Negli anni Ottanta del secolo scorso ci siamo evidentemente trovati a corto di cuochi.
Non abbiamo statistiche alla mano che confermino la nostra tesi: siamo giunti a questa conclusione riflettendo sulla quantità di giocattoli che consentivano ai giovani e giovanissimi di produrre tra le mura domestiche i più svariati alimenti.
Nessun over quaranta dimentica la macchina per fare il gelato a casa. Oppure, prodotto destinato ai soli virtuosi, il Dolce forno. Non siamo sicuri che la qualità delle leccornie prodotte fosse da Gambero Rosso, ma insomma: una delle attività ludiche dei ragazzi di quegli anni era l’arte culinaria, almeno nelle sue declinazioni basilari.
Dolce popcorn (e forno, e gelato)
Ebbene, in quel giro di anni in molte delle nostre case è entrato anche Dolce popcorn.
Chi ha colto la similitudine onomastica con Dolce forno non si sbaglia: si trattava infatti di una serie di giochi che avrebbero permesso ai nostri figli di conquistare l’autonomia in cucina, fare fagotto e andarsene di casa.
Scherzi a parte, esisteva anche Dolce gelato (e, udite, Dolce granita). Erano tutti distribuiti della Harbert, che nonostante il nome ingannevole è stata un’industria italianissima, con sede a Milano. E che, all’inizio degli anni Novanta, è stata assorbita da Giochi Preziosi.
Harbert ha avuto l’intuizione di portare in Italia diversi giochi di culto che già furoreggiavano negli Stati Uniti. Ricordiamo ad esempio il proiettore Festacolor o le Action Figures dei supereroi DC Comics e Marvel, e dei personaggi di Guerre Stellari.
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Le origini e la storia di Dolce popcorn: due misteri
E qui, è raro che ci succeda, dobbiamo alzare bandiera bianca. Perché, se di Dolce forno conosciamo l’anno in cui è stato messo in commercio (1974) e un minimo della sua storia, la rete è straordinariamente avara di notizie su Dolce popcorn.
Dopo una serie di ricerche incrociate, e verificando anche sui vari portali in cui il prodotto vintage è messo in vendita, ci sentiamo di datare Dolce popcorn tra la fine degli anni Settanta e gli inizi dell’Ottanta del Novecento.
La confezione
Stupisce, nelle varie edizioni messe in commercio in Italia negli anni, una caratteristica comune. La confezione di Dolce popcorn presentava una grafica irrimediabilmente démodé: nelle immagini dei bambini che campeggiavano sulla scatola (ritagliate alla meglio), in quello che oggi si chiama font e nelle scelte cromatiche. L’estetica da DDR veniva confermata dallo stesso oggetto contenuto all’interno.
Le ipotesi più plausibili sono due: o Harbert importava con qualche anno di ritardo i prodotti dagli Usa, e quindi il design rispecchiava quello degli anni Sessanta-Settanta. Oppure era una strategia di marketing: alla fine dei turbolenti anni Settanta del secolo scorso, un gioco che invitava i giovani – anziché a pensare alla rivoluzione – a stare a casa a preparare popcorn, doveva pur poggiare su un’estetica tradizionalista.
Il funzionamento
Qui siamo di nuovo in difficoltà con voi, lettori, perché in rete non ci sono notizie.
È facile pensare che Dolce popcorn funzionasse come ogni semplice strumento domestico per la produzione di questo ghiotto alimento. Bisognava procurarsi i semi di mais, da introdurre nella macchina dopo averla fatta riscaldare. Il resto dell’operazione? Una volta inseriti i tappi nelle orecchie per non rischiare la sordità, si attendeva semplicemente che i popcorn fossero pronti. Non restava che salare a piacimento, e decidere davanti a quale programma televisivo sgranocchiarli.
Ebbene sì, iniziava allora l’epoca dei prodotti smart per la casa, che facevano, come oggi fanno, risparmiare tempo e fatica. Mai più disastri con le pentole che schizzavano olio bollente, insomma. Ma anche molta meno poesia, va aggiunto.
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I popcorn e gli anni Ottanta del Novecento
La nostra sensazione è che il successo, breve ma intenso, di Dolce popcorn negli anni Ottanta del Novecento abbia davvero motivazioni storiche e sociali, a cui accennavamo scherzosamente prima.
Era l’epoca in cui il profondo impegno politico che aveva caratterizzato i due decenni precedenti stava lasciando posto a quello che sarebbe stato poi chiamato riflusso. E ai disimpegnati anni degli yuppies e dei paninari.
Preparare tra le proprie mura lo snack visto e rivisto in una quantità di leggerissimi film americani, e consumarlo spaparanzati sul divano, è un’immagine rappresentativa del periodo.
Aggiungiamo che tutti i giochi che consentivano a bambini e ragazzi di cimentarsi in cucina, erano lo specchio di una società in cui i giovanissimi imitavano gli adulti, perché sognavano di essere come loro. Ora il rapporto sembra essersi invertito, ma non pensiamoci e prepariamoci qualche popcorn.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API