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Hackerato il sito di Luigi Di Maio

Rimanda alla pagina di un casinò

Le elezioni politiche dello scorso 25 settembre hanno dato esiti in parte clamorosi.

Tra i risultati più eclatanti c’è indubbiamente il flop di Impegno Civico, il partito fondato da Luigi Di Maio. Che, pur puntando a superare la soglia di sbarramento del 3%, si è attestato appena allo 0.6%.

Ora. È vistoso come il periodo immediatamente successivo alle elezioni abbia portato conseguenze e cambi di atteggiamento anche radicali. Si pensi ad esempio – in campagna elettorale – all’uso spericolato dell’app del momento, TikTok, da parte dei maggiori leader politici. Su cui spesso si è ironizzato, per una palpabile mancanza di confidenza con lo strumento.

Diverse analisi hanno mostrato come, subito dopo il 25 settembre, il social cinese sia stato praticamente abbandonato dalla stragrande maggioranza degli esponenti di spicco dei partiti.

Ma le ultime elezioni, dicevamo, segnano il rapidissimo compimento, non sappiamo se definitivo, della parabola politica dell’appena trentaseienne Luigi Di Maio. Che, ministro a soli 32 anni, si trova ora fuori dal Parlamento. E il suo Impegno Civico, nato ad agosto, non esiste già più.

meme di maio conte

Il sito di Di Maio hackerato

A certificare l’attuale marginalità in cui è confinato l’ex capo del Movimento 5 Stelle c’è anche un fatto curioso. Il sito di Luigi Di Maio è stato hackerato, e riporta a un casinò online.

O meglio, riportava. Perché, da quando la notizia è stata resa pubblica, qualcuno evidentemente è intervenuto. E, almeno mentre stiamo redigendo l’articolo (nella mattina di lunedì 17 ottobre), cliccando sul sito www.luigidimaio.it appare la didascalia “Sito web in manutenzione”.

Un’azione non recentissima

C’è un ulteriore dato che testimonia la perduta centralità politica dell’ex leader del M5S.

Uno dei primi ad accorgersi dell’hackeraggio è stato Matteo Flora, esperto in cybersecurity e presidente dell’associazione no profit PermessoNegato, da noi citata in diversi articoli.

Flora, con un linguaggio forse non raffinatissimo, ha scritto in un tweet del 15 ottobre: “Per giudicare la competenza informatica dell’attuale classe politica: si sono sfondati il sito di @luigidimaio. Sa Dio da quando. E nessuno se ne è accorto… Tanto che il testo immesso è finito indicizzato su Google, come voleva l’attaccante”.

Il sito hackerato e la scomparsa di Di Maio dalla Rete

Il sito di Di Maio hackerato mette in evidenza almeno due questioni ben distinte.

La prima, cui abbiamo già accennato, è la rapidità con cui la politica può elevare e, col mutare delle contingenze (oltre che, naturalmente, a seconda della capacità di rivestire con autorevolezza il ruolo assegnato), gettare nel dimenticatoio.

Al punto che, come ha scritto Flora, nessuno sa dire da quanto tempo il sito di Di Maio avesse subito un attacco hacker.

Nel caso dell’ex ministro degli Esteri, poi, già prima delle elezioni sul web si erano scatenati memi sarcastici. Che facevano leva sul modo un po’ estemporaneo con cui Luigi Di Maio ha avuto un’ascesa irresistibile e fulminea, non sempre dimostrando un’impeccabile preparazione (piuttosto celebri alcune sue gaffe in vari ambiti dello scibile).

Di certo fa scalpore l’improvvisa scomparsa di Di Maio da tutti i social, da TikTok a Facebook (dove Di Maio aveva 2,4 milioni di follower). Ma lasciare che il proprio sito personale “si trasformi” in casinò, è parso un davvero un eccesso di noncuranza.

I politici e l’alfabetizzazione informatica

Tuttavia nel suo tweet Matteo Flora – da esperto in cybersecurity – sottolinea anche la vulnerabilità di siti che, rappresentando politici di primo piano, dovrebbero godere di ben altra solidità.

Ciò a cui Flora si riferisce nel tweet è che, per diverse ore, digitando su Google “Luigi Di Maio”, effettivamente compariva una stringa che riportava a un casinò on line. Le parole erano le seguenti: “Gratowin casino Italia. Se stai cercando il miglior casinò online in Italia, buona fortuna con te Il nostro casinò online è uno dei più grandi casinò con un…”

La noncuranza della sicurezza informatica è diffusa nella classe politica. È ad esempio recente, passando a un altro ex ministro, un videocollegamento de La7, in cui Maurizio Gasparri parla da dietro un tablet, sul cui dorso appare in bell’evidenza una password scritta su un pezzo di scotch.

Il problema della sicurezza informatica in Italia

Nel migliore dei mondi possibile, i politici dovrebbero essere un esempio. Di rettitudine morale, certo, ma anche di civismo.

L’Italia è il Paese in Europa più colpito da ransomware, con il 58% delle aziende coinvolte. E ci stupiamo che la password più utilizzata nel 2022 sia ancora 123456.

Ma se politici di primo piano lasciano incustodito il proprio sito personale, e altri salvano le credenziali con metodi da preistoria informatica, vuol dire che la strada verso la consapevolezza di quanto sia importante la sicurezza informatica è ancora lunga.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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