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Drag her, così le drag queen diventano protagoniste di un videogioco

Una lotta all'ultimo colpo di rossetto

Parlare di parità di genere e giochi di combattimento è tutt’altro che semplice. La questione è delicata, e la rappresentazione di uomini e donne nei videogiochi di questo tipo non è mai del tutto realistica. Anzi, il settore è dominato per lo più da personaggi maschili, escludendo del tutto i rappresentanti della comunità queer, che invece si stanno lentamente inserendo in titoli mainstream come The Last of Us. Ma Drag Her stravolge completamente questa situazione. Questo gioco di combattimento in 2D, infatti, ha come protagoniste diverse drag queen. E lo stesso studio di sviluppo, Fighting Chance Games, è composto di rappresentanti della comunità LGBTQ+, donne e persone di colore. Un po’ incosueto per un gioco di combattimento. Ma in fondo chi lo dice che la lotta è una cosa da maschi?

Drag Her, le drag queen diventano protagoniste di un gioco di combattimento

I giochi di combattimento sono così famosi per queste versioni iperfemminizzate delle donne o per le versioni iper-maschili degli uomini, quindi gioca con il genere in modi a cui non avevate davvero pensato“. Così ha commentato Jessica Antenorcruz, designer narrativa di Fighting Chance Games, lo studio indie che ha sviluppato Drag her, il gioco di combattimento in cui personaggi drag – ispirati e doppiati da artisti reali, di cui alcune delle più note drag di “Drage Race” di RuPaul – si prendono a calci e pugni. E non come se fosse una catfight, ma proprio come se fosse una lotta in perfetto stile “Street Fighter”.

Certo, quello di battaglia è un concetto alquanto lontano dalla cultura queer. Almeno apparentemente. Le battaglie di lip sync, così come quelle di parole, sono due elementi importanti all’interno della comunità LGBTQ+. E Drag Her non fa altro che renderli concreti, e reali. “È come trascinare qualcuno nel fango, ma poi sono anche travestiti, quindi vende il concetto ma vi consente anche educatamente di picchiare a sangue i vostri amici“, commenta Josie Devora, Art Director del gioco. Insomma, immaginatevi un Mortal Kombat in cui però potete tirare i capelli alla vostra avversaria. Ma mille volte meglio. In Drag Her, infatti, ogni dettaglio è curato alla perfezione.

La barra della salute dei personaggi, ad esempio, ha l’aspetto di un lungo rossetto di colore rosa. E le super mosse delle drag lasciano dietro di sè una scia arcobaleno – ADOROH! -. Per non parlare del dramma che incontrerete nella demo del gioco, in cui avrete la possibilità di provare un solo personaggio. Questo significa che potrete giocare solo contro voi stesse, e due regine uguali non possono certo convivere sullo stesso ring! Il tutto in perfetto stile “drag”. E a rendere ancora più incredibile l’esperienza di “Drag her” ci si mette la semplicità d’uso del gioco stesso, con soli due pulsanti di attacco principali. Infine, per quanto si tratta di un gioco di combattimento, nessuno esce dal palco maltrattato fisicamente, e le parrucche rimangono immobili sulla teste delle drag. Quanto alla posa della vittoria…beh, dovremmo aspettare di provare il gioco per vedere di cosa si tratta.

Questa è una comunità di persone che hanno subito abusi per anni e anni e sono state traumatizzate, quindi volevamo creare un gioco che fosse un po’ innocuo, nel senso che avresti picchiato qualcuno, ma è tutto un gioco, giusto?“. Così commenta la scelta di un gioco di combattimento non violento la Antenorcruz. Al tempo stesso, “Drag her” è un buon modo per far avvicinare le persone alla comunità LGBTQ+. E lo fa attraverso 8 personaggi unici nel loro genere – sembra un eufemismo, ma non lo è! -. Tra questi, anche il drag king Landon Cider, la drag queen coreana Kim Chi e la trans drag queen Laganja Estranja. Insomma, ci sono tutti gli elementi per riscuotere successo.

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Chiara Crescenzi

Editor compulsiva, amante delle serie tv e del cibo spazzatura. Condivido la mia vita con un Bulldog Inglese, fonte di ispirazione delle cose che scrivo.

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