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Calippo, ovvero il ghiacciolo per equilibristi. La macchina del tempo

Gli ultimi decenni del secolo scorso, specie i disincantati anni Ottanta, sono stati caratterizzati (anche) da una serie di alimenti per giovani e giovanissimi che somigliavano piuttosto a gadget alimentari.

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Dai mitici Estathé ai Big Babol, per arrivare sino a livelli estremi di raffinatezza con i Frizzy Pazzy. Mentre i più audaci si spicciavano a bere il succo di frutta Billy nei mini tetra pak perché poi la cosa divertente era schiacciare l’involucro col piede, per ricavarne uno scoppio che faceva sobbalzare i passanti.

Ma a un certo punto, complice anche una campagna pubblicitaria che nemmeno Berlusconi per la nascita di Forza Italia, nella nostra vita è arrivato il Calippo (o Calippo, senza l’articolo: va bene in entrambi i modi). E la nostra vita è cambiata.

Calippo Strawberry

Cos’è il Calippo

Il Calippo, perdonate la nostra rozzezza, la si giri come si vuole è un ghiacciolo. Né più, né meno.

Ma in realtà, come vedremo, nell’immaginario di almeno una generazione il Calippo è stato molto, molto di più.

Dicesi Calippo un ghiacciolo di forma cilindrica contenuto in un involucro di carta che, se premuto nella sua estremità inferiore, faceva fuoriuscire il ghiacciolo.

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Perché rinunciare all’innocente (e biodegradabile) bastoncino di legno, in favore di un metodo forse più complicato, che di certo esponeva il ghiacciolo a maggiori rischi di caduta?

Quando infatti si arrivava agli ultimi morsi (o leccate), diventata un affare da equilibristi.

Il Calippo. Cenni storici

Prodotto dall’inglese Unilever sotto il marchio Heartbrand, in Italia arriva inizialmente col nome di Lippo, distribuita dalla Toseroni. Negli anni Ottanta la Toseroni diventa Eldorado (poi assorbita da Algida), Lippo si trasforma in Calippo e il nostro Paese si è improvvisamente riempito di persone, per lo più minorenni, che camminavano a capo chino alle prese con il loro ghiacciolo retrattile.

Per la precisione, i gusti prodotti in Italia sono stati limone,  cola,  fragola,  arancia  e frutta tropicale. E per un certo periodo ha imperversato anche la variante Calippo Fizz (ritirata poi dal mercato perché valutata come cancerogeno).

Il nome può essere una storpiatura di Calipso, o più probabilmente si tratta solo di sette lettere che hanno una bella sonorità esotica e sono facilissime da memorizzare.

Ma dove stava, insomma, la novità di questo ghiacciolo? Da qualche parte, indubbiamente, se a distanza di decenni – ne siamo certi – non uno tra i nostri lettori ignora ciò di cui stiamo parlando.

“Prima un brivido giù…”

Il successo del Calippo è in parte spiegabile andando a rispulciare la massiccia campagna pubblicitaria che ci ha perseguitato per anni.

In uno dei più celebri spot si vede un gruppo di giovani su una spiaggia caraibica (così come caraibica era la musica di sottofondo) saltare e dimenarsi con sorrisi esagerati. Naturalmente, ciascuno di loro impugnava un Calippo, come se fosse un trofeo da cui sarebbe stato impossibile distaccarsi.

A ciò si alternava l’immagine di uno scienziato, la cui zazzera grigia arruffata ricordava quella di Albert Einstein, che – con tanto di bacchetta e lavagna – spiegava… l’unica cosa che c’era da spiegare di questa novità, ingigantendola per bene. “Prima un brivido giù… poi un brivido su”. Alludendo alla pressione necessaria a far uscire il ghiacciolo dall’involucro.

E ciò porta a due considerazioni.

Come rendere nuovo il vecchio

Calippo si basava su un’astutissima operazione di marketing. Per cui si è presa una cosa quasi antica, il ghiacciolo, e con una minima variazione (un contenitore in carta anziché lo stecco di legno) la si è presentata come una novità entusiasmante, frizzante, giovanile, impossibile da non avere se ci si voleva sentire alla moda.

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L’ambiguità del Calippo

Va bene, ragazzi: finora abbiamo giocato.

Siamo tutti adulti e smaliziati, ed è arrivata l’ora di dire la verità. Il successo del Calippo è dovuto in (buona) parte alla sua ambiguità. Per quanto innocenti fossero i suoi consumatori, non c’è stata compagnia di adolescenti, con gli ormoni scoppiettanti che gi adolescenti hanno il diritto di avere, che non abbia fatto battute sulla povera o sul povero malcapitato di turno che stava gustandosi in santa pace il proprio ghiacciolo che dava un brivido giù e poi un brivido su.

E sì, a ripensare anche a questo slogan con occhi meno ingenui, viene difficile pensare all’innocenza dei pubblicitari. I sottintesi erotici, suvvia, erano innegabili.

Insomma: l’antico glorioso ghiacciolo è stato reinventato come emblema della gioventù anni Ottanta, e volendo anche come icona sexy dei ragazzi più spregiudicati.

E che nessuno metta in dubbio l’operazione commerciale, perché a quei tempi ci siamo cascati tutti.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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