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Case italiane scomparse: Cizeta, il sogno V16 insieme a Giorgio Moroder | Auto for Dummies

Quella di Cizeta è una storia fatta di passione, anni '80 e follia: 16 cilindri, oltre 550 CV e soli 8 esemplari

Dopo avervi raccontato la storia di alcune tra le Case italiane scomparse più interessanti, dotate di modelli che hanno segnato la storia automobilistica di questo Paese, oggi vi raccontiamo le vicende di una piccolissima Casa ambiziosa, che ebbe meno successo di quanto avrebbe meritato. Benvenuti ad Auto for Dummies, la rubrica di Techprincess che vi racconta il mondo dell’auto, e oggi parleremo di Cizeta, una piccola Casa modenese nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 da una stranissima collaborazione tra il fondatore Claudio Zampolli e il celebre compositore e produttore Giorgio Moroder. Il suo unico modello? Una supercar con motore a 16 (sedici) cilindri, la V16T. Non ci state capendo molto? Siamo qui apposta: pronti a conoscere una delle Supercar più assurde degli ultimi 30 anni?

La nascita di Cizeta-Moroder, tra lavoratori insoddisfatti, ex-dipendenti Lamborghini e… l’appassionato Moroder

Partiamo subito dalla genesi di questa folle esperienza automobilistica. Siamo nell’Italia degli anni ’80, e già questo dovrebbe farvi capire tanto di questa storia. Un periodo felice, dove tutto sembra possibile e basti solo desiderare qualcosa per ottenerlo. Gli anni ’80 in Italia sono un periodo pieno di speranze e anche di facili finanziamenti, dove un sogno può davvero diventare realtà. Proprio alla fine degli anni ’80, Horacio Pagani comincia a mettere su la sua azienda, che oggi 30 anni dopo è la mitica Pagani Automobili.

In un periodo così radioso per l’economia italiana, c’è spazio anche e soprattutto per i sogni di chi si sente oppresso dal suo lavoro di dipendente, e desidera dare una svolta alla propria vita. Ed è proprio questo il caso di Claudio Zampolli, il fondatore della CiZeta, che infatti porta le iniziali del suo nome. Siamo nel 1988. Zampolli, un ingegnere modenese classe 1939, era all’epoca dipendente Lamborghini. Dopo aver lavorato in Lamborghini per diversi anni, partecipando allo sviluppo della Miura, Zampolli si trasferì in California, dove mise su una rete di concessionari Lamborghini e di centri assistenza.

Proprio nella California di Beverly Hills, di Los Angeles e delle star innamorate di Lamborghini, Zampolli cominciò a sentire il lavoro di dipendente Lamborghini stretto. Cominciò a sognare di mettersi in proprio, di creare un’automobile col suo nome, sfruttando una rete di ex dipendenti Lamborghini conosciuti nei suoi anni di lavoro per il Toro. Zampolli convinse così Marcello Gandini, designer di tutte le Lamborghini fino alla Countach, a realizzare le linee della sua vettura. Pensò anche al propulsore, folle quanto il progetto, ma mancava una cosa fondamentale: un partner e finanziatore.

Zampolli cominciò così a diffondere la voce tra i suoi facoltosi clienti di Hollywood, convincendone uno, italiano come lui: Giorgio Moroder. Proprio quel Moroder, “I’m Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio”, il celebre compositore e produttore radiofonico. Per chi non lo conoscesse, Moroder è vincitore di tre Premi Oscar, uno per la miglior colonna sonora con Fuga di Mezzanotte nel 1979 e due per la Miglior Canzone con Flashdance… What a Feeling! nel 1984 e Take My Breath Away da Top Gun nel 1987. Il musicista sudtirolese era un grande appassionato di Lamborghini, e conobbe Zampolli per la manutenzione della sua Countach. Zampolli riuscì a convincere Moroder a investire nel progetto, così nel 1988 nacque la CiZeta-Moroder.

Il progetto V16T: 16 cilindri, interni lussuosissimi e 560 CV! E linee da vero Diablo

Cominciarono così i progetti per la prima auto della CiZeta-Moroder, con la Casa che si stabilì a Modena, in piena Motor Valley. Claudio Zampolli, per la sua opera prima, non voleva lasciare nulla al caso. L’auto doveva avere un’estetica fuori dal comune, un motore esagerato e degli interni degni delle migliori auto di lusso del momento. Per quanto riguarda lo stile, Zampolli andò a colpo sicuro ingaggiando Marcello Gandini.

Il designer piemontese, di cui abbiamo già parlato diverse volte in questa rubrica, era all’epoca uno dei designer più ambiti, ma era andato in contrasto con Lamborghini giusto un anno prima, nel 1987. Proprio in quell’anno infatti la Casa di Sant’Agata Bolognese venne acquisita dalla Chrysler, che prese in mano i progetti per la sostituta della vetusta Countach, la Diablo. Con lo stile di nuovo affidato a Marcello Gandini, il designer di Bertone decise di creare un’auto ancora più estrema della già appariscente Countach. I nuovi dirigenti Chrysler, però, decisero che l’auto doveva essere un po’ meno estrema. Presero così il progetto di Gandini, e lo ingentilirono nel proprio Centro Stile di Detroit, creando la Diablo nel 1991.

Gandini allora, indispettito, propose il suo design originale a CiZeta, che lo accettò di buon grado. In tanti infatti pensano che sia la CiZeta V16T (questo il suo nome) ad aver copiato la Lamborghini Diablo, mentre in realtà la supercar di Zampolli e Moroder fu disegnata e presentata prima, a fine 1988. E l’estetica è decisamente più folle. Frontale appuntitissimo, dotato di quattro fari singoli a scomparsa, uno sguardo che la rende ancora oggi inconfondibile. Il telaio, sotto la carrozzeria di Gandini, era tubolare con tubi ellittici in cromo-molibdeno, e l’abitacolo era avanzatissimo, quasi appollaiato sulle ruote anteriori. All’interno, radica e pellami di prima qualità si combattevano lo spazio con componenti di derivazione FIAT, come le bocchette e il clima automatico derivati dalla Lancia Thema. Tutto però era assemblato artigianalmente, fatto a mano.

Il folle motore della CiZeta V16T: 16 cilindri trasversale, 540 CV e quasi 330 km/h

Ma perchè l’abitacolo era così avanzato? Il motivo era semplice: doveva lasciare quanto più spazio possibile al motore, la parte più folle di un progetto già pazzo. Zampolli, infatti, decise di unire due 3.0 V8 di derivazione Lamborghini Urraco, creando un 6.0 V16. Si, avete capito bene, sedici cilindri. In più, come indica la lettera T nel nome, il motore era posizionato trasversalmente, occupando quindi tantissimo spazio in lunghezza ma anche in larghezza. Non per nulla, la V16T è larga oltre 2 metri senza gli specchietti, e la porzione riservata al motore nella vista frontale spunta di diversi cm ai lati dell’abitacolo.

I due motori Urraco sono poi potenziati rispetto agli originali, il cambio è un manuale a 5 marce e la trazione è, ovviamente, posteriore. Le prestazioni di questo incredibile V16 sono pazzesche: 540 CV, e 537 Nm di coppia, numeri che per i primi anni ’90 erano folli. Pensate che la Ferrari più estrema dell’epoca, la Ferrari F40, arrivava a “soli” 478 CV. Per gestire tutta questa potenza, le sospensioni sono piuttosto ricercate, con un sistema a doppio quadrilatero sia davanti che dietro, i freni misurano ben 332 mm su tutte e quattro le ruote e gli pneumatici posteriori hanno un battistrada da 335 mm: enorme.

Tutte queste accortezze più l’interno lussuosissimo e l’enorme V16 dietro l’abitacolo non la rendono un’auto leggera anzi: con i suoi 1.700 kg è tra le supercar più pesanti dell’epoca. Ma con tutta quella potenza, alla fine, il peso conta poco. Grazie alle enormi gomme posteriori, la CiZeta-Moroder V16T copre lo 0-100 km/h in meno di 4 secondi, tempi fuori di testa per l’epoca, e può raggiungere i 329 km/h. Dati ancora pazzeschi, ma che 30 anni fa facevano girare la testa. Se siete curiosi di vedere la realtà della Cizeta di quegli anni e masticate l’inglese, qui sopra trovate un programma TV del 1989 che intervista Zampolli e mostra l’auto in diverse fasi di assemblaggio e test.

Dopo perdite ingenti, Moroder lascia Cizeta, ma nel 1991 nasce comunque la V16T

Nonostante sia una piccolissima azienda, il coinvolgimento di Moroder e il progetto a dir poco folle attira l’attenzione di media, curiosi e potenziali acquirenti. Come però gli anni ’90 fecero tornare sulla Terra un’Italia entusiasta e intraprendente, all’inizio del nuovo decennio lo stesso destino toccò alla CiZeta-Moroder. Costruire una Casa automobilistica da zero non era così semplice come sembrava, e i debiti cominciarono ad accumularsi.

Il prototipo della CiZeta V16T, bianca perlata, venne presentata all’Hotel Century Plaza di Beverly Hills nel 1988, con il logo CiZeta-Moroder sul frontale. Quel prototipo venne realizzato da tre sole persone a Modena: Giancarlo Guerra, Ernesto Barbolini e Luca Schiavi, tre specialisti nella costruzione di auto sportive. Dopo quella presentazione, dove ci furono diverse dichiarazioni di interesse, i debiti cominciarono ad accumularsi. Giorgio Moroder, progressivamente disinnamoratosi del progetto e fiutato l’odore di un possibile fallimento, si disimpegnò dalla società nel 1990, e la CiZeta-Moroder venne definitivamente ribattezzata Cizeta Automobili. Moroder però, prima di lasciare la Cizeta, realizzò anche una canzone dedicata all’auto, suonata proprio alla sua presentazione nel 1988. Nonostante l’abbandono del progetto da parte del compositore altoatesino, Claudio Zampolli proseguì nel progetto, lanciando comunque la sua V16T, ora ribattezzata solo Cizeta.

Priva del suo investitore principale, Cizeta continuò ad andare avanti per la sua strada convinta dei propri mezzi. L’auto era si veloce, estrema, inconfondibile e con una tecnica raffinata e mai vista prima, ma non era esente da difetti. La produzione artigianale della vettura, da un lato vanto e motivo di orgoglio per la Casa, aveva delle lacune. I componenti di origine FIAT/Lancia non erano di prima qualità, e stonavano con pelli e radiche di livello assoluto. In più, i tempi di assemblaggio di una Cizeta V16T erano estremamente lenti. La Casa aveva in mente di produrre 1 auto al mese, ma la realtà fu molto diversa. Cizeta infatti costruì solo 12 esemplari tra il 1991 e il 1995, compreso il prototipo bianco del 1988.

Il vero scoglio fu però il prezzo. Una Cizeta V16T costava infatti 550.000 dollari in America, ovvero l’equivalente di un milione di dollari considerando l’inflazione. Un prezzo davvero folle, che la rendeva appetibile solo per miliardari e veri fautori di questo progetto. Cizeta consegnò ai clienti infatti solo 10 V16T. Dal conto totale di 12 vanno escluse il prototipo e l’ultimo esemplare del 1995. Questo, infatti, venne completato dopo il fallimento dell’azienda, datato 1994.

Cizeta oggi: prodotta (sulla carta) negli USA fino al 2018, quest’anno ha perso il suo fondatore

Dopo il fallimento, Cizeta si trasferì definitivamente in California, dove Zampolli assemblò ancora due esemplari, uno nel 1999 e uno nel 2003. Quest’ultimo è stato realizzato su richiesta di una società giapponese ed è l’unica V16T Spider prodotta. Ribattezzata Cizeta Fenice TTJ Spider, questa è stata l’ultima auto prodotta dalla Casa dei tre lupi.

Dopo quell’unica scoperta, infatti, Claudio Zampolli non riuscì a produrre più nessuna vettura. In realtà, dal 2006 fino a fine 2018 Cizeta era ancora in attività, e sulla carta produceva ancora le sue V16T ad un prezzo di 550.000 dollari per la coupé e 650.000 per la Spider. Nessuno, però, diede più fiducia alla Casa modenese, che per quasi 20 anni cadde in uno stato di profondo letargo. La storia di Cizeta però è arrivata al termine: nel luglio del 2021, infatti, il fondatore Claudio Zampolli è mancato all’età di 82 anni. Insieme a lui se n’è andata la storia folle e fuori dagli schemi della sua Cizeta.

Un sogno figlio di un periodo felice come gli anni ’80, che ebbe senza dubbio dei risultati inferiori alle aspettative e alle indubbie qualità del prodotto. Nonostante l’artigianalità dell’automobile, la Cizeta V16T è stata ed è ancora un’automobile che lascia a bocca aperta, sia dal punto di vista estetico che da quello tecnico. La sua storia, di rivalsa e di voglia di emergere, è un ricordo dei vibranti anni ’80, un periodo che per voglia di fare e per vivacità probabilmente non vivremo più molto presto. Ricordare queste storie di intraprendenza, coraggio, genio e follia italiane è bellissimo perché ci mostra cosa si può creare da zero se si crede davvero in qualcosa. E con questa chiusura romantica e malinconica, per oggi Auto for Dummies si conclude qui. L’appuntamento è a venerdì prossimo con un nuovo episodio della serie preferita dell’Internet… o quasi! Ciaoo!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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