La popstar brasiliana Anitta ha trovato un modo furbo per “manipolare” l’algoritmo di Spotify. La sua Envolver è ora in cima alla Top 50 di Spotify con 6,4 milioni di stream. Ma bastano questi numeri a dare dignità all’opera? No.
Envolver di Anitta trova il modo di “fregare” l’algoritmo Spotify
Agli ascoltatori italiani il nome potrebbe non dire nulla, ma in Brasile Anitta è una delle popstar più apprezzate. La cantante è addirittura riuscita ad arrivare in cima alla Top 50 globale di Spotify con il brano Envolver, diventando la prima artista brasiliana a raggiungere tale traguardo. Insomma un talento puro, capace di emozionare mezzo mondo con quasi 6,5 milioni di stream in tutto il globo con il suddetto brano. Peccato che 4,1 milioni di questi provengano dal Brasile, ma poco conta, perchè essere sospettosi? Del resto il Paese è grande.
In realtà, come vedremo tra poco, i sospetti sono più che leciti, dato che una campagna di marketing creata ad hoc è riuscita a “fregare” l’algoritmo Spotify e dopare i numeri degli ascolti. Niente di illegale, anzi, verrebbe da dire solo tanta furbizia da parte di chi è riuscito a imbrogliare la piattaforma al suo stesso gioco. Ma come esattamente? E che conseguenze ha questo sulla musica? Andiamo con ordine.
In che modo?
Sfatiamo subito un mito: riprodurre una canzone all’infinito non farà aumentare automaticamente le metriche degli ascolti, anzi. La ripetizione compulsiva non viene minimamente presa in considerazione dalla piattaforma, altrimenti basterebbe lasciare il PC acceso con riproduzione automatica in loop per entrare in classifica. Se tuttavia un brano è presente in una playlist, e quella playlist viene riprodotta all’infinito, allora in quel caso gli stream contano. Ma non è finita qui. La riproduzione da diversi dispositivi conta come stream singolo, che si va quindi ad aggiungere agli altri.
Ciò che è successo è che Anitta ha pubblicato sui propri social una serie di annunci, chiedendo espressamente alla sua fanbase di aiutarla a portare Envolver in cima alla classifica globale. La cantante ha in primis spiegato ai fan come fare (chiedendo appunto di riprodurre le varie playlist, di crearne di apposite e di ascoltare il brano da diversi dispositivi e da diversi account in famiglia). Ha poi indetto dei give away, regalando abbonamenti a Spotify Premium a coloro che avessero poi condiviso uno screen dell’ascolto del brano. Insomma ha sfruttato ogni strumento possibile per canalizzare gli ascolti.
Non stupisce quindi che oltre 4 dei 6,4 milioni di stream provengano dal Brasile. La domanda sarebbe: quante persone reali hanno realmente cliccato su play? A tal proposito il portale Rest of the World, che ha riportato la notizia, ha intervistato un utente 19enne che ha affermato di aver creato personalmente varie playlist, e di aver fatto suonare la canzone almeno duemila volte al giorno usando tre dispositivi diversi.
Che cosa comporta?
Diamo ad Anitta ciò che è di Anitta: una tale devozione da parte della propria community significa sicuramente che l’artista gode di una fanbase forte e consolidata. Gli espedienti utilizzati infatti non sono assolutamente automatizzati: niente bot o stream acquistati. Basta però questo a giustificare “sotterfugi” di questo tipo? Sia chiaro: il mondo della discografia conosce tantissimi metodi per sfruttare ogni “falla” nel sistema e avvantaggiarsi nella corsa all’ascolto e all’inclusione nelle playlist. Ma è giusto?
Ricordiamo che finire nella Top 50 globale è un riconoscimento importante, che può creare carriere e affermare artisti. Il rischio è quello che queste classifiche perdano progressivamente di valore, dato che l’ascolto diventa via via più veicolato da processi di marketing. Non è una dinamica sconosciuta, se si pensa che nel 2012 il Pulcino Pio raggiunse il primo posto nella classifica dei download musicali, grazie al “grip” del brano sui più piccoli.
Sia chiaro anche che i gusti sono gusti, e nessuno può permettersi di asserire che una canzone sia bella o brutta in senso assoluto. Per noi Envolver è un brano insignificante, che non ha nulla da dire. Un brano “brutto”. Insomma un brano brutto e insignificante, che non ha nulla da dire, ma che conta quasi 6,5 milioni di ascolti.
Ai postreamer l’ardua sentenza.
- Byrne, David (Autore)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API