Se nel 2003 foste andati in giro proponendo musica a pagamento sul web, probabilmente qualcuno vi avrebbe riso dietro. Qualcun altro, invece, avrebbe fatto di peggio. Agli albori degli anni 2000 la musica sul web voleva dire una sola cosa: pirateria. Liberi tutti. E mentre i Metallica lottavano per la chiusura di Napster, e in Svezia qualcuno pensava allo streaming musicale, i servizi Peer-2-Peer si moltiplicavano a macchia d’olio. In questa confusione fatta di file mp3 di scarsa qualità e dubbia legalità, Apple lanciava iTunes Music Store. Un azzardo per il 2003.
Già, perché la timeline della discografia, se la intendiamo come una di quelle linee rette sui libri di storia, presenta due grossi avvenimenti: uno nel 2001 e l’altro nel 2006. Il primo riguarda la definitiva chiusura di Napster, che per anni aveva permesso la condivisione illegale di brani musicali. In prima linea contro il servizio c’erano addirittura i Metallica, band simbolo della scena heavy, ai quali non fu mai perdonato di “schierarsi dalla parte del sistema”.
Nel 2006 nasce invece Spotify, rivoluzione assoluta dello streaming legale. Nel mezzo però, il 28 aprile 2003, esattamente 20 anni fa, Apple spalanca le porte al suo primo negozio virtuale di musica: iTunes Music Store.
iTunes Music Store: vuoi una canzone? Sono 99 centesimi
Il concetto alla base era semplice: unire il negozio fisico di dischi con la circolazione in rete dei file digitali. Gli utenti potevano decidere, su iTunes, di acquistare solo una canzone (al prezzo di 0,99 centesimi) o l’intero album a prezzo pieno. Il tutto in formato digitale, di buona qualità (o comunque superiore a file supercompressi dei servizi illegali) e soprattutto in modo legale.
La rete non apprezzò: perché pagare qualcosa che si può avere gratis? Per rispondere a questa domanda non basterebbero altri 100 articoli, ma non è questa la sede adatta. Nonostante lo scetticismo del web, la rivista TIME definì il servizio come “l’invenzione più cool del 2003”.
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Per favorire il lancio del nuovo store, Apple utilizzò la consolidata tecnica dell’esclusività di condivisione. La Grande Mela Morsicata aveva infatti lanciato pochi anni prima, il 23 ottobre 2001, il suo primo iPod. Altro strumento rivoluzionario di cui non si parlerà mai abbastanza. Un walkman digitale. Un concetto che per i sopravvissuti all’ansia del Millennium Bug era roba da alieni.
Ad ogni modo la strategia di Apple era semplice: vuoi trasferire la musica su iPod? Devi farlo tramite iTunes.
Nel 2006, dopo aver perso la parola Music dal nome, l’iTunes Store si apre alla vendita dei più disparati contenuti digitali: videoclip, film, giochi e app. Di quest’ultima frase vi invitiamo a notare una cosa: era il 2006. Già, proprio l’anno in cui, in Svezia, nasceva ufficialmente Spotify.
Due visioni agli antipodi: Apple una multinazionale intenzionata a vendere musica in digitale, Spotify una piccola società che mirava a regalarla gratuitamente, senza download, in streaming.
In mezzo a questi due fuochi c’era ovviamente l’industria discografica, che ancora cercava di sopravvivere con il mercato dei dischi fisici. Negli uffici delle major qualcuno avrà detto, pensando a Darwin, che “qui o ci si adegua o si muore”. E infatti i dinosauri della discografia dovettero adeguarsi eccome, trovando accordi con le nuove realtà.
Si dice che Steve Jobs in persona avesse speso un intero anno nel disperato tentativo di trovare un accordo col mercato discografico. Alla fine ce la fece e, ancora oggi, iTunes è il più importante store globale per l’acquisto di musica in digitale.
Ciò che sembrava un azzardo nel 2003 è stata, col senno di poi, una scommessa vincente.
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