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“L’Italia è il Paese che amo”. Silvio Berlusconi attraverso dieci memorabili frasi

Ha sdoganato lui la comunicazione attraverso slogan

Alle 9.30 di lunedì 12 giugno è morto Silvio Berlusconi.

Che, a prescindere dal giudizio politico e umano che se ne può dare, ha rivoluzionato il costume e il linguaggio. L’estensore di questo articolo, nella sezione linguistica della sua libreria, ha un volume del 1997, intitolato Parola da Cavaliere, fitto di citazioni dell’ex presidente del Consiglio. Ciò significa che già ventisei anni fa il corpus di frasi memorabili di Silvio Berlusconi era consistente.

Di Berlusconi si parlerà, da svariate angolazioni, per chissà quanto tempo.

Oggi desideriamo ricordare dieci delle sue frasi più memorabili. Rammentando che, tra le altre cose, Berlusconi ha prodotto una fortissima azione semplificatoria nei confronti del linguaggio (non solo politico), elevando lo slogan a modello comunicativo (con buona pace, verrebbe da aggiungere, della complessità).

Berlusconi

L’Italia è il Paese che amo

Impossibile non citare, prima tra le dieci frasi feticcio di Silvio Berlusconi, “L’Italia è il Paese che amo”.

Ovvero l’incipit del discorso ormai celebre come Discesa in campo di Berlusconi nel 1994, una registrazione nel suo studio di Arcore in cui ciascun dettaglio era stato studiato con precisione maniacale.

Impressiona (ed è eloquente) che il messaggio di 9 minuti abbia la sua specifica voce in Wikipedia.

Per un nuovo miracolo italiano

La nascita di Forza Italia è stata un esempio di comunicazione mediatica senza precedenti, presentata – chi lo ricorda? – alla stregua della nascita di un bimbo.

Dapprima sono campeggiati manifesti azzurri senza alcuna frase, poi accompagnati da volti di bambini piccoli con la scritta “Fozza Itaia” (geniale metafora del partito nascente). Infine, dopo la discesa in campo, la comunicazione è esplosa su tutti i media.

E per la campagna elettorale del 1994, ecco la seconda delle frasi celebri di Silvio Berlusconi. Che si candida con lo slogan “Per un nuovo miracolo italiano”. Dove è fin troppo esplicito il richiamo a sé stesso come a un novello Messia.

L’Unto dal Signore

È sempre il 1994, siamo alla convention dell’UDC. E Silvio Berlusconi parla di sé come dell’“unto dal Signore”, ribadendo così una certa confidenza ad autoidentificarsi col soprannaturale, oltre che con un linguaggio iperbolico. Linguaggio che, attenzione, inizialmente ci ha fatto sorridere, ma poi ci ha assuefatti, e ha abbattuto – altra geniale strategia comunicativa – ogni eventuale complesso d’inferiorità degli elettori verso il proprio leader multimiliardario.

Silvio & Mi consenta

Ora analizzeremo brevemente non due frasi, bensì un intercalare, “Mi consenta”, e la pretesa di Berlusconi di farsi chiamare col nome proprio, “Silvio”.

L’intercalare denota quasi un atteggiamento servile, da parte dell’ex leader di Forza Italia. E – esattamente come l’uso del nome di battesimo da parte degli interlocutori – va di nuovo nella direzione di un fantomatico possibile approccio confidenziale con Sua Emittenza (Berlusconi è stato anche chiamato così).

Il ruolo di kapò

Citare le frasi feticcio di Silvio Berlusconi significa citare almeno qualcuna delle sue numerose gaffe (tralasciando le barzellette, spesso non proprio istituzionali).

Memorabile la rampogna pronunciata al Parlamento europeo ai danni del tedesco Martin Schulz. A cui, nel luglio del 2003, Berlusconi ha detto: “In Italia stanno montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò”.

Obama abbronzato

E come dimenticare, correva l’anno 2008, il bilaterale Italia-Russia a Mosca? Quando berlusconi disse, in conferenza stampa: “Non vedo difficoltà per Medvedev a instaurare buoni rapporti con Obama che è anche bello, giovane e abbronzato”.

Meglio donnaioli che gay

Senza entrare nei dettagli, diciamo che l’ex presidente del Milan ha sempre manifestato una certa attrazione per la bellezza femminile.

Fin troppo, talvolta. Come nel 2010, quando Silvio Berlusconi è riuscito a pronunciare una frase allo stesso tempo maschilista e omofoba: “Meglio essere appassionato di belle ragazze che gay”.

Poveri comunisti

Più volte declinatasi nel corso dei decenni, l’ossessione di Berlusconi per il comunismo ha avuto libero sfogo durante un suo comizio a Cinisello Balsamo del 2012.

Quando, per rispondere a un gruppo di contestatori, il Cavaliere li ha bollati come “poveri comunisti”.

Le mise

Berlusconi è stato anche una specie di trasformista dell’immagine. Per soffermarci solo sui copricapi, pensiamo ad esempio all’indimenticabile bandana del 2004, o il cappello da capotreno all’inaugurazione della tratta dell’alta velocità Roma-Milano.

E poi colbacchi, cappelli da cuoco, elmetti antinfortunistici…

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Berlusconi su TikTok

Infine, lo sbarco su TikTok. Proprio lui, che per quanto riguarda la comunicazione è stato un potentissimo innovatore, seguendo i suoi competitor ha per così dire dovuto apparire su TikTok, nella bagarre elettorale per le ultime presidenziali.

E lo ha fatto con un esordio memorabile, dall’alto delle sue ottantasei primavere: “Ciao ragazzi, eccomi qua! Vi do il benvenuto sul mio canale ufficiale di TikTok.”

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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