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[Recensione] Rise of Insanity – Il luogo comune della follia

Il buio è talvolta impenetrabile, ma basta attendere che le pupille si dilatino per abituarcisi gradualmente. Ci sono altre oscurità con cui invece è difficile fare i conti, soprattutto quando albergano nella nostra mente e nel nostro animo.

Il viaggio psicologico è stato lungamente trattato dalla letteratura del Novecento e dalla filmologia, ma, quando entra in gioco la chiave di lettura horror della vicenda in questione, la situazione si fa al cardiopalma. Sto parlando di Rise of Insanity, l'indie di Red Limb Studio, su Steam dall'1 marzo 2018 in versione Early Access e disponibile sia per PC che in versione VR (Oculus Rift, Htc Vive e Gear VR).

Abbiamo indagato su questa vicenda così oscura, e ne siamo usciti non troppo soddisfatti. Vi spieghiamo subito com'è andata.

No, non stiamo giudicando così questo titolo perché siamo deboli di cuore o troppo presi dalla strizza (e di fatto ammettiamolo, di passaggi seriamente horror non ne abbiamo visti). Prima di spiegarvi però cosa non ci ha particolarmente convinto, partiamo dalla storia. Il gioco è ambientato nell'America degli anni Settanta e vede protagonista Stephen Dowell, uno psicologo rinomato che si ritrova a dover fare i conti con un paziente che manifesta sintomi tanto evidenti quanto contraddittori di malattia mentale.

Fino a qui tutto bene, se non fosse che lo psicologo stesso dimostra di non star vivendo esattamente uno stato di pace interiore. Infatti scopriamo fin dall'inizio che la moglie e il figlioletto di soli sette anni sono stati vittime di un assassinio, ma compiuto da chi? Cosa sono quelle figure che appaiono di fronte ai nostri occhi mentre camminiamo, come disturbi e immagini provocate dalla nostra attività cerebrale forse alterata?

Siamo sicuramente spinti a cercare una risposta a tali quesiti, se non fosse che siamo subito catapultati in una sequela di luoghi comuni e stereotipi che costruiscono tipicamente una storia horror, o che anela ad esserlo, con il risultato di creare una linea narrativa poco chiara e la sensazione di aver creato un potpourri di spezzoni e stili tratti da varie storie per crearne una nuova (che di nuovo dunque ha ben poco).

Dal punto di vista del gameplay potremo agire ben poco e si può dire altrettanto della durata complessiva del titolo, che ci prenderà circa 50-70 minuti del nostro tempo. Cosa potremo fare nel gioco? Poco e nulla, se non muoverci nelle varie stanze, aprendo e chiudendo porte e sportelli, dare un'occhiata a fogli, documenti o ascoltare registrazioni che faranno sempre più luce sulla vicenda. Certo, ci sono dei momenti di gioco in cui dovremo risolvere dei rompicapo, come combinazioni per aprire porte e poco altro, ma l'azione vera e propria si limita a questo.

Potremo interagire con diversi oggetti, fino a trovarci di fronte ad immagini e scene dissonanti e ovviamente caratterizzate da un climax ascendente di azione, ma non avremo mai davvero la sensazione di essere coinvolti in una storia originale e appassionante. Non ci sono momenti particolarmente splatter né di seria paura da farvi cadere nell'angoscia più pura. Inoltre non c'è da meravigliarsi se, giocandolo, vi troverete a pensare "Dove ho già visto questa scena?" oppure "Mi ricorda qualcosa..": la sensazione di déjà vu scatta praticamente in automatico se avete presente i walking simulator come Virginia e Gone Home.

Parlando del comparto grafico e sonoro, un punto decisamente a sfavore è la sensazione di motion-sickness che vivremo durante i movimenti, nonostante sia possibile tarare la sensibilità di mouse, tastiera e altri dispositivi. La grafica e i colori non sono nulla di trascendentale, saremo immersi in ambientazioni illuminate debolmente da luci al neon, con una gamma di colori che varia dal grigio al marrone, fino ai toni più scuri, ma senza particolari sfumature, così come la definizione degli oggetti e la cura estetica non sono particolarmente elevate.

Tutto questo viene accompagnato da una colonna sonora abbastanza ripetitiva e da una traccia dal volume piuttosto basso e inquietante, unita a effetti sonori che non sono altro che un insieme di grida, lamenti e alcuni suoni legati a oggetti che useremo o che incontreremo nel cammino. Tuoni e pioggia martellante contro le finestre all'inizio, mosche che ronzano intorno a noi mentre ci addentriamo nelle zone più interne dell'ospedale, il gracchiare di una televisione che non riceve alcun segnale: tutti elementi che ci aspettiamo di trovare in un titolo di questo genere, ma che non destano alcuna sorpresa.

Trattandosi tutto sommato di un insieme di elementi tratti da vari drammi videoludici di questo genere, dove torna in auge il solito tema del personaggio messo a nudo psicologicamente e in lotta con la sua stessa psiche, notiamo che le somiglianze con altre narrazione è piuttosto evidente e non ci ha portato a nessun valore aggiunto, emotivamente parlando. Infatti calca parecchio le orme di Layers of Fear, o di Town of Light, soprattutto trattandosi di un dramma vissuto dal protagonista con espliciti riferimenti alla malattia mentale e ai disturbi psicologici esperiti da questi.

Non sono quindi bastati gli scenari dove è evidente la degenerazione mentale del protagonista, il sottile voyeurismo e la volontà di andare a toccare il (tipico) tema dell'infanzia, seminando oggetti legati al figlio qua e là e cercando di toccare le corde più sensibili del nostro animo, associando la paura all'innocenza e ai momenti più sensibili e spensierati della vita di ognuno di noi. Non è bastato tutto questo forse perché ci è sembrato effettivamente un po' contorto, narrativamente parlando, e senza giungere ad una vera quadratura del cerchio, anche se come titolo può sicuramente attrarre chi è in cerca di qualche minuto di brivido, adrenalina e paura, ma fini a se stessi (e badate bene, davvero solo per qualche minuto).

 

Rise of Insanity
Rise of Insanity
Developer: Red Limb Studio
Price: 9,99 €

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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