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Buon Compleanno MINI! La piccola inglese festeggia i 20 anni della MINI by BMW (e Rover) | AnniversAuto

MINI, i 20 anni della MINI by BMW: nascita e ascesa dell'icona inglese

Amata, discussa, da alcuni odiata: di certo, non ha mai lasciato indifferenti. La MINI è fin dalla sua nascita nel 1959 una delle auto più carismatiche e originali del mondo, conosciuta anche da chi di auto non si interessa per niente. E oggi è un anniversario, anzi, un’AnniversAuto davvero speciale. Il 7 luglio 2001, infatti, iniziava la commercializzazione in Italia della nuova MINI by BMW, la rinascita del mito inglese nel Terzo Millennio. Oggi festeggiamo quindi i 20 anni di MINI moderna, conoscendo la prima, iconica generazione: dalla sua incredibile genesi ai folli motori sotto il cofano fino alla forma e alla guidabilità, trait-d’union con le MINI di ieri, di oggi e di domani. Let’s go lads, shall we?

La genesi: da Rover a BMW, dei diversi progetti vince quello di Stephenson

Partiamo dalla genesi di MINI 20 anni dopo il suo debutto. In realtà, come sempre, la nascita della nuova MINI by BMW non inizia nel 2001, ma ha radici qualche anno più indietro, precisamente nel 1994. La MINI originale, nata nel 1959, era ancora in produzione, e sembrava non voler mollare. Nonostante non fosse una vera regina di vendite, aveva il suo pubblico, e il suo mito le permetteva di essere ancora desiderata e amata. Quest’aura mitologica però pose il Gruppo MG Rover, erede della British Motor Company e produttore della MINI negli anni ’90, in una scomodissima posizione. Come sostituire degnamente un mito? Nel corso degli anni, abbiamo visto la Dyane, sostituta della Citroen 2CV, finire la propria produzione prima dell’auto che doveva sostituire, e pochi anni più tardi il mezzo fallimento del Volkswagen New Beetle.

MINI 20 anni Sport pack

Per questo, Rover non provò mai a sostituire la MINI, affiancandole un’auto più moderna, la Rover Metro, che dalla MINI riprendeva molte idee e della quale doveva essere la sostituta, ma senza dismettere la produzione a Longbridge della MINI originale. Gli anni ’00 però incombevano, e con loro le stringenti norme antinquinamento. Nonostante le modifiche, sotto il cofano della MINI c’era ancora il motore Austin Serie A, nato a metà anni ’50. Adeguarlo alle norme Euro 3 sarebbe stato francamente impossibile. Così allora Rover prese in mano la situazione, e decise di creare finalmente la sua sostituta.

MINI 20 anni MInki

Nel 1994 cominciarono le discussioni per una nuova, inedita MINI: tra progetti a motore posteriore e telaio tubolare, con meccanica derivata da quella della originale MINI ma con un motore Rover Serie K, oppure addirittura di una micro-auto con motore tre cilindri e sospensioni Hydragas, chiamata Minki. Tutto però cambiò alla fine del 1994, quando il Gruppo Rover fu acquistato da BMW. Appena arrivata e notato il progetto per una nuova MINI, la Casa di Monaco si interessò subito al progetto, notando con lungimiranza il potenziale di una nuova MINI moderna. E così, inglesi e tedeschi si misero a lavorare insieme per far nascere la nuova MINI.

La lotta BMW-Rover per la supremazia (anche) sul progetto MINI

Questo fu un punto di svolta per la nascita della nuova, attesissima MINI. Siamo ancora lontani 7 anni dal 2001, anno di lancio della nuova generazione, ma le cose si fecero subito tese. BMW partì dando a Rover carta bianca e fondi, per “fare il meglio del loro lavoro”. La questione BMW-Rover meriterebbe una puntata a parte, che presto arriverà. Per farla breve, comunque, Rover era in una situazione molto particolare. I marchi Rover ed MG sono stati gli ultimi sopravvissuti del Gruppo British Leyland, e nel 1994 arrivavano da quasi 40 anni di ristrettezze economiche.

MINI 20 anni Rover 800

Prima la quasi bancarotta causata (tra le altre cose) da una qualità costruttiva a dir poco povera di tutti i suoi prodotti. Dopo l’acquisto da parte del Governo britannico, ci fu un’era di ristrettezze economiche, con tutti i modelli “classici” come le MG B, Austin Maestro, Rover SD1 e altre decine portati avanti anche quando erano chiaramente obsoleti, per non dover spendere soldi nello sviluppo di nuovi modelli. L’accordo con Honda, negli anni ’80, portò Rover a produrre auto basate sulle giapponesi Civic e Accord. Vetture affidabili e ben fatte, ma senza effettivamente progettare nessun modello da zero. Anche con l’arrivo della British Aerospace alla fine degli anni ’80 non ha posto fine all’era Honda, fatta di modelli affidabili ma senz’anima.

MINI 20 anni Rover K

L’arrivo di BMW ha comportato un cambiamento: addio ristrettezze economiche e auto su licenza, da oggi Rover riparte a realizzare modelli originali. Il problema è che tutti gli ingegneri Rover dovevano scrollarsi di dosso l’abitudine di tagliare i costi su tutto. E questo si ripercosse anche sui prototipi di MINI: tutti i prototipi presentati da Rover erano un riciclo di modelli già esistenti, tra cui uno che riprendeva la meccanica della MINI originale. L’unica novità prodotta da Rover negli ultimi 20 anni era il motore Serie K, il gioiello di Rover. BMW non era soddisfatta, e dopo un anno prese le redini del progetto, con i malumori degli uomini Rover.

MINI 20 anni cooper

Il processo decisionale fu lunghissimo. Ci furono infatti quasi 15 diversi prototipi, realizzati da Rover, BMW e aziende indipendenti. Il progetto di Frank Stephenson (che avrà poi un ruolo anche nella FIAT 500 del 2007), uno dei preferiti da BMW, studiò un’auto piccola ma non piccolissima, e con una carrozzeria quasi coupè, con disposizione dei posti 2+2. Non c’era più la ricerca di abitabilità e praticità, come sulla MINI originale, ma un focus sulla sportività e sul piacere di guida. Una caratteristica, quella della guida eccezionale, mai veramente ricercata da Alec Issigonis, il creatore della MINI originale, quanto un “effetto collaterale” delle innovazioni tecniche della sua creazione. Nonostante ciò, MINI era amata anche e soprattutto per la sua guida, che l’aveva resa anche un’auto da corsa di successo, e su questo BMW voleva puntare.

MINI 20 anni Spiritual

Da quel momento, Rover e BMW si riconciliarono per dare forma ad un’auto insieme, che però nelle teste di BMW e Rover era molto diversa. Nelle idee di Rover, infatti, la nuova auto doveva riprendere lo spirito innovativo di MINI, offrendo spazio e abitabilità con mirati rimandi estetici alla classica MINI. Pensate che in Rover avevano pensato ad un prototipo, chiamato Spiritual, che anticipava in tutto e per tutto Smart, anche nelle forme: motore posteriore, telaio tubolare super-sicuro, tanto spazio interno. BMW però, pur apprezzando quelle idee, sapeva che erano modelli costosi e molto lunghi da preparare. La Casa di Monaco sapeva che doveva avere un’auto semplice, pronta subito, senza attendere 5 o più anni. Per questo scelse l’approccio meno aderente al genio di Issigonis. Una piccola moderna, con soluzioni tecniche classiche ma di gran pregio, capace di riprendere lo spirito sportivo di MINI e riportarlo su strada.

Più grande, ma immediatamente MINI

La linea quindi fu decisa: venne scelto il progetto dell’americano Frank Stephenson, e da quel disegno di una piccola compatta moderna con gusto retrò doveva nascere la nuova MINI. Gli ingegneri Rover quindi dovettero partire prima dal design e dopo studiare come inserire la meccanica sotto un disegno così particolare. Perchè, anche dopo 20 anni, la MINI moderna di prima generazione è ancora un capolavoro di stile.

MINI 20 anni concept

La prima volta che si vide la nuova MINI fu al Salone di Francoforte del 1997, ben 3 anni prima della presentazione ufficiale. Il disegno, come potete vedere, è quasi identico a quello definitivo, e venne apprezzato tantissimo dagli addetti ai lavori. In realtà, però, l’auto era priva di una sua meccanica, e i ben informati dicono che quel primo prototipo poggiasse sulla meccanica della prima FIAT Punto. Il successo di quella concept car fu tale che BMW e Rover andarono dritti per la strada della “compatta moderna con carattere MINI”, non senza qualche difficoltà come vedremo tra poco.

MINI 20 anni frontale3

Eliminando per un momento la tecnica e la meccanica dall’equazione, discutiamo un po’ di stile. Al lancio ufficiale della nuova MINI, al Salone di Francoforte del 2000, i puristi si trovarono davanti ad una “Minona”. La R50, questo il nome in codice del modello, era infatti lunga 3,63 metri, ben 57 cm in più della MINI originale. Dimensioni che però non si traducevano in maggiore spazio all’interno, anzi. MINI sfoggiava 2 posti comodi molto anteriori e due, decisamente meno abitabili, al posteriore, e un bagagliaio che con i suoi 160 litri era più grande di meno di 50 litri di quello della MINI del 1959. Come abbiamo detto, infatti, BMW puntò sull’aura sportiva e retrò di MINI, piuttosto che sulla sua incredibile abitabilità in rapporto alle dimensioni. BMW inoltre, responsabile del design, scelse di rendere MINI un’auto curata, raffinata, non una classica utilitaria tutto praticità e cost-cutting.

La linea di MINI dopo 20 anni: ancora moderna, retrò e unica

BMW stava creando la prima compatta premium, questo si vede chiaramente già dall’esterno. Anche dopo 20 anni, la MINI del terzo millennio ha una linea che mescola perfettamente retrò e modernità, senza cadere in una linea troppo nostalgica ma senza neanche mai sembrare goffa. Stephenson scelse di riprendere in diversi punti i dettagli salienti dell’originale, partendo dal frontale. La mitica mascherina cromata riprende la stessa forma a trapezio dell’originale, ma è spezzata tra cofano e paraurti, per darle un look più moderno e aerodinamico. Anche i fari sono rimasti tondi, molto grandi e posizionati su due rigonfiamenti importanti, che fanno spazio alle torrette delle sospensioni anteriori. Sono però inclinati all’indietro, per non sacrificare l’aerodinamica del frontale.

MINI 20 anni frontale

La mascherina poi è sia separata dal cofano, ma la parte inferiore sporge leggermente, di un paio di centimetri, insieme al paraurti. Secondo il suo designer, Frank Stephenson, quest’idea serve a riprendere l’immagine di un’altra icona inglese, l’English Bulldog, che ha la mascella e i denti inferiori sporgenti rispetto al muso”. Il frontale poi nasconde un’altro dettaglio sorprendente: il cofano a conchiglia.

MINI 20 anni cofano

Se non l’avete mai visto, infatti, il cofano di MINI è enorme, e include parte dei parafanghi, metà della mascherina ma soprattutto i fari anteriori, che “salgono” insieme al cofano. Questo rende il cofano molto costoso e difficile da produrre, ma permette anche di ottenere un’unica linea sinuosa e “sensuale”, a detta di Stephenson, che regalano a MINI un look morbido e senza tempo. Il cofano poi integra anche una gobba al centro, per fare spazio al motore Tritec, di cui parleremo tra poco.

MINI 20 anni laterale pieno

Lateralmente, si notano poi diversi elementi tipicamente MINI. I paraurti in plastica grezza, per iniziare, riprendono quelli della MINI Cooper originale ma che aiutano a inserire dei cerchi più grandi in una scocca così piccola. Gli specchietti hanno poi una forma tonda molto retrò e particolare, e poi non dimentichiamo il mitico tetto “sospeso” di MINI. Questo dettaglio è ripreso direttamente dalla MINI originale, che aveva per questione di costi un tetto piatto e “a coperchio”, che includeva anche gli scoli dell’acqua. Un look così unico e distintivo che il team di designer lo ha voluto mantenere. Hanno poi puntato ad un look “a tre strati”, con il tetto, i finestrini e la carrozzeria ben distinti, come su una torta a tre livelli: una soluzione che ha fatto scuola.

MINI 20 anni laterale

Altri due dettagli che riprendono la MINI originale sono la presenza di sbalzi anteriori e posteriori quasi inesistenti, per mantenere le stesse proporzioni della MINI originale e guadagnare anche tanta stabilità e agilità in più, e il parafiamma anteriore tra portiera e ruota anteriore. Come vedete, questa parte forma una specie di scudo triangolare, con un taglio obliquo del cofano che lo solca interamente. Questo dettaglio è ripreso dalla MINI originale, che lì aveva una saldatura molto evidente che univa i pannelli del tetto e quello dei parafanghi anteriori. Un elemento di stile unico, che è stato citato e ripreso anche grazie al cofano a conchiglia, aiutando a rendere la MINI ancora più riconoscibile. Per dare l’aspetto di una coupè sportiva, inoltre, BMW scelse di includere delle portiere con vetri senza cornice, un dettaglio che rimanda subito alle più sportive coupé e cabrio in circolazione.

MINI 20 anni posteriore2

Dietro poi si notano altre soluzioni innovative e parecchio costose da realizzare. L’obiettivo di Stehpenson e del suo team era quello di dare alla nuova MINI un aspetto largo, acquattato e sportivo. Come ottenerlo? Con due idee principali: i fari e la linea di cintura. Come potete vedere, i fari sono annegati all’interno della lamiera. Una soluzione a dir poco originale, e rarissima su altre auto. Questo perché, di solito, i fari sono aderenti o almeno combacianti in almeno un punto con il portellone. Questo rende il taglio della lamiera molto più semplice, e anche il montaggio più agevole. Posizionando i fari più in là, però, si ottiene un look molto più aggressivo e si amplifica la larghezza dell’auto. Per questo, la MINI R50 ha i fari annegati nella lamiera: è molto più costoso, ma efficace.

MINI 20 anni coda

Infine, da dietro si nota come il tetto sia molto stretto, la linea dei finestrini vada ad allargarsi verso il basso e poi la linea di cintura abbia come un rigonfiamento, una spalla molto prominente. Questo andamento della fiancata non aiuta affatto l’abitabilità, ma rende l’auto visivamente più larga e sportiva. In tutto, quindi, BMW e Rover hanno creato un piccolo capolavoro: può piacere o non piacere, ma anche dopo 20 anni MINI è ancora incredibilmente moderna e originale. I suoi dettagli di design hanno fatto scuola, e per proporzioni, eleganza e cura nei dettagli questa R50/53 è forse la MINI moderna più armoniosa e bella ancora oggi. Voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere qui sotto nei commenti!

Gli interni di MINI 20 anni dopo: forma, ma anche funzione (e tanta BMW)

Con degli esterni così ben riusciti e caratteristici, sarebbe stato un peccato avere un’interno triste e tradizionale, no? Per questo, i Centri Stile BMW e Rover hanno lavorato tantissimo per dare a questa MINI del Terzo Millennio una sua personalità anche all’interno. Retrò ma non nostalgico, con il giusto livello di modernità. Anche qui (so che sarete molto sorpresi) BMW e Rover avevano due approcci molto diversi. Rover puntava al riutilizzo di componenti delle precedenti 200 e MG F, mentre BMW voleva creare una piccola lounge, un luogo curato ed elegante per rendere meno noioso il traffico cittadino. Come ormai d’abitudine in questo progetto, ebbe la meglio BMW, che con molto lavoro creò un abitacolo che ancora oggi è considerato uno dei più belli e originali degli ultimi 20 anni.

MINI 20 anni interni3

MINI è infatti indiscutibilmente se stessa anche all’interno, con dettagli che rimandano al suo glorioso passato. Il più importante e evidente è senza dubbio il tachimetro centrale, ripreso dalle MINI degli anni ’60 anche nel font e nella fattura. In basso, troviamo la temperatura dell’acqua e l’indicatore della benzina (da guardare spesso, con i motori benzina…). Il volante, a due razze, integra molto bene l’Airbag, una rarità nel 2001, e dietro di lui trova posto il contagiri a sbalzo, facilissimo da leggere. L’aspetto dell’interno è poi molto particolare. Per ravvivare l’abitacolo, infatti,, al centro trova posto una fascia colorata in plastica, che poi verrà ripresa da tante rivali (compresa la FIAT 500) ed ispirata alle vecchie utilitarie dotate di una plancia in metallo verniciata in colore carrozzeria.

MINI 20 anni interni2

Uno dei plus di questi interni era poi l’utilizzo di componenti BMW come la radio, il clima e i devioluci (seppur questi ultimi ridisegnati completamente). Una piccola utilitaria con le stesse componenti delle berline BMW, e con la stessa qualità costruttiva. I materiali, in realtà, non sono morbidissimi, soprattutto nella parte bassa della plancia e sulla consolle centrale. Questa era però una prassi negli anni ’90 e ’00, con l’esplosione del “soft touch” solo dopo i primi anni 2000. In alcuni dettagli poi MINI mostra la sua ventennale età. Dove? Guardate i comandi per i vetri elettrici, posizionati al centro della console come su diverse utilitarie di fine anni ’90, come FIAT Punto 188 ad esempio.

MINI 20 anni interni1

L’insieme, però, era di un’interno curato, originale, unico. E sorprendentemente, lo spazio non è così poco come si è tramandato. Certo, i posti posteriori sono stretti, soprattutto a livello delle gambe e dei piedi a causa della meccanica ingombrante. Ma davanti, MINI è incredibilmente comoda e spaziosa, capace di far stare comodo anche il driver alto quasi due metri. Peccato per il volante, regolabile solo in altezza. Ultima nota di merito alla leva del cambio, con pomello tondo e facilissima da usare, e al pedale dell’acceleratore, incernierato in basso: perfetto per il punta-tacco.

MINI 20 anni interni

Se poi non vi piace il tachimetro centrale, in BMW vi davano anche due alternative. A richiesta, infatti, si poteva scegliere per il sistema di navigazione BMW, oppure per un dash di strumenti aggiuntivi come la temperatura dell’olio, la pressione del compressore volumetrico e altri indicatori. E il tachimetro? Rimpicciolito, e spostato a fianco del contagiri. MINI sorprende anche per la presenza di tre portabicchieri (seppur i due sotto la plancia siano utili solo per bottiglie piccole), di cui uno di dimensioni generose tra i sedili anteriori, e per i tantissimi portaoggetti. Oltre al cassetto classico, dotato persino di climatizzazione, i portaoggetti nelle portiere sono enormi, e anche i passeggeri posteriori hanno due vani dedicati, molto spaziosi.

La folle meccanica della MINI R50: function over space

Abbiamo quindi un’estetica senza tempo, degli interni ancora oggi piacevoli e moderni e due Case, BMW e Rover, che battibeccavano su tutto. Ed infatti, l’aspetto meccanico è uno dei più affascinanti di quest’auto. Tantissime informazioni ci arrivano da Robin Hall, il responsabile dello sviluppo della meccanica di MINI R50. Hall riporta come BMW scelse il design di Stephenson senza consultare i tecnici Rover, che erano convinti sarebbe stato scelto un altro progetto, dotato delle sospensioni Hydragas e del motore Rover Serie K. In realtà, BMW scelse autonomamente perché Rover, già col progetto della 75, faceva un’incredibile fatica a prendere decisioni finali.

Nonostante ciò, BMW tornò da Hall dandogli il compito di far stare tutta la meccanica sotto quel design molto audace ed estremo. La sfida fu davvero ardua, perché BMW sottintese che voleva che questa MINI fosse una vera BMW da guidare, sportiva e divertente. Anzi, BMW fece intendere che la nuova MINI dovesse essere “la piccola a trazione anteriore più divertente da guidare mai creata”. Nessuna pressione quindi per il team Rover. BMW richiese anche l’utilizzo della suo schema sospensivo tradizionale, usata su tutte le sue vetture: sospensioni McPherson all’anteriore, e il Multilink a tre leve chiamato Z-Axle al posteriore.

Hot Hatch anni 2000 MINI Cooper S R53

Questi due schemi, soprattutto lo Z-Axle, sono ancora oggi incredibilmente raffinati e avanzati per un’auto così piccola, e col senno di poi hanno regalato a MINI il Go-Kart Feeling per cui è famosa. Ma il packaging fu davvero “un incubo”, secondo le parole di Hall. Il telaio è totalmente nuovo, costruito per ottenere una ottima rigidezza torsionale ma anche tanta sicurezza. MINI infatti ottenne subito 4 stelle EuroNCAP, la prima utilitaria ad ottenere un risultato così alto. Il piacere di guida e la sicurezza portarono alla creazione di un telaio rigido e comunicativo, ma anche di un’automobile piuttosto pesante: MINI parte infatti da 1100 kg, tanti per l’epoca. E questo peso si ripercosse anche sulla scelta dei motori, come vedremo tra poco. Nonostante le decisioni di BMW, comunque, la meccanica della MINI è stata interamente realizzata dagli inglesi di Rover.

Per questo, chiamarla anglo-tedesca è quasi inesatto: gran parte del merito, infatti, è degli uomini Rover. Tra i 200 e i 400 ingegneri britannici hanno lavorato giorno e notte su questa MINI, riuscendo nell’impossibile missione di inserire in 3,63 metri tutte le richieste di BMW. Il retrotreno a ruote indipendenti Z-Axle è una soluzione che permette un piacere di guida impossibile da raggiungere con un sistema a ruote interconnesse, ma ruba moltissimo spazio per l’abitabilità. Per questo, la MINI del terzo millennio è così poco spaziosa dietro: un sacrificio sull’altare del piacere di guida. Inoltre, BMW voleva che questa piccola MINI fosse anche adatta ai viaggi: così venne installato un serbatoio monstre, da ben 50 litri. Questo trova spazio sotto la panca posteriore, ma ruba spazio per i piedi. Un’altra scelta di funzione sopra spazio.

La meccanica: motori Tritec fatti in Brasile, cambi inglesi (e tedeschi) e un servosterzo minuscolo

Arriviamo alla meccanica, che per molti fu la goccia che fece traboccare il vaso della relazione tra Rover e BMW. Visto il peso dell’auto e la voglia di creare una sportivetta, la nuova MINI non poteva avere motori troppo piccoli. Questo fece fuori i 1.4 K-Series intesi all’inizio, che seppur dotati di 102 CV sembravano troppo poco vivaci per un’auto così pesante. Il problema di avere motori più grandi, però, comportò una sfida monumentale a livello di spazi sotto il cofano. MINI era infatti un’auto a motore e trazione anteriore, con quindi motore e cambio che devono stare tutti nello stesso vano. I tecnici Rover scelsero subito il loro gioiello, il Rover K-Series: un motore moderno, all’avanguardia e apprezzato da tutti gli addetti ai lavori.

Ma, sfortunatamente, sia il 1.6 che il 1.8 erano pensati per auto più grandi, e quindi considerati da BMW troppo grossi (contro il parere di diversi “uomini” Rover, che invece ritenevano il K Series ci sarebbe stato a pennello). BMW allora già nel 1994 iniziò una collaborazione con Chrysler per la realizzazione di motori benzina di medio-piccola cilindrata. Questi motori, chiamati poi Tritec, venivano prodotti assurdamente a Curitiba, in Brasile, ed erano dei motori davvero particolari. Di cilindrata 1.6 e 2.0, questi motori erano piuttosto compatti, e dotati di un solo albero a camme (per minimizzare gli ingombri) ma di 16 valvole, per renderli più vivaci e potenti. Una soluzione davvero strana, ma funzionale. I motori erano sorprendentemente di poco più grossi dei K-Series, ma non di molto, ed erano anche più assetati e meno efficienti. BMW però ormai aveva deciso: addio ai K-Series, e benvenuti Tritec-Chrysler.

Per i più curiosi, poi, c’è un incredibile Plot Twist. I motori Tritec vennero abbandonati da BMW nel 2006, con l’arrivo della nuova generazione di MINI, che usava i nuovi famigerati motori Prince, realizzati con il gruppo PSA. I motori Tritec, ancora usati da Chrysler nel 2007, continuarono ad essere prodotti fino al 2008, quando FIAT acquistò la fabbrica di Curitiba dove venivano costruiti. Con la fabbrica, FIAT acquisì anche la linea di produzione e la licenza dei motori Tritec, rinominati E.TorQ. Questi motori, inizialmente pensati per il mercato brasiliano da montare su Punto, Linea e Bravo, arrivarono poi anche in Europa. Il 1.6 E.Torq da 110 CV montato su FIAT 500X, FIAT Tipo e Jeep Renegade, infatti, altro non è che il 1.6 Tritec della MINI Cooper del 2001. Incredibile, vero?

Tornando a noi, la decisione di BMW di utilizzare questi motori per la nuova MINI mandò su tutte le furie i tecnici Rover, che uscirono da questa notizia demoralizzati e con il pensiero che questo matrimonio fosse ormai alla frutta. In ogni caso, gli ingegneri inglesi lavorarono senza sosta per fare spazio a tutte le componenti di MINI, dal climatizzatore all’alternatore fino al cambio. Se per la Cooper S da 163 CV venne scelto un cambio tedesco di Getrag a 6 marce, ma realizzato secondo le specifiche Rover, per le One e Cooper fu scelto il cambio R65 made in Britain. Un cambio riuscito (anche se non affidabilissimo) che trovò posto sotto le MINI meno potenti fino al 2005, quando anche queste utilizzarono i cambi Getrag a 5 marce.

A proposito di Cooper S: le One e Cooper si rivelarono subito molto divertenti, ma poco vivaci. La più veloce Cooper non superava i 190 all’ora, e sfiorava pericolosamente i 10 secondi da 0 a 100 km/h. Troppo poco per un’auto con velleità sportive. Allora, BMW decise di sviluppare anche una versione più spinta, la Cooper S. Ma vista l’impossibilità di montare un motore più grande, si scelse l’utilizzo di un compressore volumetrico, un Eaton M45 per la precisione. E infatti, Cooper S non vuol dire Cooper Sport, bensì Cooper Supercharged, ovvero sovralimentata. Soluzione desueta in quanto meno efficiente di un turbocompressore, venne scelta per la facilità di installazione e la compattezza della soluzione, che permetteva di montare compressore e intercooler sopra il motore, con arrivo di aria fresca direttamente dall’iconica presa d’aria sul cofano.

L’ultima sfida di Rover fu quella del servosterzo. Come riportato da Hall, “in Rover scegliemmo un servosterzo elettrico all’inizio. Avevamo provato la prima Mondeo, e lì funzionava davvero bene. La nostra soluzione, però, fu disastrosa. Ancora alla fine del ’99, a progetto quasi ultimato, il nostro servosterzo era terribile. Non c’era feeling, neanche al limite: un disastro, oltre che pericoloso. Poteva andare bene per una Rover, ma non per la MINI: non c’era gioia, divertimento, niente.Hall allora si rimise al lavoro per cambiare tutto e passare ad un classico servosterzo idraulico, ma inserire una pompa del servosterzo idraulico fu difficilissimo.

“Ricominciai da capo a cercare un posto per il nuovo servosterzo idraulico. Feci diverse prove con un servosterzo di origine Rover, e la guidabilità fu eccezionale: fu quello a farmi andare avanti. Per trovargli spazio, però, feci i salti mortali. Semplicemente lo spazio a disposizione non era abbastanza. Riducemmo la grandezza del servosterzo, eliminando dei rivestimenti esterni e rendendolo anche più rumoroso del normale, ma non bastava.

Così decidemmo di ridurre al minimo tutte le tolleranze dei componenti, e rubammo anche qualche mm di spazio alle le ruote. Per questo, quando BMW insistette per montare i cerchi da 17 pollici, fu ancora più difficile. Noi infatti studiammo l’handling della macchina con in mente i soli cerchi da 15 e 16 pollici. I 17 furono un vero incubo da montare. Ma in qualche modo, ce l’abbiamo fatta: la MINI ebbe il suo servosterzo idraulico, e anche i cerchi da 17. Secondo me, però, il miglior handling della MINI si ha con i cerchi più piccoli, non con i più larghi 17.”

La gamma “normale”, totalmente BMW: One, One D, Cooper

Dopo tutte le incredibili sfide affrontate, arriviamo al 2000, alla resa dei conti tra BMW e Rover. La frattura era ormai insanabile, e si discusse persino su dove vendere la nuova MINI. BMW insistette per venderla nei concessionari BMW, più curati ed esclusivi, e non nei rivenditori Rover, più “alla buona”. Fu solo il preambolo per il divorzio: alla fine del 2000, infatti BMW vendette alla cifra ridicola (e provocatoria) di 10 sterline il Gruppo MG Rover. Di tutti i marchi della Casa inglese, però, BMW mantenne il brand MINI, portando da qui avanti da sola il reboot del mito. Dopo questa dolorosa separazione, BMW decise di cambiare all’ultimo anche la fabbrica di produzione.

MINI 20 anni oxford

Lo storico stabilimento di Longbridge, di proprietà inglese dalla fondazione, fu “regalato” a MG Rover, che cominciò lì la produzione in tempi record della Rover 75. MINI, invece, che era già pronta alla produzione a Longbridge, fu trasferita in fretta e furia ad Oxford, dove è ancora prodotta oggi. Si conclude così uno dei matrimoni più brevi, burrascosi ma incredibili della storia dell’auto, quello tra Rover e BMW. Un’unione che ha regalato al mondo, tra gli altri, la nuova MINI.

MINI 20 anni posteriore

Un progetto quasi interamente Rover, con stile e qualità BMW, che il 7 luglio del 2001, esattamente 20 anni fa, cominciò la sua storia in Italia. La gamma era molto semplice, formata all’inizio da due soli allestimenti. La base di partenza era l’inedito One (che doveva chiamarsi Minor, non scelto perchè ritenuto vecchio e un po’ dispregiativo), più economico e semplice ma non povero. Di serie c’erano l’ABS, i vetri elettrici, il climatizzatore, la radio e tutte le raffinatezze meccaniche di MINI. Il motore era il 1.6 aspirato a benzina Tritec della discordia, che su One eroga 90 CV e 140 Nm di coppia, con cambio manuale a 5 marce.

La Cooper, più dinamica e completa, offriva a richiesta dotazioni di pregio come il navigatore, il clima automatico, i fari allo Xeno e persino i sedili riscaldati. La meccanica, però, era quasi identica alla One, con il 1.6 aspirato che qui offre ben 116 CV e 150 Nm di coppia. Era disponibile con cambio manuale a 5 marce, ma anche con un cambio automatico CVT della ZF, non proprio eccezionale. Piccola curiosità: il motore della MINI Cooper R50 era usato anche dalla Chrysler PT Cruiser 1.6, senza nessuna variazione.

MINI 20 anni frontale2

Infine, la gamma arriva al top, con le versioni sportive Cooper S, John Cooper Works e GP. Ma prima di parlare di loro, dopo due anni di produzione MINI ricevette diverse critiche per non offrire un motore parco nei consumi. I motori Tritec, infatti, erano piuttosto vispi e molto affidabili, ma incredibilmente assetati. A causa del peso, della cilindrata alta e del motore non particolarmente efficiente, infatti, sia la One che la Cooper faticavano a superare i 13 km/l tra città e fuori. BMW allora scelse di offrire una versione più parca ed economica, la prima MINI diesel. BMW però, ormai orfana di Rover, non aveva nella sua “scuderia” dei motori turbodiesel abbastanza compatti. Il più piccolo era il “18d”, un 2.0 4 cilindri da 116 CV.

MINI 20 anni one D

Come fare allora? BMW scelse di acquistare un motore diesel compatto dal miglior produttore del momento, Toyota. La Casa giapponese stava facendo faville con il 1.4 D4-D montato sulla Yaris, parco e vivace. Nacque così la MINI One D, dotata del 1.4 turbodiesel Toyota da 75 CV e 170 Nm. Non si tratta di un motore super vivace (e infatti nel 2005 venne portato a 88 CV), ma è davvero affidabile ed economo, con percorrenze a partire da 18 km/l.

Le MINI più sportive, 20 anni dopo: Cooper S, JCW e GP

Se le MINI “normali” hanno dei consumi belli alti, le versioni sportive, note come R53, sono delle vere alcoliste. MINI Cooper S, John Cooper Works e GP partono tutte e tre dal motore 1.6 Tritec di MINI Cooper, aggiungendoci però un bel compressore volumetrico rumoroso e molto caratteristico. Con potenze da 163 (170 dopo il restyling del 2005), 200 (211 dopo il restyling) e 218 CV, le prestazioni sono ancora di riferimento, con uno 0-100 km/h da 7,2 secondi per la Cooper S e che scende a 6,5 per la estrema GP.

MINI 20 anni John cooper Works

Ma il bello di queste tre auto è il carattere e la guidabilità. Il motore con compressore volumetrico è assetatissimo di benzina, ma grazie al compressore volumetrico ha tantissima coppia fin dai bassi giri, con un allungo entusiasmante fino ai 6.750 giri. E il sound, con il tipico fischio del volumetrico, è semplicemente unico. Certo, il compressore volumetrico è poco efficiente, e richiede più manutenzione di un turbo. Ma il carattere che dona alle auto che lo montano è impareggiabile.

MINI 20 anni GP

Sulle MINI più sportive, arriva a compimento il Go-Kart Feeling, quella sensazione di agilità estrema e direzionalità che ha reso le MINI moderne celebri. Anche dopo 20 anni, MINI Cooper S offre una sensazione di guida non filtrata, molto pura e senza filtri, che è rara da trovare su una hot hatch moderna. Se MINI Cooper S ha solo minimi miglioramenti dal punto di vista meccanico, la John Cooper Works con il suo kit offre freni più grandi, sospensioni più rigide e più potenza. La GP, invece, oltre a questo ha ancora più cavalli, un telaio più rigido, un alettone più grande, freni più potenti e… due posti in meno. Per risparmiare peso, infatti, la GP è una due posti, ottenuti tramite la rimozione della panca posteriore, che regala anche un bagagliaio sorprendentemente capiente.

Alla guida, è bella e balla pure: dopo 20 anni, MINI rimane un riferimento tra le compatte sportive

Ma come si guida la prima BMW MINI 20 anni dopo? Appena si sale, si nota come ci si trovi su un’auto dall’indole sportiva. La seduta è molto bassa, molto distesa e la posizione di guida è curata come su una “sorella” BMW più grande. La qualità è ancora molto buona, e a parte alcuni scricchiolii (normali dopo due decenni su strada) anche dopo 20 anni MINI è piacevole da usare anche sulle buche.

MINI 20 anni One D guida

Appena si parte, si nota come non sia un’auto sportiveggiante solo sulla carta. La frizione è pesante, lo sterzo è molto duro da azionare e ad ogni buca si sentono le reazioni sullo sterzo. Si vede che quest’auto è stata pensata da persone che amano guidare per persone che amano guidare. La guida è molto moderna e raffinata, con un bel cambio piacevole da usare, una frizione modulabile e uno sterzo incredibilmente preciso. In città, si paga un po’ la scelta di sospensioni rigide, soprattutto sulle Cooper S e JCW, e con i cerchi da 17 ogni imperfezione si fa sentire chiaramente. La visibilità però è perfetta, grazie agli enormi vetri, e l’agilità è fantastica. Peccato per il raggio di sterzata enorme: a causa della meccanica, infatti, le ruote di MINI sterzano “poco”, regalando un diametro di sterzata da auto molto più grande.

MINI 20 anni guida

Fuori città, la prima serie di MINI moderna 20 anni dopo si rivela curata, con un impianto stereo ben realizzato, un climatizzatore potente e tutto quello che serve per una vita moderna. Attenzione alle bocchette dell’aria, che hanno una forma che le rende incompatibili con i supporti per lo smartphone, costringendo chi vuole avere il telefono a portata di mano in sicurezza a scegliere le meno attraenti ventose. Alcuni modelli sono persino dotati di cruise control e comandi al volante. Sia in extraurbano che in autostrada si nota come la MINI R50 sia piuttosto rumorosa, merito anche dell’aerodinamica poco efficiente. Niente che pregiudichi i viaggi, ma non aspettatevi una BMW Serie 5.

MINI 20 anni prima serie e ultima

In questo, le MINI successive, la R56 e la F56, sono molto più curate e silenziose. Anche le sospensioni rigide mettono a dura prova la guida di tutti i giorni. La comodità è però aiutata da sedili davvero comodi e molleggiati, che fanno le veci di sospensioni più morbide. Dove però questa prima serie di MINI anche 20 anni dopo detta ancora legge è nella guidabilità. Lo sterzo idraulico è preciso, diretto e comunicativo, facendo sentire sotto le mani anche i minimi cambi di aderenza nell’asfalto. Il cambio non è dei più corti e diretti, ma è preciso e, sulle Cooper S, le marce sono cortissime: perfette per la guida impegnata. I motori sono vivaci e amano girare alti, con le volumetriche che sfoggiano una ripresa e uno scatto che mette in imbarazzo anche moderne sportive turbo.

MINI 20 anni posteriore2

Ciò che rende MINI speciale 20 anni fa come oggi è però l’handling, il comportamento tra le curve. Piatta, precisa, con un avantreno preciso e un retrotreno che è incollato all’asfalto grazie al Multilink, ma che se provocato regala un piacevole sovrasterzo in rilascio. Guidare una MINI prima serie, oggi come 20 anni fa, regala emozioni un po’ dimenticate. Connessione con l’auto, un rapporto sincero con lo sterzo, un motore pronto e carismatico, vibrazioni da leva del cambio e sedile, suoni di aspirazione e del compressore, reazioni dello sterzo alle imperfezioni. Non è un’auto rilassante, anche in autostrada vi fa sentire tutto. Ma se amate guidare, non potete non apprezzarla. Nonostante il suo look fashion e da molti ritenuto “fighetto”, non c’è nulla di finto nella MINI R50 e soprattutto R53. Il piacere di guida è puro, genuino, e la rende ancora oggi speciale.

La sua eredità: un’intera gamma di 5 modelli, con in futuro l’elettrificazione

La prima serie di MINI, lanciata 20 anni fa, ha avuto un successo clamoroso, quasi inaspettato. L’anglo-tedesca fu la prima vera auto con stile retrò ad avere un riscontro positivo sul mercato dopo le disastrose VW New Beetle e Chrysler PT Cruiser, ha lanciato un trend seguito anche da un’altra auto di enorme successo, FIAT 500. La prima serie di MINI R50/53 è stata in produzione per 5 anni, dal 2001 al 2006. Insieme a lei, arrivò nel 2004 la Cabrio, anch’essa un successo commerciale.

Da quel primo modello, BMW ha capito che le persone amavano lo stile particolare e retrò di MINI, e la sua guida divertente e coinvolgente. Da quel primo modello, è nata poi la seconda generazione, la R56, che oltre a 3 porte e Cabrio ha introdotto la piccola wagon, la Clubman. Un altro modello eccentrico e particolare, che ha portato più praticità nel mondo MINI. Dopo questo altro successo, MINI si è espansa diventando un vero marchio. Dopo le poco apprezzate Coupé, Roadster e Paceman, è nata la SUV Countryman, che riprendeva il design e la guida di MINI ma con 5 porte e una guida rialzata.

MINI 20 anni line-up

Oggi, con la terza generazione, la F56 del 2014, MINI ha inaugurato un nuovo ciclo di modelli, offrendo oggi una gamma completa di 5 auto. La classica 3 Porte, la più pratica e inedita 5 Porte, la Clubman, oggi con 5 porte e un portellone sdoppiato particolarissimo, la Cabrio e la SUV Countryman. Un modello nato 20 anni fa, MINI, trasformatosi in un brand di successo mondiale. Pensate che dal 2001 ad oggi sono state vendute oltre 3 milioni e mezzo di MINI. E la Casa inglese non accenna a fermarsi. MINI a 20 anni dalla sua nascita ha ufficializzato che tra 10 anni, nel 2030, diventerà un brand totalmente elettrico. L’elettrificazione è iniziata con la prima MINI elettrica, la Cooper SE, 3 porte come la prima MINI BMW di 20 anni fa.

Come continuerà la storia MINI? I successi di MINI in oltre 20 anni di esistenza sono enormi, e ancora oggi il brand è forte, amato e seguito da tantissime persone. Automobilisti che si sono innamorati di MINI 20 anni fa e ancora oggi seguono le sue caratteristiche di unicità e passione. Il nostro viaggio alla scoperta della prima MINI moderna a 20 anni esatti dal suo lancio italiano finisce qui. Un modello amato ancora oggi, che nasconde una storia unica e particolare, sconosciuta fino a oggi ai più. Vi è piaciuto questo viaggio nel mondo MINI? Quale altro AnniversAuto vorreste vedere qui su techprincess? Fateci sapere tutto nei commenti! See you naxt time chaps, take care!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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