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Eva Sangiorgi, la nostra intervista alla Direttrice Artistica della Viennale

Durante il NOAM, nuovo festival cinematografico di Faenza dedicato al cinema nordamericano e guidato dal direttore artistico Andrea Valmori (qui la nostra intervista), noi di TechPrincess abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare Eva Sangiorgi, direttrice artistica della Viennale, nata proprio a Faenza, e ospite del Festival.

NOAM Festival

Qual è il percorso che l’ha portata da Faenza fino alla direzione di un Festival come la Viennale?

Sono tutti incroci della vita e sorprese. Stavo studiando a Bologna e finendo l’università: da un certo punto di vista si concludeva un percorso. Ho fatto poi un overseas a Città del Messico. Era il primo anno di collaborazione tra l’università di Bologna e Città del Messico. Sono andata un anno intero con la borsa di studio in Messico, ho conosciuto la realtà locale, che stava esplodendo dal punto di vista culturale con tantissime iniziative e con una struttura meno piramidale, molto più flessibile. In quel momento molto propizio mi invitarono a lavorare e il primo anno di quel festival andò molto bene.

Mi toccò di arrivare in Messico proprio quando stava nascendo questo progetto e quindi cominciai a lavorare un po’ tra il gioco e anche per l’opportunità professionale. Ho concluso la mia tesi e nel frattempo ho cominciato a lavorare con altre realtà. Avevo lavori non legati al cinema, ma comunque si trovavano a collaborare con un festival che si svolge nella Cineteca di Bologna, insomma con tutte le energie della gioventù.

La situazione in Messico è stata molto propizia e lì abbiamo costruito un festival che aveva una grandissima dimensione già al suo inizio. L’esperienza ce la siamo fatta proprio sul campo; questa esperienza poi si è conclusa, e io ho cominciato a lavorare in molte altre cose relazionate al cinema. Avevo già avuto esperienze durante l’università di produzioni, in questo caso produzioni legate molto al mondo dell’arte contemporanea.

La nostra intervista a Eva Sangiorgi, Direttrice della Viennale

Dopo qualche tempo ho proposto il progetto di un Festival all’Università Nazionale Autonoma del Messico, che era stata la mia istituzione di riferimento nel primo anno, e c’era il problema della continuità, che investe un po’ tanti posti, nonostante il panorama culturale così esplosivo, così ricco del Messico. Ho proposto questo progetto all’università, che è un’istituzione molto importante per tutta l’America Latina.

L’Università è enorme, deve immaginare che sono più di 300.000 studenti e quindi, dopo tanti anni, mesi di discussioni, di analisi del progetto, mi hanno chiesto di svilupparlo e mi hanno offerto la direzione del Festival, che è quello della Città del Messico, del Festival dell’Università Nazionale, si chiama FICUNAM e ancora esiste. L’ho diretto per otto anni, da lì è venuto l’aggancio a Vienna: ogni anno andavo alla Viennale, che è un festival di riferimento perché ha la caratteristica abbastanza peculiare nel mondo dei festival di fare una selezione del meglio dell’anno, combinarla con tante sezioni storiche e quindi fare un bel bilancio di tutto quello che è successo in tutte le geografie cinematografiche. Quindi senza concorso, senza red carpet.

Così si è creata una relazione professionale: sono già più di vent’anni che faccio questo lavoro. Ho consultato il direttore di allora e sono stata proposta nel momento in cui stavano cercando un nuovo direttore. Ho provato con uno spirito molto giovanile, con l’idea di voler ritornare in Europa in un certo momento dopo tanti anni trascorsi in Messico. Mi hanno scelta perché avevano bisogno di qualcuno con una prospettiva, anche un po’ per sprovincializzare il Festival stesso che comunque è molto legato alla realtà viennese, volevano trovare qualcuno al di fuori.

Lei l’ha definito un festival idealista.

Sì, nel senso che è realmente libero da tutti i compromessi che sono inevitabili quando si organizza un festival di una certa dimensione. Nel senso che se devi fare un concorso, una parte di industria di molti festival, per avere più attenzione e più importanza, devono o scelgono la strada della premier mondiale e di fare un po’ la guerra agli altri. Per avere il nuovo nome, il nuovo regista, il nuovo film. E questo a volte anche a discapito della qualità. La Viennale ha la libertà di scegliere i film secondo criteri che sono soggettivi, sempre di valore cinematografico, e senza dover sottostare a tutte quelle regole; quindi sono più criteri che regole e questo lo rende un Festival che è idealista nel senso che veramente si fa manifesto di una visione del cinema o di diverse visioni del cinema che però dà una prospettiva molto chiara.

Secondo lei che ruolo svolge un festival, sia per il cinema che per gli autori, ma anche per il pubblico?

Ci sono delle specificità, ossia ci sono dei festival che sono realmente pensati e importanti, fondamentali per l’industria. Poi la maggior parte dei casi sono delle situazioni miste. La Viennale è un festival dell’altro polo completamente dedicato al pubblico, è un Festival della città. Per questo dura molto di più dei Festival normali. Dura due settimane perché cerca di mantenere un’offerta a lungo per il lungo periodo, così che la gente della città realmente ha la possibilità di scegliere, di vedere e di usufruire dell’offerta culturale.

La funzione è quella di avvicinare il cinema al pubblico ma ha anche una coscienza a priori, quella di mantenere la cultura cinematografica, che non è scegliere i film perché il pubblico ne sia felice, ma piuttosto coltivare insieme una cultura cinematografica che a volte non ti accompagna mano nella mano, ma che significa anche capire, studiare, approfondire e quindi, dal punto di vista del programmatore, anche proporre, rischiare e insistere su cose che sono meno facili o meno evidenti.

Questa è una delle sfide: doversi scontrare con i favori del pubblico e anche della critica.

Sì certo, è sempre una questione di gusto. Bisogna avere la serietà di capire a fondo quali sono le opere e l’importanza che possono avere e la necessità di spenderci più energie. Poi la Viennale è un Festival per il pubblico e il pubblico può scegliere: ci sono delle cose che gradirà di più o meno.

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Sono molto fedele al concetto di cinema d’autore, ma io lego questo concetto a tutto un tipo di produzioni, dalle grandi produzioni degli studi di Hollywood o dei nuovi produttori attuali, che sono le piattaforme come Netflix, ai piccoli autori che lavorano in una maniera più vicina alla manifattura. Il cinema offre tantissimi linguaggi, tantissimi tipi di espressione. La critica nel mondo del cinema si mischia sempre anche con altri concetti che hanno a che vedere con lo spettacolo. Se tu leggi le critiche del Festival di Berlino, dal punto di vista della programmazione ha fatto scelte molto coraggiose sulla nuova gestione. Dipende dalla scelta della giuria che è molto anche strategica. Piuttosto bisogna capire qual è il momento che vive il cinema.

A proposito di streaming, lei è più respingente o condiscendente verso quel tipo di fruizione?

Dipende dalla situazione. Nel caso della Viennale, per esempio, durante il covid, noi non siamo andati online perché l’abbiamo deciso a priori, è un caso specifico, però avevo l’opportunità di prendere una decisione. Quindi nel momento in cui tutto andava a rotoli e si chiudeva, ho fatto una dichiarazione in cui ho affermato che noi non saremmo andati online. Fortunatamente per due anni siamo riusciti comunque a procedere con il Festival in presenza.

Allora perché ho fatto questa scelta? Non aveva senso fare un cambio di questo tipo perché sarebbe stato molto rischioso sia per una questione strategica che di finanziamento, e dal punto di vista amministrativo. Ma per rispondere più precisamente e più adeguatamente alla tua domanda, io sono a favore allo streaming. La mia cultura cinematografica me la sono fatta con la televisione e le VHS. Rispetto tutte le qualità di un medium cosi complesso. Ma una cosa è il consumo personale, altra cosa è veramente godere, capire e immergersi nell’esperienza cinematografica. Io personalmente uso moltissimo lo streaming anche per questioni professionali, per visionare le opere.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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