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Il confine verde: il manifesto politico e umanitario di Agnieszka Holland

Il confine verde è un'opera che lotta per porre domande su questioni dolorose, possiede la forza di raccontare l'erosione dei diritti fondamentali, e come vengano ignorati in certi meridiani e a determinate condizioni, come al confine tra Polonia e Bielorussia

Agnieszka Holland, regista e sceneggiatrice polacca, possiede uno degli sguardi più detonanti, politici e acuti del panorama cinematografico mondiale. A distanza di trent’anni dal suo Europa Europa – celeberrimo film su un ragazzo ebreo che, per sopravvivere all’Olocausto, prima assume l’identità di un giovane comunista stalinista, poi quella di un soldato della Wehrmacht e di uno studente di una scuola esclusiva della Gioventù hitleriana – il nuovo toccante lungometraggio, Il confine verde (Zielona Granica), in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, raggiunge vette drammatiche ineguagliabili.

Siamo al confine tra Polonia e Bielorussia. La regista polacca decide di posizionare la sua cinepresa sulla soglia, sulla frontiera tra Europa e Bielorussia, indagando le vite dei rifugiati che, provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, cercano di raggiungere l’Unione Europea. Inconsapevoli di trovarsi intrappolati in una crisi geopolitica architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE.

Il confine verde è un dramma brutale

Il confine verde

Agnieszka Holland è una delle voci più chiare del panorama culturale europeo; i suoi film nascono per supportare la verità, soprattutto nascono per parlare di vicende urgenti e scomode. “Ho un gene della giustizia che mi caratterizza, un bisogno di raccontare la verità”, ha dichiarato in un’intervista la stessa regista. Ed è così.

Il confine verde è un’opera che lotta per porre domande su questioni dolorose, possiede la forza di raccontare l’erosione dei diritti fondamentali, e come vengano ignorati in certi meridiani e a determinate condizioni, come al confine tra Polonia e Bielorussia; soprattutto la regista non ha paura di esprimere opinioni, di snocciolare giudizi, di distillare pareri urticanti, e di enunciare apertamente da che parte stare, pur possedendo sempre la grazia di stare accanto ai propri personaggi, tutti con i propri chiaroscuri.

Come viene abilmente raccontato nel suo film, nell’autunno del 2021, un’ondata di rifugiati provenienti da alcuni paesi (Afghanistan, Siria, Iraq) è stata attirata da Lukashenko al confine bielorusso con la Polonia e la Lituania. La propaganda di Lukashenko li aveva portati a credere che sarebbero riusciti facilmente a raggiungere l’Unione Europea e a trovarsi finalmente al riparo da guerre, povertà e violenza.

Il confine verde: la recensione del film di Agnieszka Holland

Le autorità polacche non hanno avuto problemi a violare il diritto internazionale: li hanno considerati missili di Putin, proiettili viventi sparati nel cuore del paese, non persone in cerca di rifugio ma una minaccia; i rifugiati catturati, tra cui donne, bambini e anziani, vengono sistematicamente respinti in Bielorussia, dove ad attenderli ci sono tortura, fame e stupro, oppure l’abbandono nella zona della morte, in cui il rischio è l’ipotermia o l’annegamento nelle paludi.

Il confine verde è un dramma brutale, che assume tre prospettive molto diverse per raccontare questa folgorante storia di frontiera: una famiglia di rifugiati siriani, un giovane guardia di frontiera e un’attivista, una donna di cinquant’anni che decide di non restare a guardare.

Davanti ai nostri occhi vengono mostrate scene di violenza piuttosto dure, ma non è violenza gratuita, è consapevole, è una scelta drammatica a cui non possiamo sottrarci: quella sofferenza, tangibile, estenuante, diventa politica e centrale perché sceglie di impattare e di infiammare le pupille come in uno scontro frontale. Il film di Holland avvolge la sua critica sociale da una superba fotografia in bianco e nero, e nel muro fitto di filo spinato che divide e solca la divisione geografica e politica tra gli stati.

Il confine verde: il manifesto politico e umanitario di Agnieszka Holland

Il confine verde recensione

L’azione viene girata in uno stile quasi documentaristico, con la cinepresa che spesso segue da vicino i personaggi. Holland compone un ricco mosaico di diverse storie e più ci si allontana dal centro più convergono in un unico disegno, un unico ritratto comune non solo alla Polonia. Questa storia, di disumanizzazione, di persone che cercano rifugio, persone che vengono trattate in modo orribile, picchiate e affamate dai soldati di entrambi i lati, perché così opera l’inquietante politica del respingimento dei migranti, non è diffusa solo al confine con la Polonia.

Per questo Il confine verde è un manifesto politico e umanitario, è un film di resistenza moderno che racconta con grande chiarezza di un nuovo tipo di fascismo, di atrocità e violenza che sembrano difficili da credere in tempo di pace, che sembrano assurde se si pensa che accadono nella civile, democratica e pacifica Europa. Un necessario j’accuse nei confronti della fissità e dell’ipocrisia dell’Unione Europea. E nei confronti dell’inqualificabile postura polacca.

Europa Europa
  • Marco Hofschneider, Rene' Hofschneider, Piotr Kozlowski (Attori)
  • Agnieszka Holland (Direttore)

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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