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La recensione di Tunic, un criptico action metroidvania

Abbiamo atteso a lungo questo titolo, ampiamente trattato e protagonista del Summer Game Fest, oltre ad aver annunciato la sua data di uscita alla scorsa edizione dei The Game Awards. Parliamo di Tunic e del lavoro che il solo developer Andrew Shouldice ci ha dedicato negli ultimi sette anni. Lo abbiamo brevemente anticipato anche nella nostra selezione degli indie di febbraio 2022, si tratta di un gioco d’avventura isometrico fortemente influenzato dalla saga di Zelda. Disponibile su Steam, Xbox One e Xbox Series S|X, Tunic è un omaggio a un’epoca ormai passata in ambito videoludico, in grado di coinvolgerci per diverse ore con una storia davvero singolare e che presenta diverse difficoltà, sia nella comprensione della vicenda, sia a livello di gameplay. Vediamo però nello specifico questi aspetti nella nostra recensione dedicata.

La recensione di Tunic – Un’avventura per vere volpi

Come anticipato, Tunic è un action-adventure isometrico incentrato sulla storia di una piccola volpe che parte alla volta della natura selvaggia, dove si combattono nemici di diversa misura e ciascuno con le sue caratteristiche di attacco. Si tratta di un mondo pieno di mistero, dove parecchi dettagli rimangono abbastanza oscuri e il cui significato non ci è molto chiaro. A partire da una caratteristica che ci colpisce fin dall’inizio: parecchie indicazioni e spiegazioni ci vengono fornite in un linguaggio segnico decisamente e totalmente incomprensibile. Questo aspetto rende parecchio complicato riuscire a capire il senso del messaggio che ci compare sullo schermo.

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Questo vale sia per determinati punti di salvataggio e recupero delle energie, rappresentata su schermo da una classica barra vitale, sia per comprendere l’uso e il significato di determinati oggetti. Possiamo però osservare che non tutte le indicazioni prevedono la sola presenza di questo alfabeto runico, come ad esempio su alcuni cartelli indicatori. L’aspetto peggiorativo però di questo elemento che ci manda in confusione è che anche il “manuale di istruzioni”, un elemento tratto anch’esso dai primi capitoli di Zelda.  Le pagine di quest’ultimo vengono ottenute man mano procedendo nel gioco, e presenta questo alfabeto.

Paradossalmente quindi abbiamo per le mani un manuale, nel pieno rispetto delle ispirazioni amarcord di questo gioco, ma senza gli strumenti necessari per comprenderlo e per capire efficacemente cosa stia succedendo. Inoltre, come anticipato, sparse in tutto il mondo, ci sono pagine di questo manuale. Le pagine sono nascoste in vari punti e vale decisamente la pena raccoglierle e consultarle. Tra queste, abbiamo mappe, un bestiario che elenca tutti i mostri e l’utilizzo di alcuni oggetti. 

Oggetti importanti e linguaggi runici

A tal proposito, l’idea che uno strumento sia una chiave per il progresso è un elemento allettante e in perfetto stile metroidvania. A questo, dobbiamo unire anche il fatto che abbiamo anche una buona componente ludica basata sul caso. Ci spieghiamo, anche se si è poco equipaggiati e in base alle scelte che facciamo in fase di combattimento, possiamo aprirci varchi e passaggi grazie all’uso della spada dei nemici. Questo almeno fintanto che dovremo usare un bastone come arma. Anche solo inciampando, si può arrivare in una zona dove non si “dovrebbe” essere, scoprendo luoghi e antri segreti in un mondo dalla grafica molto particolare. 

Diverse scelte di questo titolo ci sono sembrate davvero originali. Da una parte, il linguaggio runico che ci conduce per tutto il gioco, unito alla mancanza perlopiù costante di dialoghi nel momento in cui la nostra volpe incontra diversi personaggi, che non siano chiaramente i nemici random contro cui dobbiamo arduamente combattere. Inoltre, non ci viene richiesto di decodificare un linguaggio segreto.

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Una grafica semplice e geometrica

Unitamente a questa scelta stilistica, anche il comparto grafico è decisamente particolare, richiamando in parte le forme di Minecraft. Tutti gli elementi naturali ricordano forme geometriche, così come il movimento dell’acqua non sembra essere fluido come un liquido, ma più corposo come se fosse tempera colorata versata sullo schermo.

In generale, Tunic ricorda davvero un mondo fisicamente rudimentale, quanto concettualmente misterioso. Forme abbastanza astratte, ma che rendono intuibile la funzione di alcuni elementi, contribuiscono a rendere unico il gioco che abbiamo per le mani. Lo sviluppatore è riuscito a trovare un equilibrio tra astrazione e stilizzazione per restituire un gioco visivamente interessante e per niente iperrealistico. 

La recensione di Tunic in pillole

In conclusione, Tunic è un’esperienza ispirata a diversi titoli celebri del panorama videoludico, tra cui anche Monument Valley, oltre alla saga di Zelda. Dall’estetica morbida e originale, è stato concepito un gioco che riprende le sensazioni dei titoli amarcord. Un aspetto alimentato da elementi come il manuale componibile man mano e le sfide con nemici sempre diversi e sfidanti. Un titolo non troppo longevo di per sé, cuba una manciata di ore per coloro che riescono a sconfiggere i nemici senza particolare fatica, ma che può arrivare ad almeno 12 ore per essere completato, tra il gameplay in sé e segreti da scoprire.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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