Il 2008 per i Baustelle è stato l’anno della maturità. Dopo tre dischi che li hanno consacrati come fenomeno di spessore per testi e delicatezza sonora, raccontando principalmente dinamiche adolescenziali e disagi giovanili, il trio di Montepulciano pubblica in quell’anno Amen. Un album intriso di disprezzo e senso critico verso il modello sociale contemporaneo. La traccia numero 10, quella di cui parleremo oggi, si chiama Alfredo, una canzone carica di significato storico, immersa da cima a fondo negli anni ‘80 italiani, nella quale i Baustelle ci raccontano la tragica storia del piccolo Alfredino Rampi.
Divenuto celebre come Incidente del Vermicino, la vicenda realmente avvenuta di Alfredo Rampi ha tenuto sulle spine ed emozionato l’Italia intera. Non solo: l’avvenimento ha dato il via alla così detta “TV del dolore”, quel meccanismo ben oliato che oggi ben conosciamo, fatto di dirette sui luoghi delle tragedie e di interviste emotive ai familiari delle vittime. Ma le cose, nel 1981, dovevano andare diversamente.
L’Incidente del Vermicino: la drammatica storia di Alfredino Rampi
Un pezzetto bello tondo di cielo d’estate sta sopra di me
Non ci credo, lo vedo restringersi
Conto le stelle, ora
Il 10 giugno 1981 la famiglia Rampi – composta da mamma Franca, papà Ferdinando e dai piccoli Alfredo (detto Alfredino, 6 anni) e Riccardo (2 anni) – era in vacanza presso la loro seconda casa, non lontano da Frascati (Roma). Giunta sera i genitori si accorsero che Alfredo non aveva fatto rientro a casa, e dopo aver atteso invano il ritorno del bambino, alle 21:30 allertarono le forze dell’ordine.
Subito dopo la scomparsa, Alfredo venne rintracciato: era caduto in un pozzo artesiano, largo solo 28 centimetri, e profondo ben 80 metri. Il bambino si trovava alla profondità di circa 30 metri, era vigile, e chiedeva aiuto. I soccorsi si misero all’opera in piena notte e il comandante dei Vigili del Fuoco, Elviro Pastorelli, rassicurò tutti che le operazioni di recupero si sarebbero concluse nel giro di poche di ore. La Rai, che fino a quel tempo per decoro e rispetto si era sempre astenuta dal proporre dirette di avvenimenti tragici, cominciò una tre giorni di dirette non-stop attraverso i suoi tre canali, sicura di poter trasmettere live il successo delle operazioni di salvataggio.
Tanta la rilevanza mediatica che sul posto arrivò anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. La storia ci racconta come andò a finire: il tunnel nel quale cadde Alfredo era troppo stretto per calarvisi, le operazioni per scavare un pozzo parallelo si complicarono. Il terreno era argilloso, i mezzi non erano adeguati e le oscillazioni degli scavi fecero scivolare Alfredino fino all’irraggiungibile profondità di 60 metri.
Nel frattempo la Rai mise a disposizione i propri mezzi, calando un microfono nel pozzo per poter comunicare con Alfredino, la cui voce diventava più flebile ad ogni ora. Per rassicurare il bambino, spaventato ma cosciente, i soccorritori gli dissero che “Jeeg Robot d’Acciaio stava arrivando per salvarlo”. Al secondo giorno fu chiaro che l’unico modo per raggiungere il bambino era calarsi nell’angusto pozzo, a testa in giù, e con uno spazio di manovra di soli 28 centimetri.
Il luogo dell’incidente si trasformò in un circo di nani, contorsionisti, curiosi e persone esili: tutti volevano scendere giù, ma nessuno ci riuscì. Ci provarono in molti, tra cui anche il sardo Angelo Licheri, chiamato l’Uomo Ragno (dettaglio importante per comprendere il significato di Alfredo dei Baustelle). Licheri riuscì anche ad afferrare il polso del ragazzo, ormai quasi inerme, ma nel farlo glielo spezzò.
La Rai continuò imperterrita a coprire l’evento, sicura di un lieto fine, fino al tragico annuncio della morte di Alfredino, che oramai non dava più segni di vita.
“Volevamo vedere un fatto di vita, e invece abbiamo visto un fatto di morte”
Il giornalista Pietro Badaloni dirà che quello era stato “il primo vero reality show della televisione italiana, un reality show della morte”. Analogo anche il commento di Emilio Fede, che dichiarò: “Ammesso che ce ne fossero le condizioni, se quel giorno fosse avvenuto un colpo di Stato, la gente avrebbe risposto: ‘Va bene. Però prima lasciami vedere che succede a Vermicino”.
L’edizione del TG1 del 13 giugno si aprì con la dichiarazione più vera che un giornalista abbia mai fatto in diretta TV, e a farla fu Giancarlo Santalmassi, che con un tono d’imbarazzo disse:
“Volevamo vedere un fatto di vita, e invece abbiamo visto un fatto di morte. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo, 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi”. Ma quel vaso di Pandora era ormai stato scoperchiato. L’era della TV del dolore, dell’intervista al parente della vittime, del giornalista ad un passo dalla tragedia, era appena cominciata. Una dinamica televisiva spietata, raccontata anche dalla canzone Cattiva di Samuele Bersani (di cui parleremo in un prossimo episodio di Dentro la Canzone)
Il significato di Alfredo dei Baustelle: il testo
Tutta questa gente ha già capito che ho sbagliato
Sono scivolato
Son caduto dentro il buco
La canzone dei Baustelle, scritta dal cantante della band Francesco Bianconi, si presenta come una sorta di filastrocca. La melodia andante, e il testo in prima persona, ci lasciano intuire che a parlare è proprio Alfredo. Il bambino vede “un pezzetto tondo di cielo d’estate che comincia a restringersi” e non può fare altro se non contare le stelle. Poi avverte i suoni dei primi soccorsi: “sento tutte queste voci, tutta questa gente ha già capito che ho sbagliato, sono scivolato. Son caduto dentro al buco”.
A Woytila e alla P2
A tutti lo mostrò
A Forlani e alla Dc
A Pertini e Platini
A chi mai dentro di sé
Il vuoto misurò
Nei ritornelli, che a differenza delle strofe sono molto meno filastroccheggianti, la melodia è più ampia. Bianconi elenca una serie di personalità di quel 1981: da Papa Woytila a Platini, dalla P2 (in Italia era appena scoppiato lo scandalo della loggia massonica) alla DC. Il senso che Bianconi ci restituisce è che tutti, per quanto potenti possano essere, si ritrovarono impotenti davanti alla morte del piccolo Alfredino.
Padre Nostro, con la terra in bocca non respiro
La tua volontà sia fatta
Non ricordo bene, ho paura
Sei nei cieli?
Nella seconda strofa la canzone ci narra l’ineluttabile e tragica morte del bambino, sempre in prima persona. Alfredo ci racconta di come “scivola nel fango gelido”, e quel cielo della prima strofa ormai quasi non lo vede più. Poi vede un soccorritore, l’Uomo Ragno, che gli spezza il polso. Ormai spaventato, dolorante e confuso, Alfredo comincia a pregare senza ricordare le parole delle preghiere. Prova a recitare un Padre Nostro, ma con la terra in bocca, ormai, quasi non respira più.
Ad Alfredino Rampi. A mamma Franca. A chi mai, dentro di sé, il vuoto misurò.
- Bacci, Andrea (Autore)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API