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End of the Road: com’è il thriller Netflix con Queen Latifah

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Saldo al secondo posto tra le uscite più viste di questa settimana su Netflix, End of the Road aveva catturato la nostra attenzione. Del resto la sinossi sulla piattaforma prometteva “un intenso thriller on the road”. Forti di queste premesse abbiamo allacciato le cinture e siamo saliti sull’auto guidata da Brenda (Queen Latifah), assolutamente inconsapevoli che ci saremmo schiantati contro un muro di stereotipi, banalità ed esagerazioni in grado di farci rivalutare i peggiori B-movies. Insomma, dopo aver visto End of the Road, pellicole come Sharknado ci sembrano degne di un Oscar.

Il film è arrivato su Netflix lo scorso weekend, il 9 settembre, con la regia di Millicent Shelton (30Rock, Titans), e la sceneggiatura curata da Christopher J. Moore e David Loughery.

Alla base di questo nonsense durato 90 minuti c’è il viaggio di Brenda e della sua famiglia, composta da suo fratello – dedito al consumo di sweet mary-jane e interpretato dal rapper Ludacris – e i suoi due figli. A corto di denaro, e reduci dalla morte del capofamiglia, i quattro si mettono in viaggio per trasferirsi dalla California a Houston, nella speranza di rifarsi una vita.

La recensione di End of the Road

Se il viaggio simbolico dalla spensierata California al razzismo dilagante del Texas poteva offrire spunti narrativi interessanti, End of the Road inciampa vistosamente in una pozzanghera di luoghi comuni. In ordine sparso: la madre di famiglia afro-americana ligia alla retta via; lo zio sulla trentina che invece preferisce l’uso di sostanze light e cerca scorciatoie; i figli strappati alla terra natìa che soffrono dell’assenza di un padre; un potentissimo e misterioso criminale descritto come “il più pericoloso di tutto il Paese”.

Insomma mancavano solo lo sceriffo corrotto e gli inseguimenti nel deserto al suon di musica rap. Ah no: ci sono anche quelli. Insomma End of the Road è un film che travalica costantemente i limiti della coerenza narrativa. E poco importa se alcune scene di lotta appaiono esilaranti (con trucchetti che ricordano il piccolo Macaulay Culkin in Mamma ho perso l’aereo quando si inventa trappole per sfuggire ai ladri).

Tutto è troppo. E questo vale anche per la fotografia, con tinte ingiustificatamente violacee ed esasperate e primi piani che farebbero concorrenza alle peggiori puntate de Gli Occhi del Cuore del maestro René Ferretti.

Tirando le somme possiamo affermare che End of the Road è troppo stereotipato per essere un film serio e troppo banale per essere un film divertente. Quale fosse la reale intenzione degli sceneggiatori resta quindi un mistero. Come resta un mistero il fatto che sia al secondo posto dei film più visti di questa settimana su Netflix.

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