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Oggi è la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid

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Oggi si celebra per il secondo anno la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid.

La ricorrenza cade in un momento particolare e ambivalente. Perché da una parte è vero che con il nuovo decreto Covid il governo ha per la prima volta gettato un ponte oltre il 31 marzo. Cioè oltre una data, ricordiamolo, fortemente emblematica, perché giovedì 31 marzo termina (e non sarà prorogato) lo stato di emergenza.

D’altra parte, proprio in questi ultimi giorni stiamo assistendo in tutta Europa a una nuova impennata dei contagi. Che alcuni stanno già chiamando, forse troppo frettolosamente, quinta ondata. Ma che certamente deve far stare all’erta: giovedì 17 marzo, nel nostro Paese la percentuale dei positivi è cresciuta ancora, attestandosi al 15,1%.

A prescindere dalla situazione attuale, che non può definirsi né rassicurante né allarmante, la giornata nazionale per le vittime del Covid ha un grande valore simbolico. E, a due anni dall’inizio della pandemia, invita alla riflessione.

La giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid

La giornata nazionale per le vittime del Covid, dicevamo, oggi si celebra per la seconda volta. Perché è stata istituita il 17 marzo del 2021, e quindi per la prima volta – lo scorso anno – è stata onorata all’indomani dalla sua ufficializzazione.

L’istituzione della giornata

Come si può leggere sul sito del Ministero della Salute, il nome completo della ricorrenza è Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus. Il testo della legge è stato approvato dal Senato nel luglio del 2020 e dalla Camera nel marzo dell’anno successivo.

La data scelta non è affatto casuale, ma cade a sua volta un anno dopo una delle immagini più indelebili della pandemia. Quella, ripetutamente mostrata da tutte le televisioni, dei mezzi dell’Esercito che hanno trasportato quasi mille feretri da Bergamo in diversi luoghi di cremazione. L’Operazione Fidelium, così si chiamava, è in realtà durata oltre un mese, ma le sequenze video che tutti noi ricordiamo sono appunto quelle del 20 marzo.

In occasione della prima giornata nazionale per le vittime del Covid, peraltro, il primo ministro Mario Draghi ha partecipato a una cerimonia commemorativa nel parco di fronte all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Come si celebra la giornata

La giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid coinvolge gli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Che possono svolgere attività dedicate “alla comprensione e all’apprendimento dei temi relativi alla diffu­sione dell’epidemia di coronavirus e all’impegno nazionale e internazionale profuso per il suo contenimento e per garantire assi­stenza alle comunità e alle persone colpite”.

La giornata viene anche ricordata da Stato, Regioni, Province e Co­muni, che hanno facoltà di promuovere manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri e momenti comuni di ricordo. Momenti “volti a com­memorare la memoria di coloro che sono deceduti a causa dell’epidemia di coronavi­rus, favorendo in particolare le attività e le iniziative rivolte alle giovani generazioni”.

In tutti i luoghi pubblici e privati sarà osservato un minuto di silenzio dedicato alle vittime dell’epidemia. Inoltre gli edifici pubblici esporranno le bandiere a mezz’asta. E la Rai dedicherà parte della programmazione alla giornata.

Il bilancio della pandemia in Italia

Sono ormai passati più di due anni dall’inizio della pandemia da Coronavirus. Nel nostro Paese, il Covid ha procurato oltre 157.000 vittime (più di 6 milioni quelle in tutto il mondo). E 13,6 milioni sono i nostri concittadini risultati positivi.

Un bilancio numerico impressionante. A cui vanno aggiunte le enormi implicazioni sociali e psicologiche, ma anche economiche e culturali. Abbiamo rivoluzionato il nostro modo di vivere i rapporti interpersonali, ma anche di muoverci, viaggiare, fare acquisti, leggere, pensare.

Sono inoltre nate associazioni, come “Noi denunceremo”, per tenere viva la memoria delle persone morte a causa del Coronavirus. E che magari, come si legge nella pagina Facebook del gruppo, “non hanno potuto avere nemmeno una degna sepoltura”.

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Verso la sindemia

Nel frattempo, come abbiamo sentito per bocca di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, un grande cambiamento è in atto. Non solo linguistico ma anche simbolico: non la chiameremo più pandemia bensì sindemia.

Brusaferro ha detto: “Dobbiamo considerare questa pandemia dentro una logica di sindemia, dove cioè aspetti biologici e aspetti sociali interagiscono e nella loro interazione si definiscono anche i livelli di rischio e di suscettibilità delle persone e delle comunità.”

La malattia, cioè, va oggi considerata (e valutata, e arginata) anche nelle sue componenti sociali ed economiche, che si uniscono a quelle biologiche. Anche se la parola che tutti vorremmo sentire pronunciare quanto prima è l’ancor più rassicurante “endemia”.

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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