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Il Dolce forno: una generazione di mini cuochi. La macchina del tempo

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Forse il boom economico del secondo dopoguerra, e il consumismo degli anni Ottanta del secolo scorso, ci hanno inebriato fin troppo. Molti hanno speso oltre le proprie reali possibilità, e anche per quanto riguarda l’alimentazione c’è stata una rincorsa a stipare i frigoriferi di qualsivoglia alimento.

L’abbondanza e varietà dell’offerta, e la presenza sempre più massiccia – in negozi e supermercati – di cibi confezionati (spesso ricchi di coloranti e conservanti non esattamente salutari), hanno messo a serio rischio il nostro peso corporeo.

Ma ecco che due preziosi strumenti sono stati introdotti sul mercato per ridurre la nostra inclinazione alla sovralimentazione. Di uno, la macchina per fare il gelato in casa, vi abbiamo già parlato.

Oggi ci tocca raccontarvi del suo antagonista (e predecessore): il Dolce forno.

Il Dolce forno

Il Dolce forno, ma chi non lo sa?, era un forno giocattolo che mimava i forni veri e propri. Con una piccola differenza rispetto agli altri giochi che i bambini di casa adoperavano per imitare la mamma che preparava i pasti. E non diciamo mamma per sessismo, ma perché qualche decennio fa era davvero raro vedere figure maschili all’opera tra i fornelli. La differenza era che il Dolce forno funzionava davvero!

Il gioco era composto, oltre che dal forno medesimo, da un mattarello, tre formine, un misurino e soprattutto un manuale di ricette. Il minimo kit per diventare cuochi provetti, insomma. Anche se non sempre gli altri componenti della famiglia erano sicuri di voler abbandonare il proprio panettiere e pasticcere di fiducia.

Origini del Dolce forno: la Harbert

Si fa per scherzare, come spesso accade in questa rubrica. Sulla qualità delle ricette provenienti dal Dolce forno parleremo più avanti.

Ora occorre sapere che il giocattolo (perché tale era) è stato messo in commercio dalla Harbert di Milano nel 1974. Ed è rimasto in commercio, prodotto anche da altri marchi, per una ventina d’anni. Vale la pena di spendere due parole in più su questa azienda, la Harbert, attiva dagli anni Settanta ai Novanta del Novecento e poi assorbita dalla Giochi Preziosi.

La Harbert ha portato nel nostro Paese avveniristiche novità: oltre al Dolce forno, il Dolce gelato. E poi una serie di mirabilia provenienti dagli Stati Uniti: dal proiettore Festacolor alle Action Figures dei supereroi DC Comics e Marvel, nonché di Guerre Stellari.

Resta da capire perché un’azienda così votata alla modernità abbia proposto sul mercato italiano il Dolce forno con un packaging già vecchio di quindici anni. La bambina che nel fronte della scatola dice (con tanto di fumetto) “Oggi cucino io!” era già nonna ai tempi dell’uscita del prodotto, e i testi sembravano quelli di un volantino ciclostilato della sinistra extraparlamentare.

Ma forse la mossa di marketing era quella di dire al pubblico: signore e signori, ecco un prodotto che strizza all’occhio alla tradizione.

Il Dolce forno e i suoi esiti

Cosa si poteva cucinare, col Dolce forno? Domanda retorica: tutto ciò che si può cucinare in un forno. Dunque dolci, biscotti ma anche pizza e addirittura pane.

Per quanto si possa essere ottimisti e fantasiosi, cari lettori, si trattava pur sempre di un fornetto elettrico giocattolo. Nelle pubblicità dell’epoca, si vedevano bambine (vale lo stesso discorso fatto per la parola mamme) mostrare dolcetti da alta pasticceria francese. In verità, il dolce forno poteva produrre piccoli e semplici dolci, che – se un genitore aveva la pazienza di supervisionare tutte le operazioni – potevano anche sortire non troppo bruciati, non troppo sbilanciati negli ingredienti, non troppo ostici da gustare.

I guai domestici capitavano nelle famiglie libertarie, in cui madre e padre concordavano nell’idea di un’emancipazione precoce dei figli.

In quel caso, i possibili esiti erano due. Il meno dannoso, era un prodotto alimentare dalla forma e dalla consistenza indicibili, che nemmeno il più affettuoso dei nonni si sarebbe mai azzardato ad assaggiare.

Ma non era esclusa la possibilità che figli particolarmente inclini alla sperimentazione facessero esplodere il Dolce forno o causassero il black-out dell’intero quartiere.

Scherzi a parte, va detto che nella confezione campeggiava l’avviso per cui il giocattolo avrebbe dovuto essere usato dai bambini soltanto assieme a un adulto.

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Dal Dolce forno ad Alexa

Sembra davvero che certi oggetti, come il Dolce forno, fossero figli di un’epoca allo stesso tempo ingenua e curiosa. In cui la tecnologia iniziava a essere immaginata come un elemento al crocevia tra la reale utilità e l’intrattenimento.

Forse, e chissà se non staremo esagerando, senza giocattoli come il Dolce forno oggi non avremo gli assistenti personali domestici.

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