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Caps Lock Day: oggi si celebra il tasto più odiato della tastiera

La celebrazione di oggi ci fa riflettere sul linguaggio utilizzato in Rete

In occasione di chissà quale ricorrenza (e se non ricordiamo più quale fosse, qualcosa significherà), scrivevamo che – da qualche tempo – quasi ogni giorno c’è una giornata in ricordo di qualcosa.

Ci sono giornate meritorie e importantissime, come il Giorno della memoria, e ce ne sono altre decisamente curiose e ironiche, come il Pi greco day.

La celebrazione di cui parleremo oggi sta in una curiosa zona di confine. Nata evidentemente con l’intento di prendersi poco sul serio, ci induce a riflessioni tutt’altro che banali sull’uso del linguaggio. Nella vita di tutti i giorni e soprattutto nelle comunicazioni digitali, specie quelle meno informali.

Vi abbiamo fatto attendere abbastanza: oggi, 28 giugno, si celebra il Caps Lock Day.

Caps Lock

Cos’è il Caps Lock

Prima di parlare della ricorrenza, è bene spiegare – ai pochi che non lo sapessero – cosa mai sia il Caps Lock.

È quel tasto della cui presenza ci accorgiamo quando, dopo aver scritto dodici righe di mail in maiuscolo, alziamo gli occhi dalla tastiera e ci rendiamo conto che dobbiamo riscrivere tutto.

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Scherzi a parte, trattasi del pulsante (di solito posizionato all’estrema sinistra delle tastiere) che, se premuto, trasforma le lettere minuscole in maiuscole (Caps Lock significa appunto blocco maiuscole).

E proprio perché non accada quanto appena descritto, di solito il pulsante ha un led che si illumina quando la funzionalità è attivata.

Il Caps Lock Day

Ma come si è passati da un tasto a una ricorrenza, dal Caps Lock al Caps Lock Day?

Per scoprilo dobbiamo tornare al 28 giugno 2009, quando a Tampa, in Florida, moriva Billy Mays, volto delle televendite americane famoso per le sue urla continue. Volete un suo omologo italiano, per capire meglio la tipologia del personaggio? Eccolo: Roberto il Baffo.

Di Billy Mays si diceva, tra il serio e il faceto, che parlasse sempre come se avesse il Caps Lock inserito. Il riferimento è al fatto che il segno grafico della maiuscola indica una parola per così dire gridata, un mutamento del tono verso la concitazione o l’aggressività.

Il resto lo avrete già capito, cari lettori. Sarebbe stato impossibile non dedicare a Billy Mays il Caps Lock Day, che infatti cade proprio nel giorno della sua morte.

Il secondo Caps Lock Day

Ma c’è di più. Il Caps Lock Day si celebra ben due volte ogni anno: il 28 giugno ma anche il 22 ottobre.

Ed è quella ottobrina la ricorrenza più antica in ordine di tempo: il 22 ottobre del 2000, infatti, a inventare la giornata è stato il software developer Derek Arnold. Perché? Esasperato dalle numerosissime mail e i copiosi messaggi ricevuti tutti in maiuscolo, Arnold ha inventato questa giornata per… riportare i suoi interlocutori a modi più urbani.

Le maiuscole e il buon gusto

L’intento dei due Caps Lock Day sono parodistici, d’accordo.

Ma in realtà celano in sé un problema linguistico, che nasce da ciò che potremmo chiamare equivoco sociale. È lo stesso equivoco che trasforma persone mansuetissime dal vivo, nei cosiddetti leoni da tastiera, capaci delle frasi più efferate. Nella convinzione che, se mediata dall’etere, una relazione sia meno importante, meno vera. E se nessuno ci vede in faccia, possiamo comportarci come vogliamo.

A ciò si aggiunge un problema squisitamente linguistico: la scarsa inclinazione alla lettura, l’assuefazione ai social, alla scrittura rapidissima e ai testi brevi hanno fatto dimenticare le buone norme ortosintattiche. Per non parlare dell’uso delle subordinate.

Ecco allora che la maiuscola, teoricamente da utilizzare solo dopo punto fermo (o per le iniziali dei nomi proprio e dei toponimi) diventa il passe-partout per ogni impennata di tono.

E dire che, per dare sfumature particolari alle frasi, per i meno avvezzi ai segreti della lingua erano state inventate le emoji.

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C’era una volta la netiquette

Agli albori del Web si era dato vita a un simpatico neologismo, netiquette, nato dall’unione di network ed etiquette (buona educazione in francese).

Erano una serie di norme comportamentali da tenere sul web o comunque nei rapporti telematici.

Oggi, invece, si inviano messaggi vocali di tredici minuti. Perché? Perché sono comodi. Sì: per chi li invia, ma non per chi li riceve.

E, per rimanere al linguaggio, si dà del tu a tutti, non ci si rilegge più, e anche le mail – che dovrebbero essere comunicazioni ben più mediate e formali rispetto ai messaggini – si sono dimenticate le minime norme di scrittura ed educazione.

Chi si ricorda più, ad esempio, che una comunicazione a una persona giuridica dovrebbe iniziare con “Spettabile”, mentre se il ricevente è una persona fisica bisognerebbe esordire con “Gentile” o, nel caso di persona con cui si è in confidenza, “Caro”?

Non sono solo questioni di forma. Dietro di esse c’è, quando c’è, rispetto per un codice linguistico comune, rispetto per l’altro, rispetto per sé.

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Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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