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La macchina del tempoRubriche

Il Pong Atari (e i suoi discendenti). La macchina del tempo

Quando i videogiochi avevano una grafica… ambiziosissima

Indiscutibilmente, il recentissimo ritiro di un campione tennistico del calibro di Roger Federer ha commosso tutti, appassionati della disciplina e puri amanti dello sport.

Ma quanto a emotività, chi tra i lettori di Tech Princess ha qualche decade sulle spalle come si sentirà, se vi diciamo che oggi parleremo di quel quadratone bianco su sfondo nero che rimbalzava su e giù per le televisioni delle nostre case, e noi lì a esaltarci come se stessimo assistendo – anzi no, come se stessimo partecipando da giocatori – alla finale del torneo di Wimbledon?

Facciamo un bel respiro e diamo un ordine cronologico alla faccenda. Tutto ha avuto inizio dal Pong di Atari.

Il Pong di Atari

Pong è, anzi era, quel gioco elettronico adatto a persone dalla fantasia pressoché sconfinata. Poeti, mistici e consumatori di LSD erano  – diremmo oggi – i tre target di riferimento. Perché bisognava interpretare due stanghette bianche come racchette (o addirittura giocatori?) di ping pong. Inoltre, un quadrato di pochi pixel per lato sarebbe stato la pallina, e lo schermo televisivo da cui di solito uscivano le immagini di Dallas doveva essere, naturalmente, il campo di gioco.

Il Pong di Atari nasce nel 1972 come arcade (cioè gioco da bar) e nel 1975 conquista i galloni di console. Da allora, il gioco avrà mirabolanti evoluzioni, compresa quella che a suo tempo ha posseduto l’estensore di questo articolo, e di cui a breve vi parlerà.

Prima aggiungiamo almeno che lo pseudo ping-pong, e altri giochi che si sarebbero aggiunti nelle versioni successive, si potevano fare in coppia o in private e sublimi sfide contro il computer.

Atari Super Pong

Il nostro Pong di Atari

La tecnologia evolve e, si diceva, anche il Pong di Atari è cresciuto assieme a noi.

Il primo grande passo in avanti è del 1978, quando General Instruments ha immesso sul mercato alcuni diabolici sistemi integrati. Che hanno reso più economico il mitico gioco. Più economico e non solo: la console non porterà più in dote il solo Pong di Atari, ma altre avveniristiche discipline (per modo di dire: la grafica non accennava a evolvere).

Inoltre, versioni alternative iniziavano a essere vendute da altri marchi. E così, nella prima metà degli anni Ottanta del Novecento, anche noi abbiamo posseduto un nipotino del Pong di Atari. Ebbene: ci ricordiamo nitidamente che oltre al ping-pong si poteva giocare a tennis, calcio e squash.

Non sappiamo risalire con certezza al nome della console, ma dopo notti insonni appiccicati al computer siamo quasi pronti a scommettere che si trattasse della TV Master MK6 della Binatone.

Il mistero del fucile

Il titolo del paragrafo non rimanda a un giallo di Agata Christie bensì al fatto che in alcune versioni successive al primo Pong di Atari, compresa la nostra, c’era anche un fucile.

Già, un fucile. Perché mai? Perché una delle discipline ci imponeva di mirare e sparare (chissà perché ci stiamo vergognando un po’, ora che ne stiamo scrivendo) all’innocente schermo televisivo. O più precisamente al quadratone bianco che rimbalzava per il perimetro della TV, evidentemente imitando un piattello impazzito.

Il mistero del fucile è dato dal fatto che nessuno ha mai saputo se si guadagnasse un punto quando davvero la linea di tiro era esatta, e il nostro sparo virtuale colpiva il bersaglio, o se il punto suddetto veniva elargito casualmente dalla console.

Pong Atari, i suoi nipotini e la penuria di fonti

Umberto Eco insegnava che ci si può divertire quanto si vuole, ma sempre con rigore filologico.

E noi, che qui stiamo adottando un tono scanzonato, il rigore filologico vorremmo anche applicarlo, nel parlarvi di questa leggendaria console e di quelle che da lei sono state ispirate. Ma le fonti non aiutano. Nomi da fiabe nordiche, come la già citata Binatone o la Tenko, riaffiorano per un istante e poi scompaiono. I dati sono pochi, le certezze ancora meno. Eppure tutti noi diversamente giovani abbiamo davanti agli occhi l’immagine dello schermo nero e di quelle due stanghette che cercano impietosamente di non mancare la “pallina”.

Insomma, affermiamo con orgoglio: Pong di Atari è esistito davvero.

Grafica, chi era costei?

La bellezza senza tempo del Pong di Atari e della sua nutrita figliolanza risiede nel più completo disinteresse per la modernità.

Tutti i principali marchi dei giochi elettronici degli anni Ottanta del secolo scorso hanno smaniato, di nuova versione in nuova versione, per offrire agli utenti una grafica sempre più accattivante e realistica.

Ebbene: come per un incantesimo collettivo, né ai produttori né ai consumatori del Pong di Atari (e successivi giochi analoghi) è mai importato alcunché della grafica.

Le bacchette erano i giocatori, e quel quadratone era la palla. Nessuno lo ha mai messo in discussione. Erano anni bellissimi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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