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Uno studio in controtendenza: l’intelligenza artificiale creerà nuovo lavoro più di quanto ne toglierà

Dopo diverse ricerche di segno opposto

Ogni novità epocale, al di là degli oggettivi cambiamenti che porta con sé, inevitabilmente è accompagnata da una serie di previsioni, più o meno fosche, sull’impatto che potrà avere nelle nostre esistenze. Pensiamo alla televisione prima, a Internet poi.

Ora è il momento dell’intelligenza artificiale, o più precisamente dell’intelligenza artificiale generativa. Ossia dell’IA capace di creare nuovi contenuti, siano essi testuali (ChatGPT, per intenderci) o visivi (Midjourney e affini).

Una delle domande – più che lecite, peraltro – che ci si pone riguarda le conseguenze dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro. Più di un precedente studio era stato impietoso in questo senso. Prendiamone due a titolo di esempio.

intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale e lavoro: due studi non troppo confortanti

Un rapporto di Goldman Sachs, che abbiamo riportato in un articolo, indicava con giubilo che l’IA in dieci anni avrebbe fatto aumentare il prodotto interno lordo globale di circa il 7%. Ma sulle spalle di diverse categorie di lavoratori: oltre 300 milioni di posti di lavoro sarebbero a rischio. E una grande percentuale di impieghi sarebbe in parte sostituita dall’IA: il 20% dei lavoratori subirebbe un impatto su almeno la metà delle proprie mansioni.

Un altro studio ci dice poi che l’intelligenza artificiale mette a rischio i posti di lavoro delle donne più di quelli degli uomini. È un rapporto pubblicato il 26 luglio sul sito ufficiale del McKinsey Global Institute, dal titolo Generative AI and the future of work in America. Ovvero: L’IA generativa e il futuro del lavoro in America.

Dalla ricerca si evince che tra le mansioni più colpite dall’IA generativa ci saranno il supporto d’ufficio, i servizi di ristorazione e il servizio clienti, ruoli in larga percentuale ricoperti da donne. Anche chi ha lavori con bassa retribuzione sarà più a rischio: come a dire che l’intelligenza artificiale accentuerà nel mondo del lavoro le disparità sociali e di genere già esistenti.

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Intelligenza artificiale e lavoro: uno studio in controtendenza

Tuttavia, e c’era da aspettarselo, una tecnologia in fondo così giovane porta con sé inquietudini ed entusiasmi. Ma anche previsioni le une opposte alla altre.

Un recente studio pubblicato dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sul rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro ribalta la questione. E mostra come nel prossimo futuro l’IA generativa potrebbe creare più posti di lavoro di quanti non ne cancellerà. Vediamo più nel dettaglio gli esiti dello studio.

Lo studio dell’ILO

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro è un’agenzia delle Nazioni Unite che promuove la giustizia sociale e i diritti umani, specie in ambito lavorativo. L’agenzia ha pubblicato un corposo studio dal titolo Generative AI and Jobs: A global analysis of potential effects on job quantity and quality (IA generativa e lavoro: un’analisi globale dei potenziali effetti sulla quantità e qualità del lavoro).

Il ragionamento complessivo è che i posti di lavoro, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale, andranno certamente verso una maggiore automazione, che modificherà l’intensità di svariate mansioni, più che eliminarle.

In sintesi: l’IA, anziché una minaccia, nella maggior parte dei casi sarà un’alleata, che si integrerà nelle attuali mansioni per renderle più automatizzate. L’importante, come sempre, è un giusto approccio (e un’alfabetizzazione a tutti i livelli) a questa tecnologia.

Le categorie a rischio

Ciò non significa che l’IA generativa non metta particolarmente a rischio determinate mansioni più di altre. Come già descritto in precedenti studi (e come non è difficile intuire) le professioni per così dire più compilative, quelle per cui è richiesto un grado minimo di creatività, sono le più sostituibili. Ci riferiamo ad esempio al lavoro impiegatizio e amministrativo, dove poco meno di un quarto delle attuali mansioni sarebbe minacciato dall’IA.

Più si sale nella complessità del ruolo (dirigenti, professionisti e tecnici) e meno c’è la possibilità di una sostituzione integrale con le macchine. E, nuovamente, l’esposizione delle donne al rischio di automazione della mansione è più che doppia rispetto a quella degli uomini. Perché i lavori d’ufficio sono spesso coperti da donne.

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Le opportunità

L’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro dipenderà anche dal grado di sviluppo tecnologico dei vari Paesi. In quelli ad alto reddito, e più avanzati tecnologicamente, il 5,5% dell’occupazione totale è esposto agli effetti di automazione. In quelli a basso reddito la percentuale scende allo 0,4%.

Ma soprattutto, con adeguate politiche, l’IA potrebbe offrire grandi benefici, sia per i Paesi in via di sviluppo che per gli altri.

Leggiamo nello studio: “Gli impatti socioeconomici dell’IA generativa dipenderanno in gran parte da come verrà gestita la sua diffusione, sostenendo la necessità di progettare politiche che saranno fondamentali per gestire la transizione e sostengano una transizione ordinata ed equa”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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