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La Cina compra un’azienda italiana di droni militari. E il Governo apre un’indagine

L’acquisizione della società sarebbe avvenuta senza le dovute autorizzazioni

Lo avevano anticipato diversi quotidiani all’inizio di settembre, e lo ha rilanciato il Wall Street Journal lunedì 15 novembre arricchendo la notizia di ulteriori particolari.

Nel 2018 una società cinese controllata dallo Stato ha acquistato il 75% di un’azienda che produce droni militari italiani, Alpi Aviation. E lo avrebbe fatto aggirando i controlli a tutela delle attività di alcuni comparti strategici, tra i quali è inclusa la sicurezza nazionale.

A settembre era stato messo in risalto che la Guardia di Finanza stava indagando per i prezzi gonfiati dell’operazione. E si sapeva solo che si trattava di una rete di aziende “riconducibili a due importanti società di proprietà del governo nella Repubblica popolare cinese”.

Le indagini condotte su richiesta della Procura di Pordenone avevano portato all’arresto di sei persone, tre cinesi e tre italiane. L’accusa era di “violazione alla legge sui materiali d’armamento e violazioni alla normativa sul Golden power che tutela le aziende italiane strategiche”.

Oggi sono venuti alla luce altri aspetti della vicenda. Vediamo quali.

La Cina acquista un’azienda di droni militari italiani

Nel 2018 una società registrata a Hong Kong ha acquistato il 75% di Alpi Aviation, che produce droni militari italiani.

Il forte sospetto è che dietro l’azienda privata ci sia la Cina, che acquisterebbe così, seppur indirettamente, indirettamente delle nuove tecnologie.

Infatti l’azienda di Hong Kong, Mars Technology, sarebbe riconducibile a China Corporate United Investment Holding (CCUI) e CRRC Capital Holding. E i due gruppi, a loro volta, riporterebbero alla società pubblica cinese Management Committee of Wuxi Liyuan Economic Development Zone e alla SASAC.

I tempi dell’operazione non sono del tutto chiari. Si presume che l’acquisizione sia avvenuta nel periodo di transizione tra il governo Gentiloni e il governo Conte, quindi dal marzo al giugno del 2018.

droni militari italiani

L’indagine

Alpi Aviation, società di Pordenone, era già tenuta d’occhio dalla Guardia di finanza. Il sospetto iniziale, benché l’azienda abbia sempre negato, era che nel 2009 Alpi avesse venduto droni militari italiani all’Iran nonostante un embargo.

Recenti perquisizioni hanno rivelato i clamorosi rapporti con la Cina. Cosa hanno scoperto gli inquirenti?

I rapporti tra Alpi Aviation e la Cina

Nel luglio del 2018 una società registrata a Hong Kong appena due mesi prima, la Mars Information Technology Co. Ltd., ha acquistato il 75% dell’azienda di droni militari italiani, Alpi Aviation. La cifra è di 4 milioni di euro, pari a 4,6 milioni di dollari, a cui vanno aggiunti altri 1,5 milioni investiti nella società di Pordenone.

La Finanza ha inoltre scoperto che Alpi Aviation stava negoziando con l’azienda di Hong Kong il trasferimento del know-how e della tecnologia in Cina, prima del perfezionamento dell’acquisto della quota di società italiana.

Inoltre, nel 2019 Alpi Aviation ha inviato un drone militare in Cina, dove è rimasto un anno. Alpi aveva dichiarato che si trattava di un “modello di aereo radiocomandato” destinato a essere esposto a una fiera di Shangai della durata di soli cinque giorni.

Il problema dei controlli

Il trasferimento della tecnologia militare e della produzione di attrezzature militari fuori dal nostro Paese richiede il permesso del governo italiano. Che in questo caso non è stato assolutamente avvertito.

È stato dunque bypassato il già citato Golden power. Strumento che, introdotto nel 2012 dal governo Monti, implica “la facoltà garantita all’autorità pubblica di intervenire nelle transazioni di mercato riguardanti società qualificate come strategiche.” E tra le società strategiche rientra naturalmente anche Alpi Aviation, che produce droni militari italiani.

Inoltre, anche l’Unione Europea dal 2018 prevede che le aziende esterne segnalino le acquisizioni di società con sede all’interno dell’Ue. Anche se la responsabilità ultima spetta ai singoli governi nazionali dell’Unione.

Ma come segnala il Wall Street Journal, l’acquisizione cinese dell’azienda che produce droni militari italiani mostrerebbe quanto deboli siano i controlli, a livello sia nazionale che europeo, sulle tecnologie sensibili e di primaria importanza strategica.

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Alpi Aviation si difende

L’azienda di droni militari italiani, Alpi Aviation, rigetta le accuse. Queste le dichiarazioni dei vertici, subito dopo l’avvio delle indagini: “La società che rappresentiamo nega con fermezza che nella sua condotta si debbano ravvisare violazioni delle norme a tutela del Golden power e alla legislazione che regolamenta il trasferimento di informazioni strategiche o di tecnologia al di fuori del territorio nazionale.

Si riserva ogni azione a tutela della propria immagine. Per quanto attiene alla cessione delle quote della società, la stessa è avvenuta in modo trasparente, con riferimento al reale valore dell’azienda e nel rispetto della normativa fiscale”.

Nel comunicato non mancano le critiche alla Guardia di Finanza, che diffondendo la notizia avrebbe diffuso “in maniera impropria valutazioni e conclusioni in merito a un procedimento penale ancora in fase di approfondimento istruttorio”. 

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Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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