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Fare la domanda giusta: come usare ChatGPT evitando di ricevere le risposte che non vogliamo

La nostra recensione

Qualcuno tra voi lettori ha mai sentito parlare di ChatGPT? Scherziamo, naturalmente: a ormai più di un anno dalla sua introduzione, si è detto di tutto e il contrario di tutto sulla più famosa (almeno per ora) intelligenza artificiale generativa di testi.

Ma tra chi la demonizza e chi prevede sia la salvezza dell’umanità, in quanti – esclusi gli addetti ai lavori – la sanno davvero maneggiare con perizia? Andando al concreto: quanti tra i tantissimi che ormai hanno provato almeno una volta a dialogare con ChatGPT lo hanno fatto nel modo più pertinente? E ancora: quanti conoscono la varietà di ambiti in cui il software di OpenAI può davvero fornire un notevole aiuto?

Sono tutte domande a cui provano a rispondere Sergio Sentinelli e Alessandro Placa. Che per Apogeo hanno scritto Fare la domanda giusta. L’arte di lavorare con ChatGPT e le AI, volume uscito nel gennaio del 2024. Addentriamoci nell’opera.

Fare La Domanda Giusta Copertina

Gli autori

Prima, come nostra consuetudine, un cenno ai due autori.

Sergio Sentinelli è ingegnere informatico e project manager, coordinatore di team di sviluppo software ed esperto in problem solving. Ha affrontato temi legati all’intelligenza artificiale in diversi ambiti, come il rischio sismico e l’ottimizzazione dei magazzini industriali.

Alessandro Placa, laureato in International Business Management, ha maturato un’esperienza in ambito digital marketing e sales. Ha sviluppato processi e soluzioni caratterizzate dall’uso dell’intelligenza artificiale applicata a database relazionali. Collabora con il Gruppo Guanxi utilizzando l’IA per facilitare la digitalizzazione delle PMI italiane.

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Fare la domanda giusta

Più di una teoria della comunicazione insegna che in un dialogo la responsabilità è sempre a carico del mittente.

Il concetto, all’apparenza ovvio, è cruciale. Significa che non ci si dovrebbe mai lamentare di aver ricevuto la risposta che non desideravamo, o che consideriamo sbagliata. Tocca semmai a noi, anzitutto, dare all’interlocutore gli elementi per fornire una risposta adeguata.

Un dialogo, poi, non è mai statico, ma va affinandosi scambio dopo scambio. Cosa che, appunto, consente di avvicinarsi sempre di più all’obiettivo. E questi sono già due elementi che, spiegano gli autori di Fare la domanda giusta, dovrebbero essere sempre considerati da chi inizia una sessione con ChatGPT. Ma da soli non bastano.

Il prompt ottimale

Le due pagine auree di Fare la domanda giusta sono forse la 15 e la 16, che sintetizzano l’atteggiamento da adottare prima di inviare una richiesta (prompt) a ChatGPT, e una volta ottenuta una prima risposta.

Va da sé che per prima cosa bisogna avere chiaro l’obiettivo (cosa si desidera ottenere, e addirittura in quale stile). Bisogna poi elaborare una richiesta la più esaustiva possibile, ed eventualmente aggiungere dettagli che sono stati omessi o a cui il software non ha dato particolare risalto. È un dialogo: non bisogna, anzi non si può, pretendere la risposta perfetta al primo colpo.

E poi, fondamentale, il controllo di ciò che ChatGPT ha prodotto. Senza mai dimenticarsi che una macchina, proprio come un umano dialogante, può sbagliare. Abbiamo letto cosa è accaduto a professionisti di vari ambiti che, senza neppure rileggere l’elaborato restituitogli dal chatbot, hanno confidato nella sua esattezza (e in alcuni casi lo hanno esibito come documento legale).

Il refining

È quanto gli autori di Fare la domanda giusta chiamano refining della risposta.

Anche se, con tutta evidenza, una prima risposta sarà tanto più circostanziata quanto noi saremo stati chiari, precisi ed esaustivi nel fornire le informazioni, è molto probabile che occorra aggiungere dettagli.

Ecco allora che Sentinelli e Placa ci spiegano come la prima risposta possa essere ridotta o ampliata, e si possa inoltre modificare la prospettiva o aggiungere elementi di contesto.

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Gli esempi concreti

Nella seconda e più cospicua parte, Fare la domanda giusta entra nel concreto, mostrando con esempi il virtuoso utilizzo di ChatGPT per avvocati, commercialisti, architetti, digital marketer, docenti e nutrizionisti.

Proprio perché l’ultima professione può sembrare bizzarra, analizziamo l’esempio portato. Si chiede a ChatGPT di sviluppare un piano alimentare settimanale personalizzato. Dopo una prima risposta, si domanda al software quali altre informazioni permetterebbero di creare un piano alimentare più mirato. Una volta ricevuti i suggerimenti (tra le altre cose, il chatbot suggerisce di approfondire su condizioni fisiche e sportive, eventuali preferenze e intolleranze alimentari…) ChatGPT riformula un piano più preciso. Infine, si chiede di aggiungere l’apporto calorico di ogni pasto, e di aumentare la variabilità dei pasti.

Ecco fatto: perché un buon dialogo dia i suoi frutti, c’è bisogno di interlocutori capaci di spiegare, ascoltare e, se necessario, modificare almeno in parte il proprio punto di vista iniziale.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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