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Streaming Farms: il lato oscuro della musica, tra ascolti falsi e stream pompati

The dark side of the m...usic business

La discografia, per come la conoscevamo, è morta nei primi anni ‘10. Accettiamolo. Il mercato del supporto fonografico ha inevitabilmente lasciato il passo allo streaming (la fetta grossa della torta) e ai digital store. E in questa rivoluzione è emerso un solo colosso: Spotify. Se prima si contavano le vendite dell’album, oggi si conteggiano gli ascolti Spotify, e si: questi stream possono essere falsati. Anche in modo molto semplice.

Torna utile la gag dell’Ingegner Cane, iconico personaggio di Fabio De Luigi ai tempi di Mai Dire Gol. Quanti stream hai? Cento? Mille? Millemila? A ripensare alle cifre da capogiro di certi artisti, tornano alla mente proprio quelle parole. Eppure è inevitabile. Ascolti sulle piattaforme di streaming vuol dire non solo ritorni economici (seppur esigui), ma anche incremento del valore percepito e persino certificazioni ufficiali. Si, perchè i dischi d’oro, assegnati dalla FIMI, prendono in considerazione anche gli ascolti in streaming.

Una struttura intera, questa della nuova discografia, che crolla se sdoganiamo il fatto che gli ascolti su Spotify (ma anche altrove) possono essere falsati. Come? Attraverso le streaming farms.

Cosa sono le streaming farms?

Il termine streaming farms deriva dal concetto di click farms. Quest’ultimo indica generalmente degli edifici – di dimensione variabile – dove più dispositivi connessi compiono ripetutamente le medesime azioni. Il processo è analogo a quelli dei bot automatizzati, con la differenza che in questo caso le azioni sono ripetute utilizzando account reali, creati da persone fisiche.

Immaginate una stanza piena di smartphone, ognuno collegato ad un diverso account Spotify (basta una email per averne uno), che riproducono in loop lo stesso brano. Il fenomeno delle click farms è più diffuso di quanto non si pensi, e va ben oltre l’industria musicale.

Le click farms possono essere usate per (re)indirizzare una grossa mole di traffico su un sito web, generando introiti pubblicitari enormi (se si considera che molti siti, come ad esempio quelli legati all’editoria, guadagnano dai click).

Questo sistema, se corrotto dalle click farms, può estremamente remunerativo, dato che numerosi servizi offrono pacchetti da migliaia di click per soli pochi euro. Inutile sottolineare che si tratta di una pratica truffaldina, soprattutto in ambito musicale, dove le conseguenze per artisti e label possono essere disastrose. E più avanti in questo articolo andremo a vedere perchè.

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Perchè proprio gli ascolti Spotify (falsi o reali) al centro della discografia contemporanea?

Come anticipato nel cappello introduttivo, Spotify è diventato il nuovo punto di riferimento per la discografia contemporanea. Il colosso svedese ha capitalizzato al meglio sul concetto di playlist (il vero motore del mercato discografico degli streaming) e sul suo potentissimo algoritmo. Ma non è tutto.

Spotify, a differenza di servizi come Apple Music e Amazon Music, è essenzialmente gratuito. Ciò vuol dire che chiunque provvisto di un indirizzo email (e chiunque di noi può creare gratuitamente centinaia di email diverse) può ascoltare l’intero catalogo Spotify gratuitamente. Certo, c’è qualche pubblicità di tanto in tanto, ma niente di troppo limitante.

Viene quindi da chiedersi: come fa la discografia a trarre profitto da Spotify? La risposta banale sarebbe “beh non lo fa”. Del resto gli introiti dello streaming sono infinitesimamente inferiori rispetto all’ormai defunto mercato fisico, e la torta è da dividere in più parti (editori, artisti, label e distributori a seconda del contratto stipulato).

Recentemente Tony Visconti, storico produttore di David Bowie, ha dichiarato che “con 12 milioni di stream potrei a malapena permettermi una cena per due persone”. E se abbiamo citato Tony Visconti, perchè non citare Gigi D’Alessio? In una battuta al podcast Muschio Selvaggio il cantante napoletano affermò che “prima con un milione di dischi venduti compravi casa, ora con un milione di stream compri un caffè”.

Insomma il problema della remunerazione dello streaming meriterebbe un articolo a parte, ma ci basti sapere che la torta da spartirsi ha meno fette di quanti abbiano effettivamente fame. E la maggioranza devono accontententarsi delle briciole.

Per tornare alla domanda originale, Spotify retribuisce gli artisti (e gli altri aventi diritto) da un fondo alimentato da introiti pubblicitari e sottoscrizioni a pagamento (Spotify Premium). Più un artista ha ascolti, più Spotify gli riconosce un compenso. Inutile quindi ribadire che falsare gli ascolti equivale a truffare l’intero sistema che – almeno sulla carta – mirerebbe a premiare la meritocrazia.

È bene comprendere anche un altro concetto fondamentale: Spotify conteggia gli ascolti solo se vengono riprodotti almeno 30 secondi di un brano. Ecco perchè premere ripetutamente sul pulsante Play risulta inutile ai fini del conteggio degli stream.

Comprare gli ascolti su Spotify è conveniente?

Volendo bypassare la questione morale e legale, vestiamo i panni di un giovane artista cinico che ambisce al successo e al denaro. Poniamoci quindi la domanda: comprare ascolti falsi su Spotify è conveniente?

Oltre a rubare dal fondo riservato agli artisti, chi acquista ascolti sta anche pompando il proprio valore percepito. Pensateci: un influencer da milioni di followers vi risulta più o meno popolare di uno da 100 follower? Allo stesso modo, dovendo scegliere tra l’ascoltare una canzone da 10 stream e una da 150.000, probabilmente opterete per la seconda.

La risposta è quindi la stessa che vale per tutte le pratiche illecite: si, può essere vantaggioso, ma solo fino a quando non vieni scoperto. E se vieni scoperto le conseguenze possono essere disastrose.

Stream falsi: gli allarmanti numeri del fenomeno

Nonostante l’enorme macchina delle streaming farms, l’industria tutta sta cercando di tutelarsi, per preservare le briciole della famosa torta sempre più mangiucchiata a destra e manca. Negli ultimi anni Spotify, come anche Apple Music, ha attuato delle pratiche per rilevare picchi di ascolti sospetti. Le attività insolite vengono quindi monitorate per valutare eventuali pratiche scorrete. E ricordiamolo, essendoci in ballo soldi, queste pratiche scorrette possono essere categorizzate come truffa.

Proprio lo scorso mese, a marzo 2024, un 54enne danese è stato condannato a 18 mesi di carcere per aver utilizzato svariati account falsi per aumentare i propri ascolti su Spotify e Apple Music. L’uomo, tra il 2013 e il 2019, è riuscito a generare introiti in royalties per 2 milioni di corone danesi (circa 270.000€). Secondo l’articolo di Wired che ha riportato la vicenda, questa sarebbe solo la punta dell’iceberg. Difatti uno studio del Centro nazionale della musica francese rivela che nel solo 2021 sono stati registrati tra gli 1 e 3 miliardi di stream falsi sulle principali piattaforme musicali.

Un’inchiesta del Rolling Stone pubblicata nel 2019 suggerisce che gli ascolti falsi costerebbero agli artisti circa 300 milioni di dollari all’anno. E in cinque anni, soprattutto nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale, questi numeri potrebbero essere aumentati esponenzialmente. Del resto un’altra indagine, pubblicata da Complex, afferma che il 10% degli streaming della musica globale sarebbe falsato dal fenomeno delle streaming fams.

Che succede quando Spotify rileva ascolti falsati? La posizione della piattaforma

Come accennato nel precedente paragrafo, le principali piattaforme di streaming monitorano eventuali ascolti non regolari. Accertare l’illecito non è sempre facile (del resto non si può colpevolizzare un utente solo perchè decide di ascoltare lo stesso brano in loop per ore). Qualora però Spotify dovesse stabilire che l’artista – attraverso streaming farms – stia traendo ingannevolmente un profitto, potrebbe arbitrariamente decidere di rimuovere il brano dal proprio catalogo, bannare l’artista in questione e rifiutarsi di distribuire future pubblicazioni. Non solo, le conseguenze – trattandosi di truffa – potrebbero sfociare nel legale.

Il colosso svedese dello streaming ha recentemente commentato pubblicamente il problema, e attraverso la propria pagina di supporto scrive:

“I servizi promozionali di terze parti che pubblicizzano stream in cambio di un pagamento violano i nostri termini e condizioni e il loro utilizzo potrebbe comportare la rimozione della vostra musica da Spotify. Tutti i servizi che affermano di offrire un posizionamento garantito nelle playlist di Spotify in cambio di denaro violano i nostri termini e condizioni, e non dovrebbero essere utilizzati”

Nello stesso blog post Spotify ha anche esplicato le conseguenze di tali azioni:

“Quando identifichiamo casi confermati di streaming artificiale o di manipolazione degli ascolti, prendiamo provvedimenti che possono includere il trattenimento delle royalties associate, la correzione dei numeri di streaming pubblici e misure per garantire che la popolarità dell’artista o della canzone si rifletta accuratamente nelle nostre classifiche. In alcuni casi, possiamo rimuovere gli stream artificiali confermati dai dati prima che la dashboard di Spotify for Artists si aggiorni; in altri casi, è possibile che l’utente continui a vedere picchi di streaming artificiali nei dati di Spotify for Artists, anche se le royalties associate potrebbero essere trattenute. Spotify si riserva inoltre il diritto di rimuovere dalla piattaforma i contenuti manipolati in caso di streaming artificiale ripetuto o evidente”

La piattaforma, oltre a punire gli artisti, spiega che anche distributori e label potrebbero incorrere in conseguenze importanti:

“Spotify ha introdotto un nuovo deterrente per combattere lo streaming artificiale, che entrerà in vigore il 1° aprile 2024, addebitando alle etichette e ai distributori una tariffa per brano quando viene rilevato un palese streaming artificiale sui loro contenuti. (L’addebito viene applicato solo in caso di tassi molto elevati di streaming artificiale per brano).

Condividiamo con le etichette e i distributori rapporti mensili sullo streaming artificiale confermato sulla nostra piattaforma. Sulla base di tali rapporti, il distributore può intraprendere azioni come l’invio di avvertimenti o, in casi flagranti o ripetuti, la rimozione dei contenuti dai servizi di streaming o la sospensione dell’account”

Tuttavia, così come accade per il fenomeno bot degli influencer, la questione è alquanto spinosa. Come si fa ad accertare che gli streaming fasulli non siano stati mandati da qualcun altro per boicottare l’artista? E se la pratica fosse messa in atto da label manager o editori? Insomma: come ci si comporta se la responsabilità è terza? Su questo Spotify è un po’ più vago, e sulla pagina di supporto scrive:

“Se vi è successo questo, ma credete che i vostri stream siano stati guadagnati in modo autentico, dovreste condividere le informazioni con il vostro distributore o etichetta sui metodi utilizzati per promuovere realmente il contenuto in questione. Lavoreranno con il nostro team per verificare e, si spera, risolvere rapidamente il problema”

Infine Spotify ribadisce il proprio impegno nel condannare qualsiasi forma di boost agli ascolti:

“Impieghiamo notevoli risorse ingegneristiche e di ricerca per individuare, attenuare e rimuovere le attività di streaming artificiale su Spotify, in modo che nulla ostacoli la nostra missione di dare agli artisti l’opportunità di vivere della loro arte e che i titolari dei diritti siano pagati nel modo più equo possibile per il loro lavoro.

L’integrità di questo aspetto è incredibilmente importante per noi, perché uno streaming illegittimo significa che dall’altra parte ci sono artisti onesti e laboriosi che possono essere penalizzati

La situazione è quindi complessa, ma come sempre nel mondo della musica vige una vecchia ma insindacabile regola: quanto vali lo si vede solo ed esclusivamente dal vivo.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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