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CloudFlare: ricorso respinto. Dovrà bloccare i siti illegali

Il Tribunale conferma la sentenza di luglio

Ricorso respinto per CloudFlare. Il Tribunale di Milano ribadisce la sentenza di luglio, e ora la vittoria delle case discografiche italiane può considerarsi definitiva.

CloudFlare, dopo che il ricorso è stato respinto, dovrà insomma bloccare il suo servizio DNS pubblico a tre siti torrent.

Vediamo meglio in che modo si è espresso il Tribunale di Milano. Ricostruiamo poi la cronologia di una causa legale che ha visto le case discografiche nel nostro Paese muovere una causa legale contro CloudFlare, che aveva già avuto un esito favorevole in estate.

Il Tribunale di Milano respinge il ricorso di CloudFlare

Dicevamo che il Tribunale di Milano non ha cambiato idea rispetto a luglio: respinto il ricorso di CloudFlare, che chiedeva l’inibitoria del provvedimento.

“Il Tribunale di Milano ha respinto le argomentazioni di CloudFlare sulla sostanza della richiesta, confermando che la piattaforma deve conformarsi all’ordine indetto o comunque essere soggetta a penalità.”

Ma in cosa consiste la decisione di luglio?

pirateria informatica

L’azione legale

L’azione legale era stata avviata lo scorso luglio da Sony Music Entertainment Italy, Universal Music Entertainment Italy e Warner Music Italia contro l’azienda statunitense CloudFlare, che si occupa di servizi di navigazione sicura e di DNS distribuiti.

Ed è qui che si concentra l’accusa, che è poi quella di aver reso possibile l’accesso a tre siti torrent (CorsaroNero.pro, Limetorrents.pro e kickasstorrents.to) nonostante i blocchi precedentemente imposti dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) per gli utenti italiani.

Il DNS pubblico

Per esemplificare, CloudFlare metteva a disposizione un DNS pubblico, ovvero il sistema di accesso ai siti web che “traduce” gli indirizzi web dei siti in indirizzi IP.

In altre parole, grazie all’intermediazione di CloudFlare si aggiravano i blocchi previsti da Agcom, e si poteva scaricare dai siti torrent. Da cui, ecco l’accusa delle etichette discografiche, era assai semplice scaricare contenuti musicali coperti da copyright.

CloudFlare era a conoscenza di questa possibilità, e avrebbe potuto fare in modo che le direttive dell’Agcom non venissero bypassate. Ma non ha fatto nulla in questa direzione.

La sentenza

Nonostante i poco persuasivi tentativi di difesa di CloudFlare, il Tribunale ha dato ragione alle etichette discografiche. La cui azione legale è stata coordinata dall’International Federation of the Phonographic Industry (IFPI), l’organizzazione  che rappresenta gli interessi dell’industria discografica a livello mondiale. Alla quale ha dato supporto l’italiana Fpm (Federazione contro la Pirateria Musicale e Multimediale).

L’azienda americana ha provato a tirare in ballo (senza successo) conflitti di giurisdizione, e l’inutilità dell’applicazione di filtri, dal momento che esistono numerosi altri sistemi per scavalcare le direttive dell’Agcom.

La società statunitense era stata dunque obbligata a inibire l’accesso ai propri utenti ai tre domini bloccati. Ha avuto 30 giorni di tempo per adeguarsi, e per ogni eventuale giorno di ritardo avrebbe dovuto pagare una penale di 10.000 euro.

Per la prima volta in Italia, quindi, una sentenza aveva colpito l’azienda intermediaria, fornitrice di servizi DNS. E non direttamente i siti che permettono la diffusione di materiale protetto da copyright.

Ricordiamo che un mese fa sempre il Tribunale di Milano ha imposto a TNTVillage la rimozione di tutti i suoi contenuti.

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  • Spedicato, Giorgio (Autore)

Le dichiarazioni

Il precedente generato dalla sentenza di Milano viene ribadito da Frances Moore, amministratore delegato di IFPI.

Moore ha detto: “I servizi di CloudFlare consentivano agli utenti di accedere a siti Web in violazione del copyright che sottraggono ricavi a coloro che investono e creano musica.

Confermando l’ordinanza originaria contro CloudFlare, il Tribunale di Milano ha stabilito un precedente importante secondo cui gli intermediari online possono essere obbligati a prendere provvedimenti efficaci se i loro servizi sono utilizzati per la pirateria musicale”.

Parole simili arrivano da Enzo Mazza, amministratore delegato della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI). Secondo Mazza “questa è una decisione importante per l’Italia e non solo. Cloudflare, così come altri intermediari che forniscono servizi simili, dovrebbero intensificare i propri sforzi per impedire agli utenti di accedere a siti Web illegali di cui è stato ordinato il blocco”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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