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Google: la sentenza del tribunale lo costringerebbe a “censurare” internet

L'azienda si è appellata all'Alta Corte australiana per ribaltare un caso di diffamazione: ecco tutti i dettagli

Google ha chiesto all’Alta Corte d’Australia di ribaltare una sentenza ricevuta in tribunale nel 2020. Secondo il colosso della tecnologia, la sentenza potrebbe avere un effetto “devastante” su internet in generale. Scopriamo insieme tutti i dettagli.

Google avverte: la sentenza ricevuta in tribunale potrebbe rovinare internet

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Se la più Alta Corte del Paese non ribalta la sentenza, Google sostiene che sarà costretto ad “agire come censore”.

Nel 2016, George Defteros, un avvocato dello stato di Victoria la cui lista di clienti passati includeva individui implicati nei famigerati omicidi delle gang di Melbourne, ha contattato Google per chiedere alla società di rimuovere un articolo del 2004 da The Age. Il pezzo presentava la segnalazione delle accuse di omicidio presentate contro Defteros in relazione alla morte di tre uomini. Quelle accuse sono poi cadute nel 2005. L’azienda ha rifiutato di rimuovere l’articolo dai suoi risultati di ricerca in quanto considerava la pubblicazione come una fonte rispettabile.

La questione è finita in tribunale con Defteros che ha sostenuto con successo che l’articolo e i risultati di ricerca di Google lo hanno diffamato. Il giudice che ha supervisionato il caso ha stabilito che l’articolo di The Age aveva implicato che Defteros era stato ingraziato. La Corte d’Appello Vittoriana ha successivamente respinto un tentativo di Google di ribaltare la sentenza.

“Un collegamento ipertestuale non è, di per sé, la comunicazione di ciò a cui si collega”, sostiene il gigante tech nella sua presentazione all’Alta Corte. Se la sentenza del 2020 viene lasciata in piedi, Google sostiene che la renderà “responsabile come editore di qualsiasi materia pubblicata sul web a cui i suoi risultati di ricerca forniscono un collegamento ipertestuale”, comprese le notizie che provengono da fonti affidabili.

Nella sua difesa, l’azienda punta a una sentenza del 2011 della Corte Suprema del Canada. Quest’ultima ha affermato che un collegamento ipertestuale da solo non è mai una pubblicazione di materiale diffamatorio. Al momento il gigante tech non ha ancora offerto ulteriori dettagli riguardo la faccenda. Non ci resta quindi che attendere.

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Source
Engadget

Veronica Ronnie Lorenzini

Videogiochi, serie tv ad ogni ora del giorno, film e una tazza di thé caldo: ripetere, se necessario.

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