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Il conflitto tra Russia e Ucraina ha scatenato una cyber guerra

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I conflitti sono sempre più affidati alla tattica e alla tecnologia e sempre meno alla cosiddetta guerra guerreggiata. E potremmo dire che forse è un bene, considerato a quali conseguenze facilmente immaginabili potrebbe portare l’eventualità di un conflitto atomico.

Una cyber guerra ha oggi il ruolo simbolico che aveva qualche decennio fa la guerra fredda. È, insomma, una dimostrazione di forza e supremazia in un ambito sempre più centrale. Ma proprio la centralità delle nuove tecnologie dà a questo aspetto dei conflitti un carattere decisamente pratico. E non è un caso se la Russia, non appena il suo esercito ha superato i confini dell’Ucraina, ha provato a isolare da Internet il Paese invaso. Un paese escluso dalla Rete è di fatto un Paese tagliato fuori dal mondo.

Cosa sta succedendo in questo senso nel conflitto tra Russia e Ucraina scoppiato all’alba di giovedì 24 febbraio? Come si sta sviluppando la cyber guerra che sta avanzando in parallelo con quella combattuta dai militari? Come potrà la cyber guerra cambiare gli scenari globali? E, più nello specifico, quali conseguenze potrà avere per il nostro Paese? Cerchiamo di fare chiarezza su questi aspetti.

Una guerra anche tecnologica

Appena iniziato il conflitto tra Russia e Ucraina, si è subito percepito che la tecnologia avrebbe avuto un ruolo importante. Anzitutto sul suo versante per così dire “ufficiale”: i social come Facebook e Twitter stanno bannando profili russi filogovernativi che propagano fake news. E la Russia, per ritorsione, sta limitando l’accesso a Facebook.

Inoltre, c’è stato uno scontro anche per quanto riguarda Internet: Mosca ha minacciato di lasciare l’Ucraina senza Rete, ed Elon Musk è intervenuto garantendo i collegamenti super veloci della sua Starlink.

Ma c’è un conflitto ulteriore in una zona meno emersa del settore tecnologico: è la cyber guerra. Il cui testimone più celebre è finora Anonymous, il celebre collettivo di hacker.

La cyber guerra di Anonymous

Anonymous si è subito apertamente schierato dalla parte della popolazione assediata. E così, in queste ultime ore sta colpendo obiettivi russi o bielorussi. Mandando in tilt siti governativi, ma anche di media e di aziende. Tra le azioni più clamorose, il blocco al sito di Gazprom, l’hackeraggio ai siti del Ministero della Giustizia e dell’Energia russi e la diffusione di 40.000 documenti attribuiti all’Istituto di sicurezza nucleare di Mosca.

Inoltre, il collettivo ha rilasciato dichiarazioni indubbiamente esplicite: “Anonymous non è in guerra con la Russia. Siamo in guerra contro Putin. Il popolo russo non sostiene la guerra di aggressione di Putin contro il popolo ucraino.”

A ben vedere, la cyber guerra tra Russa e Ucraina è ben precedente alla data di giovedì 24 febbraio, giorno dell’invasione.

È almeno dal 2014 che Kiev è sotto attacco informatico da parte della Russia: furti di dati e manomissioni. Per non parlare dei tentativi di bloccare l’accesso alle fonti di informazioni più attendibili (a cui si affianca la diffusione sempre più fitta di fake news).

L’attuale cyber guerra

Ma da quando l’Ucraina è stata invasa, la cyber guerra è diventata una questione di portata globale.

Globale e alla luce del sole, al punto che domenica 27 febbraio in un tweet il vice primo ministro ucraino Mykhailo Fedorov, con delega alla trasformazione digitale, ha letteralmente scritto: “Stiamo creando un esercito IT. Siamo in ricerca di talenti digital.”

Le adesioni sono già più di 100.000, e sono pronti il logo e il canale Instagram. Il doppio obiettivo dell’esercito è di contrastare i cyberattacchi russi e garantire i servizi informatici alla cittadinanza ucraina.

La cyber guerra si allarga

La cyber guerra sta allargando i propri confini. È quanto ad esempio ha segnalato la redazione di Open, vittima di un attacco hacker nella giornata del 26 febbraio.

Leggiamo in un articolo di Open: “Il conflitto digitale, oggi più che mai, non va inteso e considerato solo tra i due principali protagonisti del conflitto, Russia e Ucraina. Quello che è successo oggi a Open non è stato un caso, a seguito dello scoppiare del conflitto armato siamo stati oggetto di diversi attacchi di diversa entità, che ci hanno fatto intuire la possibilità concreta di un affondo da parte dei pirati informatici.

È successo questa mattina, rendendo impossibile la pubblicazione degli articoli per almeno un’ora. Un duro colpo proveniente da più server dislocati in tutto il mondo, in larga parte dal continente asiatico e in particolare dalla Cina, oltre che dalla stessa Russia”.

I rischi per il nostro Paese

La cyber guerra si consuma nell’etere. E, come è successo per Open, i rischi aumentano per tutti.

Fotografa la situazione italiana Marco Ramilli, Ceo di Yoroi, società italiana che lavora nella cybersecurity. Intervistato da Repubblica, Ramilli ha detto: “Prima della crisi Russia-Ucraina le minacce erano soprattutto ransomware mirate al tessuto imprenditoriale italiano. Quindi non alle grandi banche, non ai sistemi finanziari o a quelli farmaceutici come accadeva invece anni fa.

Con quello che sta accadendo la situazione è cambiata perché si sono create delle fazioni nel cyberspazio che si stanno combattendo tra di loro e, cambiando le minacce, cambiano anche gli obiettivi. Oggi quelli principali sono le infrastrutture critiche: acquedotti, gasdotti, raffinerie e organizzazioni che erogano e distribuiscono energia.”

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