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Foxconn: dilaga la protesta dei lavoratori. E ci sono drammatici precedenti

Il caso del 2010

Mercoledì 23 novembre vi abbiamo raccontato della clamorosa protesta scoppiata nella Foxconn, fabbrica situata a Zhengzhou, nella provincia di Henan, nel centro della Cina. Dove i 200.000 lavoratori assemblano qualcosa come l’80% degli iPhone venduti in tutto il mondo. Non a caso la fabbrica prende il nome di “iPhone city”.

La protesta alla Foxconn continua, ed emergono nuovi particolari legati non solo a ciò che sta accadendo in queste ore. Già nel 2010, come vedremo, le durissime condizioni lavorative hanno fatto compiere gesti drammatici ad alcuni dipendenti.

Sembra quindi che l’attuale decisione del governo di attuare una politica di tolleranza zero contro il Coronavirus sia solo una delle concause della protesta (anzi, rivolta) dei lavoratori della Foxconn. In realtà, le profonde insoddisfazioni di chi deve garantire un’elevatissima e continua produzione di iPhone praticamente per tutto il pianeta ha radici ben più remote.

Ma partiamo dall’attualità: perché è scoppiata la protesta alla Foxconn di Zhengzhou?

Foxconn 1

La protesta dei lavoratori della Foxconn

La protesta dei lavoratori della Foxconn scaturisce da un insieme di cause. E da condizioni lavorative (e di vita: spiegheremo perché) sempre più inaccettabili.

Scopriamole una a una, a partire dalla clamorosa stretta del governo di Pechino contro il Covid.

La campagna “No Covid”

Si chiama “No Covid” la serie di misure drastiche che il governo cinese ha messo in atto per limitare il nuovo boom di contagi da Covid. E che, per esempio, nel parco divertimenti Disney Resort di Shangai ha tenuto in “ostaggio” dipendenti e staff, che hanno potuto lasciare la struttura solo dopo un tampone negativo.

I 200.000 lavoratori della Foxconn di Zhengzhou già da fine ottobre hanno dovuto fermarsi a vivere nei pressi della fabbrica. Alcuni, ci sono i filmati a testimoniarlo, hanno scavalcato le recinzioni e sono tornati a casa in autostop. Ai dipendenti è vietato mangiare in mensa: i pasti vanno consumati nei dormitori.

Le scorte alimentari scarseggiano e le condizioni igieniche sono in costante peggioramento.

Stipendi non pagati e nuovi assunti privilegiati

La protesta nella Foxconn avrebbe anche cause salariali: si parla di stipendi arretrati non versati, e di un fantomatico bonus produttività garantito a chi assicura una presenza minima in azienda. Anche se, come vedremo, i bonus sembra siano stati utilizzati anche in altro modo.

C’è infine il giallo su 100.000 ipotetiche nuove assunzioni, proprio per sostituire i rivoltanti o chi sta incrociando le braccia. La produzione non può arrestarsi, soprattutto in vista del Natale.

Ma proprio le nuove assunzioni potrebbero essere un ulteriore motivo della protesta dei dipendenti di Foxconn. Perché sembra che gli ultimi arrivati godranno di un alloggio autonomo e mansioni differenti, per evitare il dilagare del contagio.

Gli ultimi sviluppi

Ci sono aggiornamenti sulla rivolta scoppiata a partire dalla notte tra il 22 e il 23 novembre. E che, secondo Reuters, potrebbe portare a un calo nella produzione degli iPhone addirittura del 30%.

Gli scontri sono degenerati e la polizia in tenuta antisommossa ha dovuto ricorrere all’uso di idranti per respingere i manifestanti.

Due sono i motivi dell’incrudire della protesta. Le ultime retribuzioni sono state molto più basse di quanto pattuito “(per un “errore tecnico”, si è giustificata l’azienda). Inoltre c’è il fatto che, contrariamente a quanto annunciato, nuovi lavoratori sono stati messi gomito a gomito con i vecchi, provocando una repentina impennata di contagi da Covid-19.

Gli ultimi rumors ci dicono inoltre che l’azienda abbia adottato due diverse strategie legate ai bonus. La prima, come già detto, per convincere i dipendenti a rimanere a Zhengzhou e aumentare la produzione di iPhone in vista dello shopping natalizio.

Ma dopo l’inasprimento della protesta nella Foxconn, ad alcuni lavoratori è stato proposto un bonus di natura opposta: 10mila yuan, pari a poco più di 1.300 euro, per lasciare lo stabilimento e tornare a casa (non si sa per quanto tempo).

Se questa curiosa forma di fidelizzazione fosse confermata, si acuirebbe il problema della mancanza di personale, in un momento dell’anno così importante.

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I precedenti

Purtroppo, al di là del problema contingente del Covid, la fabbrica della Foxconn di Zhengzhou non è nuova ad adottare politiche lavorative ai confini con lo sfruttamento.

Già nel 2010 le condizioni di lavoro proibitive hanno indotto alcuni lavoratori addirittura al suicidio. La risposta dell’azienda, a quanto pare, era stata quella di aumentare lo stipendio. E, azione raggelante, quella di mettere delle inferriate alle finestre per evitare ulteriori gesti estremi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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