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Dentro la Canzone: la storia di God Save The Queen, l’inno anarchico dei Sex Pistols

Da inno inglese a inno anarchico.

Per uno strano e perverso gioco del destino, l’uscita italiana di Pistol – serie sui Sex Pistols diretta da Danny Boyle di cui trovate la nostra recensione qui – è coincisa con la morte della regina Elisabetta II. Così, in questo nuovo episodio di Dentro la Canzone, abbiamo deciso di raccontarvi la storia e il significato di God Save The Queen, controverso e polemico brano della band che ha “inventato” il punk britannico nella seconda metà degli anni ’70.

La canzone, il cui titolo riprende l’inno nazionale britannico, è paradossalmente diventato un inno per un’intera sottocultura: quella punk. Giovani ribelli che ripudiavano qualsiasi forma di istituzionalità, proponendo con atti provocatori – e spesso violenti – per far sentire la propria voce.

In sostanza God Save The Queen parla della ribellione giovanile alla classe politica britannica. Molti giovani, in quel turbolento 1977, faticavano a sentirsi rappresentati dall’ormai obsoleto sistema monarchico inglese. Si sentivano alienati, e la regina Elisabetta era la personificazione di quel sistema. In tal senso il brano, in modo assolutamente provocatorio, punta a deridere l’establishment.

Il significato di God Save The Queen

God save the Queen
The fascist regime

La canzone si apre con un attacco non troppo velato alla monarchia britannica: “Dio salvi la regina, il regime fascista”. In realtà lo stesso Johnny Rotten, frontman dei Sex Pistols, ha spiegato che le intenzioni del brano non erano quelle di attaccare personalmente la regina Elisabetta. In un’intervista a Rolling Stone il cantante ha dichiarato “Stavo esprimendo il mio punto di vista sulla monarchia in generale e su chiunque implori senza motivo. Questo è inaccettabile per me. Devi guadagnarti il ​​diritto di invocare la mia amicizia e la mia lealtà.” In un’altra intervista ha poi aggiunto: “Non scrivi una canzone come God Save The Queen perché odi il popolo inglese. Scrivi una canzone del genere perché lo ami e sei stufo di vederlo maltrattato”.

Nel riferirsi alla Regina, Rotten canta “She ain’t no human being”. Una frase che rimarca il simbolo della Sovrana britannica. Come se la sua immagine fosse quella di un pupazzo sul trono che simboleggia il potere, più che di un essere umano in carne e ossa. Questo concetto viene rimarcato nella seconda strofa, quando il testo recita: “And our figurehead is not what she seems”. La regina Elisabetta II, infatti, deteneva teoricamente e formalmente un potere immenso, ma in pratica non poteva esercitarne alcuno (e se anche ci avesse provato, il parlamento inglese avrebbe dovuto legiferare in merito alle sue decisioni).

La frase “There’s no future in England’s dreaming”, che chiude la prima strofa, potrebbe riferirsi al concetto stesso di monarchia, che risulta obsoleto agli occhi dei giovani degli anni ’70, sebbene sia alla base della società britannica. Non c’è futuro in una società che vive venerando un modello del passato. Va sottolineato, inoltre, che No Future era il titolo originale del brano. Questo verrà poi cambiato su consiglio di Malcom McLaren, sempre con lo finalità scandalistiche.

La canzone si chiude ripetendo e urlando ossessivamente le parole “No future”: nessun futuro. Due parole che racchiudono al meglio il nichilismo punk dei Sex Pistols.

God Save The Queen esce in occasione del Giubileo d’argento della regina

Il brano esce ufficialmente il 27 maggio del 1977, e rappresenta il secondo singolo ufficiale dei Sex Pistols, che meno di un anno prima aveva pubblicato Anarchy in the UK. Una scelta temporale non casuale, dato che nel giugno del ‘77, mentre i primi movimenti punk si facevano strada nei quartieri meno brillanti di Londra, la capitale inglese si preparava a festeggiare The Queen’s Silver Jubilee, il Giubileo d’argento per commemorare i 25 anni di Elisabetta II sul trono inglese.

Contrariamente a quanto si crede però, i Pistols hanno sempre negato qualsiasi correlazione tra i due eventi. “Non è stata scritta specificatamente per il Giubileo della regina. Non eravamo informati di questo all’epoca” spiegherà il batterista Paul Cook in un’intervista anni dopo.

Ciò che però è certo è che i Pistols, con il loro manager Malcom McLaren che ne tirava le fila, sfruttarono la coincidenza per mettere in scena ciò che sapevano far meglio. La musica? No: provocare. Con il suo tipico approccio situazionista, McLaren chiede alla Virgin Records di noleggiare una barca sul Tamigi. L’idea è quella di tenere un concerto sull’acqua, a pochi passi da Palazzo Reale di Westminster, suonando a tutto volume il controverso brano. Così facendo si poteva aggirare il divieto imposto ai Pistols di suonare sulla “terraferma”.

Il 7 giugno 1977 la barca, con a bordo la band e l’entourage rigorosamente vestito di borchie comprate al negozio SEX, navigò le acque del Tamigi. La band riuscì a suonare solo pochi brani – tra cui anche God Save The Queen – prima di essere fermata dalle autorità britanniche, le quali arrestarono Malcom McLaren e altre 10 persone.

Quella copertina divenuta iconica, omaggi e cover celebri

L’iconica copertina originale di God Save The Queen consiste in una foto della regina con una spilla da balia sul labbro, una scelta pensata per far arrabbiare ancora di più i monarchici. La copertina in questione è stata realizzata da Jamie Reid, che conosceva Malcom McLaren dai tempi del Croydon College of Art. Il lettering, aggiunto nelle versioni successive, è stato progettato per assomigliare a una richiesta di riscatto. Un’idea, questa, che sarebbe stata successivamente ripresa da molte altre band punk.

Il riff e i primi due versi di God Save The Queen sono udibili nel finale del brano Fegato Spappolato di Vasco Rossi. Il cantautore di Zocca non è però l’unico italiano ad aver proposto un omaggio al brano. Enrico Ruggieri ha infatti inciso una sua cover della canzone, contenuta nel disco di tributo alla musica punk chiamato Punk Prima di Te (2004).

Tra i nomi internazionali che hanno registrato una cover spiccano invece i Motörhead, del compianto Lemmy Kilmister. Anche la copertina dell’album è un tributo al singolo originale dei Sex Pistols. Questa versione è stata rilasciata nel 2002, in concomitanza con il Queen’s Golden Jubilee, che ha celebrato il 50° anno sul trono della regina Elisabetta.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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