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Canto di Natale di Topolino: una fiaba animata natalizia senza tempo

Canto di Natale di Topolino è disponibile su Disney+.

«Eccomi qua, nella mia comoda dimora, aspettando che passi il Natale! Bah! Che stupida festa, in cui tutti si vogliono bene! Ma per me è diverso! Tutti mi odiano e io odio tutti! E tutti a comprare regali… Pare che si divertano! Non mi sono mai divertito, io!». Nella storia a fumetti di Carl Barks Il Natale di Paperino sul Monte Orso, si presenta così al mondo Paperon de’ Paperoni, uno dei più celebri personaggi della Disney. Il geniale adattamento italiano del nome di questo personaggio, scelto da Guido Martina, ha il merito di sintetizzare il carattere tronfio e spigoloso di Zio Paperone. Come in ogni adattamento però, qualcosa va inevitabilmente perso: in questo caso due dettagli che ci dicono molto sul personaggio e sulla sua genesi.

Il nome originale di Paperon de’ Paperoni è infatti Scrooge McDuck, creato da Barks in persona per rimpinguare la famiglia dei paperi. Se il cognome McDuck è un chiaro riferimento all’origine scozzese del personaggio, nonché un velato cenno alla fama di taccagneria che accompagna questo popolo, il nome è ancora più adatto alla personalità e della visione del mondo di Zio Paperone. Scrooge deriva infatti da Ebenezer Scrooge, protagonista dell’immortale capolavoro di Charles Dickens Canto di Natale, avaro cuore di pietra che con la collaborazione degli spiriti del Natale passato, presente e futuro ha l’occasione di redimersi in una delle notti più celebri e saccheggiate di tutta la narrativa mondiale.

Con un legame così stretto fra i due personaggi, non poteva che essere Paperon de’ Paperoni a interpretare Ebenezer Scrooge in Canto di Natale di Topolino, cortometraggio animato del 1983 scolpito indelebilmente nell’immaginario collettivo e disponibile su Disney+.

Canto di Natale di Topolino: un’immortale parabola di solidarietà e redenzione

Canto di Natale di Topolino

Siamo alla vigilia di Natale del 1843, nell’Inghilterra vittoriana. Mentre le altre persone si preparano a festeggiare il Natale, il visibilmente infastidito Ebenezer Scrooge continua incessantemente a pensare al profitto, rintanato nel suo freddo ufficio. Insieme a lui c’è il suo fidato e sottopagato impiegato Bob Cratchit (interpretato da Topolino), che supplica al suo capo di concedergli una mezza giornata libera da passare con la famiglia. Una richiesta indigesta per un anziano e spietato uomo d’affari, che si è arricchito a forza di interessi sui prestiti, risparmiando ogni centesimo possibile. A malincuore, Scrooge concede comunque la mezza giornata libera al suo dipendente, comunicandogli però che gli verrà trattenuta una quota proporzionale del suo già misero stipendio.

Sprezzante dell’indigenza altrui, Scrooge rifiuta ogni gesto di carità, sentenziando cinicamente che se facesse donazioni ai poveri non ce ne sarebbero più, e quindi coloro che le raccolgono si trasformerebbero in disoccupati. Giunto nella sua abitazione, l’avaro affarista riceve l’inaspettata visita del fantasma del suo ex socio Jacob Marley (uno spassoso Pippo), morto diversi anni prima. Avvolto da pesanti catene, penitenza per il suo impietoso modo di vivere, Marley ammonisce Scrooge sul suo destino e lo avvisa del fatto che poco dopo riceverà la visita di tre diversi spiriti.

Gli Spiriti del Natale Passato (il Grillo Parlante), Presente (Willie il gigante, già apparso nel segmento Topolino e il fagiolo magico di Bongo e i tre avventurieri) e Futuro (l’inquietante Gambadilegno) mostrano a Scrooge gli effetti dei suoi comportamenti, portandolo a una sincera e appassionata redenzione.

Dalla carta al video

Anche se è difficile da credere, soprattutto per chi lo ha visto per la prima volta nel corso dell’infanzia, Canto di Natale di Topolino dura solamente 26 minuti, titoli di testa e di coda compresi. Nonostante ciò, la struttura del racconto di Dickens (a sua volta abbastanza breve) è praticamente intatta. Comprensibilmente, il regista Burny Mattinson sforbicia dal racconto i passaggi più politici e meno comprensibili per i bambini, come le pungenti riflessioni dell’autore sul disagio del ceto più povero della società inglese nella prima metà dell’800, esacerbate dalla Poor Law (che nelle intenzioni avrebbe dovuto garantire l’effetto contrario) e già alla base di Oliver Twist.

Le inevitabili riduzioni non impediscono però a Canto di Natale di Topolino di declinare i cinque atti alla base dell’opera di Dickens, cioè l’introduzione del protagonista, le visite dei tre spiriti e l’esplosione di gioia finale, con il ravvedimento dell’anziano affarista. Un miracolo di sintesi cinematografica, reso possibile soprattutto dal prodigioso lavoro sulle immagini, capaci di riassumere in pochi secondi svariate pagine di racconto. Ci riferiamo soprattutto al protagonista, il cui carattere è facilmente associabile all’icona di Zio Paperone, ma anche alla presentazione del piccolo Tim, figlio gravemente malato di Bob Cratchit che in pochi minuti vediamo prima aggrapparsi alla sua fragile vita e poi morire in una proiezione del futuro, con uno shock emotivo per i piccoli spettatori pari solo a quello per la morte della madre di Bambi.

Senza mai ricorrere al pietismo e al grottesco, Canto di Natale di Topolino mette in scena una storia che si adatta perfettamente ai canoni disneyani, richiamati non soltanto dalle svariate apparizioni più o meno brevi di storici personaggi di questo universo, ma anche e soprattutto dall’evoluzione del protagonista in direzione di una versione migliore di se stesso.

Canto di Natale di Topolino: la tortuosa strada verso la redenzione

Canto di Natale di Topolino

Ciò che colpisce maggiormente di Canto di Natale di Topolino e della sua ispirazione letteraria è la capacità di resistere ai mutamenti del mondo e della società. Il tortuoso cammino di Ebenezer Scrooge verso la redenzione è una parabola universale, capace di ricordarci che siamo sempre in tempo per riparare ai nostri errori e per modificare la nostra esistenza. Come ci insegnano i tre spiriti del Natale, ciò che siamo è indissolubilmente legato a chi eravamo e chi diventeremo, e non c’è momento migliore dell’anno per fare tesoro di questo imperituro insegnamento.

La dimensione fantastica del racconto di Dickens trova poi in questo caso una perfetta declinazione nell’animazione e nella magia della Disney. La stampella a cui si aggrappa un bambino riesce con una sola immagine a toccare immediatamente il cuore dello spettatore, e altrettanto fa la struggente scena di un genitore che si priva del suo già irrisorio pasto in favore del figlio, crudele quanto fedele rappresentazione della più totale povertà. E ancora, non c’è posto migliore di un cimitero per ricordarci la nostra atavica fragilità e l’importanza di lasciare una testimonianza del nostro passaggio su questa Terra, mentre una sedia a dondolo che comincia a ondulare sotto il peso di bambini festanti è il simbolo che testimonia il definitivo cambiamento di Scrooge.

Canto di Natale di Topolino: un classico senza tempo

Canto di Natale di Topolino

Nella sua raccolta di saggi Dalla periferia dell’impero: Cronache da un nuovo medioevo, Umberto Eco scrisse a proposito di Casablanca: «Due cliché ci fanno ridere. Cento cliché ci commuovono. Perché si avverte oscuramente che i cliché stanno parlando fra loro e celebrano una festa di ritrovamento». Una riflessione che si adatta perfettamente a Canto di Natale di Topolino e di Charles Dickens, vero e proprio profluvio di buoni sentimenti e personaggi altamente simbolici, davanti al quale è però impossibile rimanere indifferenti, a qualsiasi età. Una delle più toccanti riflessioni sulla magia del Natale, che con il passare del tempo è diventata a sua volta parte di un rito che si perpetua ogni anno, risvegliando ogni anno emozioni che credevamo sopite.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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