panni dei difficili personaggi che interpretano, permettendo al pubblico anche di immedesimarsi in essi.

La fotografia, a parer mio, è ottima e la cosa che probabilmente ho amato più di tutte è la colonna sonora: è intensa, intrigante e vi sono alcune scene che funzionano proprio grazie ad essa! Ciò che mi ha lasciata a bocca aperta è stato scoprire che alcuni brani sono scritti ed eseguiti dai quattro attori maschili principali, giovani ma talentuosi: inoltre non troverete solo musica cinese, ci saranno anche canzoni internazionali. Gli episodi sono abbastanza: la serie ne conta 49 da quaranta minuti l’uno ma sono certa che, se questa serie vi prenderà, sarà la fine per voi (e la serie).

Insomma, miei cari lettori, se state cercando una serie tv asiatica un po’ trash (nel senso buono della parola), che vi faccia divertire ma anche commuovere –  perché sì, ci sono momenti molto irrealizzabili ma anche scene che vi faranno piagnucolare un pochino – Meteor Garden è perfetta per voi.

È fresca, frizzante (stiamo parlando di una serie o dell’acqua?) e davvero molto interessante. Io stessa era incerta all’inizio, però mi son bastati due episodi per innamoramene: inoltre siete sicuramente più fortunati di me perché proprio oggi Netflix ha pubblicato gli ultimi episodi, quindi potrete vederla senza dover attendere una settimana come la sfigata qui presente.

Il Revival con Erased

Al quarto posto troviamo Erased, l’adattamento live action ispirato al manga Boku dake ga Inai Machi di Kei Sanbe e all’omonimo anime. La trama si concentra sulla vita di Satoru Fujinuma, un ragazzo introverso che vorrebbe sfondare nel mondo del manga e che consegna pizze come lavoro part-time. Questo suo insuccesso nel disegno è dovuto a causa della sua timidezza e delle sue esperienze passate. Satoru, però, possiede un potere speciale: il Revival, così chiamato da lui.

Si tratta di un potere particolare che gli permette di tornare indietro nel tempo, ma non troppo, tanto quanto basta per poter salvare le persone in situazioni critiche. Dopo un importante e tragico avvenimento, il suo potere gli giocherà un brutto scherzo e lo riporterà alla sua infanzia, nel periodo in cui la sua compagna Kayo Hinazuki scomparve. Il suo scopo sarà quello di trovare il rapitore.

Erased, come ho detto poco fa, ha avuto un adattamento anime prodotto da A-1 Pictures e trasmesso nel 2016. Dopo di esso, è stato realizzato un film live action che ha debuttato in Giappone il 19 Marzo 2016. Oltre alla serie originale, inoltre, sono stati ideati due spin-off. Il primo è un romanzo di Hajime Ninomae pubblicato a puntate sulla rivista Bungei Kadokawa di Kadokawa e il secondo manga di Sanbe serializzato sul Young Ace da giugno a novembre 2016

Infine è stata realizzata da Netflix la serie live action, pubblicata il 15 dicembre 2017.

Premetto che l’anime l’ho visto dopo aver guardato la serie poiché è stato messo su Netflix solo qualche mese fa, quindi non sapevo ciò che sarebbe successo né potevo fare dei paragoni. Fin da subito è possibile notare quell’atmosfera di fantascienza che caratterizza la serie ed è presente l’elemento crime story alla CSI.

Il senso di mistero e quel lieve velo ansiolitico si fanno sempre più intensi mano a mano che si procede verso la fine che, secondo me, è arrivata troppo in fretta. Erased infatti è composto solamente da 12 episodi da mezz’ora circa l’uno. Nonostante la sua “scarsa lunghezza”, riesce comunque a tenervi attaccati allo schermo. Ogni volta che un episodio volgeva al termine, ero pronta a cliccare “guarda il prossimo episodio” più veloce della luce.

Gli attori, a parer mio, sono a dir poco eccezionali. In particolare mi sento di lodare Reo Uchikawa e Yūki Furukawa (piccolo e grande Satoru) che ci permetteranno di vestire i panni di uno Sherlock con gli occhi a mandorla per trovare il colpevole di turno. Inoltre questo spaccato tra passato e presente è ben sviluppato e vediamo il protagonista attraversare una crescita interiore di grande spessore.

Nelle scene passate sembra quasi di vedere Detective Conan, perché al piccolo Satoru non sfugge nessun dettaglio e riesce ad affrontare la situazione a sangue freddo. Non mancano nemmeno il coraggio e la forza di volontà, uniti all’aiuto dei suoi amici che anche in questa strana situazione lo sosterranno sempre.

Se siete appassionati di mistero, gialli e un pizzico di fantascienza, Erased fa assolutamente al caso vostro. Assieme alla serie tv, se riuscirà ad appassionarvi, consiglio anche la visione dell’anime.

Serie TV asiatiche su Netflix: One More Time, quando il tempo conta

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta delle migliori serie TV asiatiche su Netflix. Siamo in Corea del Sud e al terzo posto troviamo One More Time (oppure The Day After We Broke Up), una serie tv del 2016 interpretata dal cantante Kim Myung-soo, conosciuto anche come L, e Yoon So-hee.

La trama ruota attorno alla vita di Yoo Tan, il leader e cantante di una band indie chiamata One More Time, che ha iniziato con i suoi amici d’infanzia e la sua ragazza Moon Da-in. Purtroppo la popolarità della band inizia a diminuire, così come i soldi. Il ragazzo ha infatti vari debiti e rischia lo sfratto quindi, preoccupato da questo problema economico, inizia a trascurare la sua ragazza e i suoi amici.

Il 4 ottobre però, la fortuna è dalla sua parte. Yoo Tan riceve un’importante chiamata da una casa discografica che ha intenzione di farlo diventare una star. Ci sono solo alcune condizioni che il ragazzo deve seguire, ovvero abbandonare la sua band e lasciare la sua ragazza.

Dopo un breve momento di esitazione il ragazzo accetta, convinto di non provare più nulla per la sua ragazza ed emozionato dall’idea di diventare famoso. Tuttavia le sorprese sono dietro l’angolo. Il mattino seguente il ragazzo si sveglia e scopre di trovarsi nuovamente al 4 ottobre, in cui rivivrà gli stessi eventi vissuti “il giorno precedente”. Un evento più tragico, però, sarà il protagonista di quella giornata e Yoo Tan non ne è ancora a conoscenza.

Se odiate le serie tv troppo lunghe sappiate che One More Time ha solamente 8 episodi da mezz’ora l’uno. Questo, però, è un fatto interessante. Significa che il regista è riuscito a creare qualcosa di intrigante, unico e con un “consiglio”, se così possiamo chiamarlo, da dare al pubblico.

Dopo un inizio ironico e leggero, tipico delle serie tv coreane, arrivano le sorprese. Mi credete se vi dico che ogni episodio custodisce un elemento, una situazione o un dialogo che vi lascia a bocca aperta? Dall’iniziale ed apparente “soft mood”, si sviluppa una trama misteriosa con sfumature soprannaturali e con situazioni tragiche che vi faranno riflettere su vari aspetti della vita.

Verso il quinto episodio, se non ricordo male, ho dovuto interrompere la visione perché ero entrata nella “modalità filosofa della vita”, con aggiunta di lacrime e non riuscivo a proseguire. Questa serie riesce a tirare fuori lacrime sincere, smosse da situazioni intense e davvero toccanti.

Questa è stata la mia prima serie tv coreana e dopo averla terminata sono arrivata alla conclusione che i coreani sono i più tragici del trio Cina-Corea-Giappone. Vi ricordo nuovamente di non farvi spaventare dalle differenze linguistiche, che possono far sembrare che alcuni attori non sappiano recitare mentre in realtà stanno interpretando al meglio i loro personaggi. Il bello di questa serie tv, e di un’altra di cui vi parlerò dopo, è che ha uno scopo concreto. Vuole trasmettere un messaggio che verrà compreso dal protagonista e dagli spettatori verso la fine della serie. Sono certa che vi farà riflettere a lungo.

Vi invito quindi a guardarla, non avete scuse. È corta, gli episodi durano poco e in un pomeriggio l’avrete terminata. Non posso dirvi altro, se non che One More Time metterà in luce vari elementi che la maggior parte delle volte le persone tendono a dimenticare o mettere in secondo piano.

Switched: la bellezza interiore è la chiave

Torniamo in Giappone e al secondo posto troviamo Switched, serie live action ispirata al manga Sora wo Kakeru Yodaka di Shiki Kawabata. La trama gira intorno al trio composto da Shunpei Kaga, Koshiro Mizumoto e Ayumi Kohinata, amici intimi da quando sono bambini. Un giorno Koshiro confessa i suoi sentimenti ad Ayumi e il loro rapporto fa un passo avanti.

Il giorno prima del loro primo appuntamento, inaspettatamente, la ragazza riceve una chiamata da una sua compagna di classe, Zenko Umine, che sembra voglia buttarsi da un palazzo. Quando Ayumi si risveglia, si trova in un corpo che non le appartiene. Nessuno le crede e questo fa star male la ragazza, che cerca disperatamente un modo per tornare nel suo corpo.

Switched è composta da sei episodi con una durata che varia dai trenta ai quarantacinque minuti. Mi stupisco di me stessa perché amo le serie tv con miliardi di episodi. Devo ammettere però che questa è stata una piacevole sorpresa. Il tema presentato, o che si riesce ad intuire nel trailer, mi è sembrato leggermente banale però ho voluto vederla lo stesso perché ero a corto di materiale.

Gli episodi sono davvero pochi e creare qualcosa in grado di attirare fin da subito l’attenzione dello spettatore non è facile. Questa però ci riesce e posso dire che si comporta esattamente come One More Time. Probabilmente Switched riesce a catturarvi ancora di più rispetto a quella corean per vari motivi. Primo tra tutti perché si parla di un tema completamente diverso e poi perché il mistero e il soprannaturale sono alla base della serie.

Se in One More Time vediamo qualche lieve sfumatura, Switched è invece costruita su questi due elementi che vi faranno credere di aver intuito determinate cose ma poi vi distruggeranno ogni minima certezza che avete accumulato nel corso degli episodi.

La trama scorre senza problemi, non ci sono intoppi e tutto ciò che viene mostrato, in seguito viene spiegato nei minimi dettagli. Forse la parte finale è leggermente affrettata, ma mi ritengo soddisfatta quindi non mi lamento di questo piccolo particolare.

La recitazione degli attori, in particolare dell’attore che interpreta Shunpei Kaga, mi ha lasciata a bocca aperta. Nel complesso però avrete modo di apprezzare le doti recitative di ognuno di loro. La fotografia è eccellente e la musica, a parer mio, merita un dieci più in pagella. È stupenda e si adatta alla perfezione alla serie, rendendo alcune scene ancora più accattivanti e coinvolgenti.

Se cercate qualcosa per tenervi occupati durante un noioso pomeriggio o qualcosa di diverso dalle solite serie tv occidentali, questa è perfetta.

Serie TV asiatiche su Netflix: Something in the Rain, a volte è difficile essere donna

Finalmente siamo arrivati al primo posto di questo viaggio alla ricerca delle serie TV asiatiche di Netflix. La vincitrice di questa classifica è Something in the Rain (Pretty Sister who buys me food), serie tv sudcoreana del 2018.

La serie ruota attorno a Yoon Jin-ah, una donna sulla trentina che attraversa un momento di crisi dovuto alla sua recente rottura e allo stress accumulato sul posto di lavoro. Insieme a lei conosciamo Seo Joon-hee, un ragazzo che lavora per un’impresa di videogiochi e che torna in Corea dopo aver trascorso tre anni all’estero. Joon-hee è il fratello minore di Seo Kyung-seon, la migliore amica di Jin-ah. I due, dopo molti anni, si incontrano di nuovo e la donna inizierà a vedere il ragazzo con occhi diversi.

Molti di voi potrebbero pensare “e ti pare che al primo posto non ci mette una serie romantica?” Parliamone. Ciò che spero di riuscire a farvi capire è che questa serie va oltre il semplice romanticismo ed è diversa. Something in the Rain è composta da 16 episodi con una durata che varia da un’ora ad un’ora e mezza. È un brutto colpo, però il discorso è sempre lo stesso: se vi prenderà subito, questi sedici episodi finiranno in un batter d’occhio.

Come vi ho detto per One More Time, i coreani sono più tragici e profondi. In questa serie tv sono molti gli elementi presentati e non ci si concentra solamente sulla relazione dei protagonisti. Si parla di problemi sul posto di lavoro, in particolare di abusi nei confronti delle donne, della rigidità delle famiglie in Corea (vedremo numerosi scontri con la madre che non accetterà il ragazzo solo perché è di una classe sociale differente). Inoltre scopriremo quanto il sostegno famigliare possa essere tutto e allo stesso tempo nulla.

La storia d’amore che ci viene presentata è totalmente diversa da quelle che si vedono in giro. In questi sedici episodi, il regista ce la mostra come se fosse un fiore che lentamente sboccia. Vedremo proprio questo lento ma intenso amore che nasce, cresce e che vuole aprirsi al mondo, ma che non può farlo a pieno a causa di vari ostacoli.

È un amore puro, limpido e personalmente credo di non aver mai visto così tanta dolcezza ed intensità come in questa serie. Ci viene mostrato un amore cristallino che nonostante le difficoltà che incontra, non viene minimamente contaminato dalle vibrazioni negative che vogliono sgretolarlo. Anche quando ci sembrerà che sia destinato a rompersi, ciò non accadrà. Inoltre il fatto che in ogni episodio vengano approfonditi altri temi, rende questo fiore ancora più intrigante e bello da ammirare.

Un elemento davvero interessante è il fatto che tutto ciò che viene rappresentato in questa serie rispecchia a pieno la realtà. Non c’è una scena che si avvicina all’inverosimile. Anche il rapporto tra la protagonista e sua madre, che mi sembrava esagerato, ho scoperto essere veritiero. Purtroppo in Corea ci sono ancora famiglie che si preoccupano del rango o della classe sociale.

Anche qui la fotografia merita numerosi riconoscimenti ma ciò che rende perfetta Something in the Rain è senza dubbio la colonna sonora.

È come se fosse stata creata appositamente per quelle determinate scene, per quelle determinate parole e quelle situazioni che abbracciano lo spettatore, trasportandolo all’interno della serie. Oltre a calzare alla perfezione, si tratta di una colonna sonora variegata. Possiamo trovare Carla Bruni, Bruce Willis, Rachel Yamagata e molti altri. E’ un mix così strano che funziona. Insomma, quanti di voi sapevano che Bruce Willis fosse anche un cantante? Io non ne ero a conoscenza e sono rimasta sbalordita.

Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Si tratta di una delle migliori serie tv che abbia mai visto e spero con tutto il cuore che possa catturarvi e trasmettervi le stesse emozioni che ha trasmesso a me. Sarà un po’ lunga ma ne vale assolutamente la pena. Sono certa che vi toccherà il cuore e non esagero quando lo dico.

Vi ricordiamo che tutte le serie TV asiatiche di cui vi abbiamo parlato si trovano sulla piattaforma streaming di Netflix.

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