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Il Great Firewall cinese: quando il web non è globale

Un enorme filtro virtuale separa la rete degli utenti cinesi da quella del resto del mondo

Alla singolare domanda “Qual è il più importante muro della Cina?”, molti risponderebbero senza dubbio la Grande Muraglia cinese. Patrimonio dell’umanità UNESCO e una delle sette meraviglie del mondo, si tratta certamente di un muro molto celebre, ma non di quello più importante. La risposta giusta alla domanda è infatti il Great Firewall, la barriera virtuale che separa l’internet cinese da quello del resto del mondo.

Il Great Firewall intorno alla Cina

“Great Firewall” è un termine coniato da Wired nel 1997. In quella occasione il giornale stava parlando del progetto di censura e sorveglianza Golden Shield Project, ma ormai l’espressione identifica tutta la macchina tecnologica e burocratica che lavora su molti livelli per trovare, controllare e bloccare i vari contenuti disponibili per gli utenti cinesi. Nella pratica questo si traduce in un enorme filtro che impedisce di accedere dall’interno del Paese a tutta una serie di siticontenuti disponibili nel resto del mondo. Facebook, Twitter, Google, Youtube: queste e molte altre piattaforme sono di fatto irraggiungibili navigando dalla Cina.

Foto di Severin.stalder

Ma tutto questo non ha portato ad un internet “impoverito”, bensì ad un internet parallelo, con quasi 700 milioni di utenti: per ogni servizio e piattaforma occidentale, infatti, esiste una sua controparte cinese, con server in Cina e quindi a disposizione del governo. WeChat come applicazione di messaggistica, Weibo come social, Baidu per le ricerche al posto di GoogleAlibaba per gli acquisti online: avendo a disposizione un grande bacino di utenti e poca o nessuna competizione internazionale, alcuni di queste piattaforme sono diventate tra le più grandi non solo della Cina, ma del mondo.

Scavalcare il Firewall

Nonostante la pervasività del filtro, dei controlli e delle censure governative, aggirare questo sistema è  attualmente relativamente semplice. Spesso basta munirsi di un VPN, a pochi dollari al mese, per mascherare il proprio indirizzo IP ed accedere a tutti i siti altrimenti proibiti.

Il governo è tollerante verso questo tipo di “raggiro”, per due ragioni: la prima è che molte compagnie ed aziende hanno bisogno di un modo per poter accedere alla rete globale e rimanere competitive a livello commerciale. La seconda è che si tratta comunque di una via poco utilizzata dal cittadino medio.

Il fatto che ogni aspetto di Internet sia coperto da una servizio equivalente cinese, e che la censura governativa sia attenta e mirata piuttosto che opprimente in maniera palese, comporta che la maggior parte dei cittadini non faccia particolari sforzi per aggirare il Great Firewall. Complice anche la propaganda del regime, per molte persone la presenza di piattaforme digitali interne alla Cina è più che sufficiente per la vita di tutti i giorni, e non è facile rendersi conto di quanto alcuni argomenti sono stati censurati o intorbiditi dalla narrativa del partito.

Nessuna luce in fondo al tunnel

Il fatto che i VPN funzionino per aggirare il blocco è quindi una cosa nota, e il governo può comunque decidere, come è successo anche in passato, di bloccare alcuni protocolli VPN o arrestare giornalisti e attivisti che hanno utilizzato questa tecnologia per comunicare liberamente con il mondo esterno.

Il fatto che la Cina sia sempre più commercialmente legata al resto del mondo non sta nemmeno portando ad un alleggerimento di questo blocco, anzi: Pechino non cerca di nascondere il suo controllo sulla rete, giustificandolo come un semplice mezzo per mantenere l’ordine e la sicurezza nazionale. Addirittura, per le compagnie straniere intenzionate ad operare in Cina, lo stato richiede alcune concessioni in termini di posizionamento dei server all’interno del paese e alla censura di alcuni servizi o applicazioni.

Non sembrano quindi esserci all’orizzonte cambiamenti positivi per quanto riguarda la libertà di parola e di informazione in Cina. Per il momento possiamo soltanto essere un po’ più consapevoli del fatto che il web per come lo conosciamo noi è una realtà tutt’altro che scontata.

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Source
The Wired (archivio)The Washington PostFinancial Times (vignetta)

Giovanni Natalini

Ingegnere Elettronico prestato a tempo indeterminato alla comunicazione. Mi entusiasmo facilmente e mi interessa un po' di tutto: scienza, tecnologia, ma anche fumetti, podcast, meme, Youtube e videogiochi.

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