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Io e mio fratello, com’è il film del regista di Tre Metri Sopra Il Cielo su Prime Video

Le storie italiane hanno ancora oggi almeno tre vizi: l’adorazione per il campanilismo, la fissazione per il lieto fine a tutti i costi e un’incredibile, stereotipata difficoltà nel parlare di omosessualità. Perché una scena di intimità tra uomo e donna merita diverse scene dedicate, tra due ragazze invece ci si scambia solo qualche bacio, appena vestite. Ma ha anche dei pregi il nuovo film sbarcato su Prime Video e la cui regia porta la firma di Luca Lucini. Un nome che conosceranno a malapena le fan di Riccardo Scamarcio quando vent’anni fa circa usciva Tre metri sopra il cielo. Ora torna con Io e Mio Fratello, dove il “bello” di casa è Cristiano Caccamo, ma saranno le donne a vincere per numero e per qualità di recitazione, oltre che per significato nella trama.

Io e mio fratello, da Milano alla Calabria tutti gli stereotipi italiani

Una storia contemporanea, parecchio, e tutta italiana, anzi, calabrese. Sofia (Denise Tantucci) è una giovane scappata di casa da dieci anni, ribelle, con tanti corsi di laurea iniziati in giro per l’Italia, ma nessuno portato a termine. Ora è a Milano, dove lavora come assistente di sala e convive con Alessandro (Claudio Colica), ma tra loro non c’è altro che amicizia.

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Sofia non solo ha una vita relazionale sregolata, ma è anche omosessuale, tratto di sé che solo il padre, defunto, sapeva. E soprattutto quello che non sanno a casa, ad Altomonte, è che ha avuto una relazione con Michela (Greta Ferro), ora promessa sposa di suo fratello Mauro (Cristiano Caccamo).

Proprio per questo motivo, e per il suo amore mai davvero terminato per Michela, torna a casa sua, percorrendo l’intero Stivale e trovando ad aspettarla una madre (Lunetta Savino) con la quale continua a non scorrere buon sangue. Oltre a questo la sua famiglia, da tempo coltivatrice di vini, ha un’ampia vigna che è passata nelle mani di Mauro. Egli presto rivelerà però le sue pecche in questa nuova attività commerciale per lui.

E non sarà facile per Mauro far collimare questi problemi e il tentativo di vendere la vigna e l’azienda ai classici acquirenti americani con un matrimonio, dopo un anno scarso di relazione e una sorella che non sopporta….

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Tra nuovi volti del cinema italiano e vecchi stereotipi

Io e mio fratello è un titolo che non calza troppo a pennello con quella che è la storia, ma ce lo faremo andar bene. Il film è senza pretese, dove forse la vera bellezza è l’ambientazione. Il set nell’estate calabrese è forse l’elemento migliore del film e che vi lascerà a bocca aperta, con la voglia di fare le valigie e partire subito per una vacanza. Per il resto, la trama e le varie sottotrame non hanno nulla di sconvolgente nella loro scrittura. Inoltre i colpi di scena saranno davvero esigui, oltre che essere di fatto tutti tranquillamente prevedibili.

Evitando il più possibile spoiler sulla storia, il ritorno di Sofia a casa non poteva che essere il giro di boa per tutta la famiglia e per le persone che vi ruotano attorno, così come per l’azienda vinicola stessa. Non mancano inoltre evidenti tratti classici della filmografia italiana, come l’attaccamento alla propria terra, determinato anche dal dialetto che qui però parlano solo Caccamo e Savino. Come se fossero i soli personaggi ad avere un vero legame con Altomonte.

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Sofia invece è quella “evoluta”, che dal “norde” torna a casa dimostrandosi diversa dagli altri. Anche nell’abbigliamento, rispetto a quello dei concittadini, fin troppo paesano e “folkloristico” in determinate occasioni di festa.

Qualche punto di forza, tante sensibili mancanze

Ci sono delle mancanze e dei punti di forza in Io e Mio fratello, ma si fanno quasi più sentire le prime, se si pretende da questa pellicola che sia quello che non è: un capolavoro. Perché ancora emerge dell’incoerenza in diversi punti, a partire dall’incipit del film. Questo è totalmente incentrato su Sofia e che porta poi in una direzione del tutto diversa da come si preannunciava. Chi lo avrebbe detto che dai sofisticati locali milanesi con vista su City Life e con una ragazza che ha una relazione con una donna ben più grande di lei, si potesse passare al profondo sud, tra vigne e dialetti calabresi?

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Altra stereotipia e difficoltà pruriginosa sta nell’impossibilità di pronunciare la parola “omosessuale” o “lesbica” quando Sofia si confronta con sua madre, come se fosse davvero una parola proibita. Inoltre c’è ampio divario nella rappresentazione dell’intimità eterosessuale e omosessuale. Infine, il classico happy ending all’italiana, qui forse troppo forzato in certi aspetti, non poteva mancare. Però stona; quasi avremmo preferito il retrogusto amarognolo che questa storia meritava, o comunque un altro finale.

Ci sono mancati sullo schermo invece Teresa Mannino, zia “cougar” di Sofia e Mauro che si è iscritta a una app di appuntamenti e ci prova con Alessandro, e Nino Frassica, al quale vengono riservate purtroppo solo due scene minime. Se invece guardassimo a questa produzione come un tentativo, non troppo originale e neanche ben riuscito, di empowerment femminile. Un ribaltamento delle percentuali di attrici femminili e di trattamento di tematiche attuali, dove la missione è stata compiuta solo per metà. Perché sembra tutto un po’ costruito ad hoc per venire incontro a temi e necessità attuali. La sensazione che tanti tratti siano solo pretestuosi è forte, e lo stereotipo vince. Niente nuovo che avanza.

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La recensione de Io e mio fratello in pillole

Io e mio fratello è un titolo senza arte, né parte. Va a riempire ulteriormente la libreria di Prime Video tra i film italiani che probabilmente rimarranno lì a lungo, ma senza pretese di successo di pubblico e di ricevere particolari elogi. La storia è piacevole se la si vive come passatempo per un’ora e tre quarti, ma comincia a traballare sempre di più al minimo accenno di analisi critica. Non si sforza di andare oltre la classica storia stereotipata del Sud Italia. Un Caccamo che a tratti fa emergere il padre padrone calabrese in maniera abbastanza casuale, Greta Ferro che passa di nuovo per la ragazza spaurita, senza particolare distanza presa da Made in Italy, suo primo lavoro per Prime Video, e Denise Tantucci ha del potenziale. O almeno, lo speriamo. Rimane forte solo la classe di ferro, mai davvero con il doveroso spazio riservato loro: il trio Savino, Frassica e (in parte) Mannino. La classe non è acqua, anzi, è vino invecchiato a dovere.

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