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Digital Services Act: legge Ue contro la diffusione di contenuti illegali online

Nuovi controlli e nuove regole per Big Tech

Che la Rete sia un enorme e incoerente contenitore di notizie impeccabili e di altre infondate, di informazioni preziose e di pericolose trappole, è sotto gli occhi di tutti. E in conflitto tra Russia e Ucraina, narrato in buona parte dai social, sta amplificando questa curiosa coesistenza.

Nelle scorse ore è però arrivato uno storico accordo, secondo le parole della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Che in un tweet di sabato 23 aprile ha scritto: “L’accordo odierno sul Dsa è storico. Le nostre nuove regole proteggeranno gli utenti online, garantiranno libertà di espressione e opportunità per le imprese. Ciò che è illegale offline sarà effettivamente illegale online nell’Ue. È un segnale forte per persone, aziende e Paesi in tutto il mondo”.

Qual è dunque l’accordo raggiunto sul Dsa, acronimo per Digital Services Act?

L’accordo sul Digital Services Act

L’accordo tra la presidenza del Consiglio e il Parlamento europeo è arrivato all’alba del 23 aprile, dopo una notte di trattative. Come si evince dal comunicato stampa ufficiale, pubblicato alle ore 2.17.

E riguarda la legge sui servizi digitali, il Digital Services Act. Come si legge nel comunicato, “la legge sui servizi digitali, che consente di sancire il principio secondo cui ciò che è illegale offline deve esserlo anche online, mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di beni, contenuti e servizi illegali e a garantire la protezione dei diritti fondamentali degli utenti.”

In modo più esplicito, la legge mira a contenere il potere di Big Tech. A imporre cioè a Facebook, Twitter e alle altre piattaforme una seria moderazione dei contenuti veicolati. Azione, vale la pena di ribadirlo, che si è rivelata ancor più urgente dopo il diffondersi di fake news inerenti alla guerra tra Russia e Ucraina.

digital services act

La legge nel dettaglio

Il Digital Services Act aggiorna la disciplina sull’e-commerce, nata vent’anni fa. Dunque quando le piattaforme erano agli esordi e gli scenari erano completamente differenti da quelli attuali.

La legge prevede che Big Tech rimuova “prontamente” i contenuti illegali. Ma anche che sospenda gli utenti che violino le direttive nazionali o europee con continuità.

Saranno vietati gli annunci mirati ai minori. Ma pure quelli indirizzati ad hoc a seconda del sesso, dell’etnia e dell’orientamento sessuale degli utenti.

Stop alle sottoscrizioni ingannevoli di servizi. In questa direzione, le aziende dovranno effettuare (e mostrare) valutazioni annuali del rischio delle loro piattaforme.

La Commissione europea dovrebbe assumere 200 dipendenti che avranno proprio la funzione di vigilanza sulle società tech. Controlleranno, insomma, che la legge venga rispettata. E c’è di più: queste figure saranno pagate dalle stesse aziende tecnologiche con una “tassa di vigilanza’’.

Big Tech: responsabilità e obblighi

Con l’accordo, ha spiegato la vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager, le piattaforme sono “ritenute responsabili per i rischi che i loro servizi possono rappresentare per la società e i cittadini’’.

Le Big Tech dovranno palesare ai legislatori dell’Ue le strategie che metteranno in atto per combattere la disinformazione e la propaganda di guerra, ultimo avamposto delle fake news in ordine di tempo.

Una regolamentazione del potere dei giganti del tech che segna una profonda differenza tra Europa e Stati Uniti. Negli Usa si è ancora lontani dal trovare un accordo in questo ambito, nonostante alcune azioni antitrust mosse dal Dipartimento di Giustizia e dalla Federal Trade Commission contro Google e Facebook.

La legge europea darà finalmente regole sovranazionali per contenere il predominio, e spesso la sregolatezza, delle maggiori aziende del settore tecnologico. Sinora infatti, come abbiamo scritto in un recente articolo, le sanzioni venivano comminate nella maggior parte dei casi dai legislatori di ciascun Paese.

Il nostro Antitrust, ad esempio, è rappresentato dall’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. E nei mesi scorsi l’AGCM ha comminato diverse multe ad Apple, Google a Amazon per scarsa trasparenza o tendenze monopolistiche.

Le multe

Il Digital Services Act ha stabilito così nuove regole per la sicurezza degli utenti su Internet, con un particolare occhio di riguardo per i minorenni. Le persone non saranno più indotte a cliccare su determinati contenuti vantaggiosi per le aziende, e potranno con maggior facilità segnalare problemi e ambiguità.

Inoltre, le punizioni alle società che trasgrediranno saranno severissime: potranno raggiungere il 6% del fatturato globale, a cui si aggiungerà il divieto di operare nei 27 Paesi dell’Unione Europea.

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I tempi di applicazione della legge

Le aziende hanno 15 mesi per adeguarsi. Questo perché, dopo la verifica da parte dei giuristi, la legge sarà approvata dal Parlamento e dal Consiglio. Quindi entrerà in vigore 20 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue e le regole inizieranno ad applicarsi 15 mesi dopo, e comunque entro il 1 gennaio 2024.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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