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Questo documentario è da guardare assolutamente: A Glitch in the Matrix

E se la realtà che pensiamo di vivere fosse invece un’elaborata simulazione costruita per noi da un avanzatissimo elaboratore? Un dubbio che ha sicuramente sfiorato almeno per una volta tutti i videogiocatori del mondo o gli appassionati di film incentrati sul mito della caverna di Platone, come Essi vivono, The Truman Show, il recente Free Guy – Eroe per gioco o Matrix. Proprio il cult di Lilly e Lana Wachowski è la pietra angolare su cui poggia A Glitch in the Matrix, documentario di Rodney Ascher presentato in anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival 2021 e disponibile in home video e on demand su diverse piattaforme.

Dopo aver dato sostegno a bizzarre teorie su Shining di Stanley Kubrick in Room 237, Rodney Ascher ci presenta un insieme di persone (camuffate quasi sempre con un avatar in stile videogame) convinte per diverse ragioni di essere bloccate all’interno di una realtà virtuale. Mentre sullo schermo si alternano le immagini di film e videogiochi che hanno toccato questa tematica, i protagonisti di A Glitch in the Matrix spiegano con dovizia di particolari cosa li ha portati a sostenere la loro teoria, adducendo come prove svariate coincidenze, come la ripetizione di accadimenti fondamentali per la loro vita secondo uno schema fisso, il numero non congruo di eventi eccezionali che hanno vissuto o le parole di alcune personalità di rilievo come Philip K. Dick, esplicito punto di riferimento per l’intero progetto.

Proprio al celebre autore di romanzi di fantascienza, e nello specifico a una sua conferenza tenuta a Metz nel 1977, è dedicata un’ampia porzione di A Glitch in the Matrix, che mette in scena, pur con una evidente confusione narrativa e contenutistica, suggestioni dal sicuro impatto sul pubblico, volte a scardinare le nostre certezze.

A Glitch in the Matrix: viviamo tutti dentro una simulazione artificiale?

Oltre al già citato discorso di Dick, che si sofferma su diversi elementi della sua esistenza che sostengono la teoria della simulazione, fondamentale per l’intera sua opera, Rodney Ascher passa la parola più volte anche a illustri accademici, che portano altri argomenti a favore di questa ipotesi, alimentando la curiosità e lo stupore dello spettatore. Non manca l’onnipresente Elon Musk, che con il suo inconfondibile atteggiamento istrionico ipotizza che l’umanità viva all’interno di una sorta di videogame creato da una civiltà superiore.

A questi elementi, forti di un approccio il più sobrio possibile e con basi religiose e filosofiche, si affiancano personaggi evidentemente borderline, a cui viene concesso uno spazio ben superiore al livello delle loro argomentazioni. È un peccato vedere tematiche dall’indubbia fascinazione sugli appassionati di fantascienza affrontate senza il minimo rigore. Fra statistica un tanto al chilo e metodo scientifico calpestato a piedi pari, si arriva addirittura a sostenere che due elementi a sostegno della teoria della simulazione siano l’effetto Mandela (cioè il falso ricordo di eventi mai avvenuti, che per alcuni protagonisti di A Glitch in the Matrix sarebbe in realtà il residuo di simulazioni precedenti) e il progresso grafico e tecnologico dei videogiochi da Pong a oggi, spia del livello di realismo che è possibile raggiungere.

Rodney Ascher tocca poi il dramma umano vero e proprio, dando spazio anche a Joshua Cooke, fan sfegatato di Matrix con evidenti problemi mentali, che dopo aver ucciso i propri genitori riuscì a ottenere l’infermità mentale sostenendo di essere convinto di vivere nel mondo messo in scena dalle sorelle Wachowski. Una testimonianza utile solo a fare comprendere i livelli di fanatismo che si possono raggiungere in qualsiasi ambito, fuori luogo anche in un progetto come questo, che strizza ripetutamente l’occhio al complottismo più sfrenato.

Un monito sul prossimo futuro

A Glitch in the Matrix

Nonostante i difetti che abbiamo evidenziato poc’anzi, A Glitch in the Matrix è sicuramente un documentario da recuperare in questo preciso momento storico di grandi cambiamenti, con all’orizzonte il metaverso che potrebbe ulteriormente sconvolgere la nostra quotidianità. Fra le pieghe del lavoro di Rodney Ascher emergono infatti importanti interrogativi sul prossimo futuro dell’umanità. La civiltà fittizia rappresentata dal documentario, in cui ci muoveremmo sostanzialmente come pedine nelle mani (o nei joypad) di entità pressoché divine ai nostri occhi, con ogni probabilità non è reale, ma assomiglia molto alle previsioni più cupe e pessimistiche sulla società che stiamo costruendo, sempre più virtuale e meno concreta, con l’intelligenza umana messa seriamente in crisi da quella artificiale.

Un mondo in cui il reale potrebbe diventare progressivamente meno importante rispetto all’interpretazione del reale fornita da sistemi sempre più raffinati e invasivi. Senza rinunciare al progresso, è quindi fondamentale vigilare su ciò che ci aspetta nel prossimo futuro, in modo da non trasformarci volontariamente in glitch della Matrix costruita da noi stessi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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