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La crisi di Twitter: -71% di ricavi da pubblicità nel mese di dicembre 2022

Prosegue la fuga dei pubblicitari dalla piattaforma

La sensazione è che da quando Elon Musk è diventato proprietario di Twitter non abbia mutato atteggiamento rispetto a quando era solo un utente compulsivo del social.

Continua imperterrito nei suoi tweet criptici, nei suoi sondaggi e nelle sue sparate, come un fruitore qualunque (ma con oltre 127 milioni di follower, d’accordo).

Anche la gestione dell’azienda sembra poggiare su decisioni estemporanee, che magari fanno un certo clamore mediatico ma che non danno l’idea di far parte di una strategia a lungo respiro.

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Ultima in ordine di tempo è la notizia secondo cui quanto prima arriverà una versione di Twitter Blue senza pubblicità (ma a un costo più elevato).

I vari aspetti della crisi di Twitter

Al di là di questo, o proprio per questo, da quando Musk l’ha rilevata, Twitter è in crisi. Ed è una crisi che non riguarda solo i maxi licenziamenti o la perdita dei cosiddetti utenti forti.

Un altro settore sofferente, peraltro fondamentale per gli introiti aziendali, è quello dei ricavi da pubblicità. Scopriamo perché, e vediamo a tale proposito gli ultimi e poco rassicuranti dati.

elon musk twitter

Meno moderazione

Da tempo ormai si parla di fuga degli inserzionisti da Twitter, e l’esodo è strettamente legato a quanto abbiamo appena detto circa i maxi licenziamenti.

Lo sfoltimento dei dipendenti ha infatti toccato anche la moderazione dei contenuti, e ciò ha fatto perdere fiducia nell’azienda sia agli utenti che, appunto, agli inserzionisti.

E non si tratta solo di supposizioni, come vedremo dal crollo dei ricavi pubblicitari dell’ultimo bimestre del 2022.

Il crollo dei ricavi pubblicitari

A pubblicare i numeri è stata SMI (Standard Media Index), che ha palesato i dati percentuali degli introiti pubblicitari di Twitter a novembre e dicembre del 2022.

Se già a novembre i ricavi hanno fatto segnare un clamoroso -55% rispetto allo stesso mese del 2021, a dicembre si è riusciti a peggiorare, e non di poco: -71% rispetto al dicembre dell’anno precedente.

Risultati ancor più deludenti se pensiamo che l’azienda ha deciso di ampliare le categorie di pubblicità mostrate ai fruitori. Includendo, tra gli altri, gli spot dei politici.

I motivi della fuga degli inserzionisti

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Gli analisti ritengono che il colpevole principale della crisi di Twitter per quanto riguarda la pubblicità sia l’estensione della spunta di Twitter Blue a chiunque sottoscriva un abbonamento mensile di 7,99 euro. Con le polemiche per possibili falsi account, e l’abbandono di molti utenti, che ne sono conseguiti.

Una concausa l’abbiamo appena citata, e va ricercata nella minor moderazione dei contenuti. Ciò ha determinato un abbassamento qualitativo dell’esperienza in Twitter, a cui ha contribuito l’ennesima decisione impopolare di Musk. Ovvero quella di reintegrare alcuni personaggi in precedenza bannati, e fortemente divisivi. Primo tra tutti, va da sé, l’ex presidente americano Donald Trump.

Le conseguenze

La crisi di Twitter riguardo le pubblicità potrebbe avere serie ripercussioni sull’azienda.

Basta ricordare che la vendita di spazi pubblicitari porta nelle casse della società quasi il 90% delle entrate. Secondo alcuni dati, questa discesa in picchiata degli introiti potrebbe portare a un calo clamoroso nella quarta trimestrale 2022: si parla di un -35% dei ricavi rispetto allo stesso periodo del 2021.

Va aggiunto, però, che ben 14 grandi inserzionisti su 30, quasi la metà, aveva già abbandonato Twitter all’atto dell’acquisizione della società da parte di Musk, del quale non era stato apprezzato il tira e molla dei mesi precedenti.

Non è un caso se ora, come ha rivelato il Wall Street Journal, lo stesso Musk sarebbe disposto a offrire sino a 250.000 agli inserzionisti che hanno lasciato la piattaforma, per assicurarsi il loro ritorno.

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I pericolosi tweet di Musk

Qualcuno dovrebbe consigliare a Elon Musk di badare di più al momento di crisi di Twitter e meno a elargire cinguettii.

Anche perché un suo tweet maldestro del 2018 lo vede ora a processo con l’accusa di frode finanziaria. Il Ceo di Tesla è infatti nel mirino di una class action per aver twittato, nell’agosto del 2018, quanto segue: “Considerando di privatizzare Tesla a $420. Trovati i fondi”. Questa falsa speranza sarebbe costato milioni di dollari a svariati a investitori.

Ed è servito a poco l’appello di Musk a non prendere troppo sul serio i suoi tweet. Già nel 2018 per questo motivo è stato accusato di frode dalla Securities and Exchange Commission (Sec) statunitense, e ha dovuto pagare una sanzione di 20 milioni di dollari. Oltre all’inibizione per quasi tre anni dalla presidenza del consiglio di amministrazione di Tesla (pur continuando ad esserne l’amministratore delegato).

E adesso, la class action. Nonostante ciò, la prolificità di Musk su Twitter non sembra attenuarsi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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