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Apollo 10 e mezzo: com’è il film di Richard Linklater

Apollo 10 e mezzo è disponibile su Netflix.

Invecchiando, si ritorna sempre a casa. Dopo averci raccontato un’ultima incredibile giornata liceale negli anni ’70 con La vita è un sogno, l’impatto del destino sulla nostra vita con la trilogia di Prima dell’alba e un arco di 12 (reali) anni di vita con Boyhood, Richard Linklater fa così ritorno nel Texas in cui è cresciuto, e in particolare alla Houston dell’estate 1969, in fibrillazione per il primo storico allunaggio. Impresa portata a termine dall’equipaggio dell’Apollo 11, ma anticipata, almeno nella finzione, da quella dell’Apollo 10 e mezzo, con protagonista il piccolo Stanley (chiaro alter ego del regista stesso). Riprendendo l’animazione fotorealistica in rotoscope di Waking Life e A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare, Linklater ci accompagna così in un dolce e sognante viaggio nella sua infanzia, che attraversa un periodo fondamentale della storia americana, scosso da guerre, tensioni sociali e slanci tecnologici.

Sulla scia dei ritorni al passato di altri importanti registi negli ultimi anni, come Alfonso Cuarón (Roma), Quentin Tarantino (C’era una volta a… Hollywood) e Paul Thomas Anderson (Licorice Pizza), Linklater ricostruisce un’intera epoca attraverso ricordi, aneddoti, riferimenti alla cultura pop e un pizzico di fantasia, regalandoci un’opera intima e nostalgico, che purtroppo possiamo vedere solo in streaming, più precisamente su Netflix. Il pretesto narrativo è l’imperdibile occasione offerta al piccolo Stanley, ultimo di 6 figli ma già grande appassionato di fantascienza cinematografica e televisiva (non a caso, lo vediamo innamorarsi di 2001: Odissea nello spazio, di un altro Stanley).

A causa di un errore di progettazione che ha prodotto un abitacolo troppo stretto, il protagonista si deve avventurare in un viaggio in gran segreto sulla Luna, anticipando l’Apollo 11. Realtà o fantasia? Non importa, perché «Sai come funziona la memoria: anche se dorme, un giorno penserà di aver visto tutto».

Apollo 10 e mezzo: il nostalgico viaggio di Richard Linklater nell’America del 1969

Apollo 10 e mezzo

Rinnegando qualsiasi regola o restrizione narrativa (come suo solito), Linklater piega letteralmente il racconto alla sua volontà, dilatando e comprimendo i tempi a seconda delle proprie esigenze e trasformando di fatto Apollo 10 e mezzo in una lunga digressione sulla vita del piccolo Stanley, con lo storico allunaggio sempre sullo sfondo. Come in di Federico Fellini (è solo una coincidenza il “mezzo” usato da Linklater nel titolo?), veniamo letteralmente travolti da un’ondata di ricordi, sensazioni ed emozioni apparentemente slegate fra loro, ma capaci in realtà di forgiare un’esistenza e nello specifico l’immaginario dello stesso regista.

Assistiamo così alle prime bugie raccontate a scuola per ingigantire il ruolo del padre alla NASA (essere bugiardi è una qualità fondamentale per un regista) e all’attenzione agli sprechi tipica degli adulti cresciuti nel dopo guerra, ma siamo con Stanley (doppiato in originale da Jack Black) anche quando va al cinema a vedere per l’ennesima volta Tutti insieme appassionatamente, o quando dal divano di casa guarda rapito Il mago di Oz (con l’arrivo del colore a rendere l’esperienza ancora più maestosa) o show storici della TV americana, come Dark Shadows o Ai confini della realtà.

Intorno a lui, l’America che cambia, protraendosi verso lo spazio ma rimanendo ancorata alle contraddizioni di sempre, come la raccolta di cibo per lo stesso popolo che si sta bombardando, le punizioni corporali per gli alunni più indisciplinati o le minoranze più povere che protestano per i fondi destinati alla corsa spaziale invece che a una maggiore equità sociale.

La magia del cinema e dei ricordi

Ma questo toccante e approfondito omaggio all’America degli anni ’60, che parte da American Graffiti e tocca First Man, sa farsi grande soprattutto nelle piccole cose, come gli scherzi con i primi telefoni a tasti, una gita al luna park, la passione delle sorelle più grandi per Beatles e Monkees o la sicurezza mai più raggiungibile in età adulta con cui il piccolo Stanley si addormente in macchina, in una delle più struggenti allegorie dell’infanzia viste di recente.

Per la sua natura ibrida, l’animazione in rotoscope diventa il mezzo espressivo perfetto per descrivere la sospensione fra sogno e realtà in cui abitano Apollo 10 e mezzo e lo stesso Richard Linklater, che qui tocca una delle vette del suo strepitoso cinema. Una cartolina da un passato solo in apparenza lontano, a cui guardare con tenerezza e allo stesso tempo con lucidità, per comprendere e accettare l’influenza di ciò che siamo stati su ciò che siamo diventati. Un flusso di coscienza in cui ci si perde con gioia e da cui non si vorrebbe mai uscire, capace di riconciliarci con la magia del cinema e dei ricordi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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