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Siamo entrati nell’era dei social a pagamento?

I social media stanno per diventare a pagamento? Dopo anni in cui la pubblicità (e i nostri dati) hanno alimentato il sistema dei social, sempre più piattaforme stanno proponendo abbonamenti agli utenti. E in alcuni casi, stanno puntando a far pagare tutti gli iscritti – almeno stando alle dichiarazioni di chi ha da poco cambiato il nome di Twitter. Ma Elon Musk non è da solo: sembra che l’intera industria si stia muovendo verso un sistema dove gli abbonamenti giocheranno un ruolo chiave.

I social diventano a pagamento: una nuova era

L’annuncio più recente riguarda Meta, l’azienda madre di Facebook e Instagram, che prevede di addebitare agli utenti europei 17 dollari al mese per una versione priva di pubblicità di entrambe le piattaforme. Una decisione che arriva dopo le varie strette dell’Unione Europea sulla privacy e la condivisione, che già più volte ha costretto Meta a cambiare le policy che utilizza negli Stati Uniti. Ma che rientra anche in un trend più largo, che non dipende solo dalle norme UE.

Sempre più abbonamenti

Quella di Meta è una mossa che avrebbe destato incredulità solo pochi anni fa, ma ora non è sola. Tutte le principali piattaforme di social media offrono o stanno esplorando l’opzione di un abbonamento premium. E molte persone stanno effettivamente aderendo a questa nuova dinamica.

TikTok, ad esempio, ha recentemente confermato di testare un proprio piano di abbonamento senza pubblicità, dopo che Android Authority ha scoperto una richiesta di servizio da 4,99 dollari nascosta nel codice dell’app.

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X, precedentemente noto come Twitter, ha introdotto il suo famoso “segno di spunta blu” a 8 dollari al mese non appena Elon Musk ha comprato la piattaforma. Allargando però un servizio (all’epoca Twitter Blue, ora X Premium) già esistente. E che ora include anche meno pubblicità e altre funzionalità aggiuntive.

YouTube, da sempre sempre più che solo una piattaforma social, offre da tempo un servizio Premium a 13,99 dollari al mese, che garantisce un’esperienza senza pubblicità. Anche Snapchat ha un piano mensile a 4 dollari, che offre funzionalità e strumenti personalizzati.

Nessuno ride più all’idea di un social a pagamento

Come fa notare bene Thomas Germain su Gizmodo, quando Elon Musk ha proposto di far pagare per la spunta blu sull’allora Twitter, i meme e le prese in giro hanno riempito internet per settimane. Il motivo era senza dubbio la disastrosa implementazione della funzione, che ha allontanato gli inserzionisti costando parecchio a X (lo stesso Musk ha detto che la società ha perso la metà degli introiti).

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Ma gli altri social hanno implementato misure simili con più calma e senza sbraitare, raccogliendo un buon successo. Se su X sono solo 640 mila gli abbonati, Snapchat arriva a 5 milioni e YouTube, che lo fa da più tempo, conta 80 milioni di utenti Premium.

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Questi numeri rappresentano ancora gocce nel mare. Gli utenti giornalieri sono 206 milioni per Twitter, 375 milioni per Snapchat, con YouTube che supera i due miliardi di iscritti. Dire che il modello di business sia cambiato del tutto è impossibile: ma il passaggio a fome di pamento è un processo che ormai riguarda tutti i social.

Social a pagamento: prodotto e cliente

Fino a poco tempo fa, gli utenti offrivano la loro attenzione agli inserzionisti in cambio di accesso gratuito a contenuti e connessioni con amici e creatori di contenuti. La frase ripetuta in quel periodo (ma originaria per commentare le TV commerciali negli anni ’70) era: “se non sai cosa sia il prodotto, allora il prodotto sei tu”. Ma sembra che sempre di più gli utenti diventano sia il prodotto che i clienti delle piattaforme.

Gizmodo fa un interessante parallelo con l’industria delle compagnie aeree, che hanno introdotto una serie di servizi precedentemente gratuiti, come il check-in dei bagagli, la scelta dei posti e l’imbarco prioritario, facendo pagare i passeggeri per questi servizi. Un “upselling” di un servizio che fino a poco fa tutti i viaggiatori avevano gratuitamente.

Il paragone non calza perfettamente, ma sembra incarnare i commenti sugli abbonamenti a pagamento che spesso vediamo sui social media. Chi non paga rischia di avere più annunci pubblicitari, pop-up con richieste di pagamento per accedere a parti del servizio. In alcuni casi, chi paga ha un vantaggio anche nel raggiungere i follower. Come in X, dove gli utenti che pagano hanno una migliore visibilità dei propri post, oltre a evitare la fastidiosa presenza di pubblicità. Pubblicità che spesso è diventata più insistente, come negli annunci su YouTube gratuito.

La tattica funzionerà?

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Per molti, utilizzare le piattaforme di social media è diventato essenziale nella vita di tutti i giorni, quasi un’infrastruttura necessaria. Come un viaggio in aereo per chi si muove per lavoro: ci sono altre possibilità, ma spesso poco praticabili. La possibilità di abbandonare completamente questi servizi potrebbe non essere una scelta realistica. Non solo per chi con i social ci lavora, ma anche per chi ha stretto legami che non vuole tagliare per colpa di un abbonamento.

Per queste persone, pagare un abbonamento (anche controvoglia) potrebbe risultare l’unica. Specie se le pubblicità per gli account gratuiti aumentano o se la piattaforma decide di mettere dietro al “paywall” alcuni servizi che considerano fondamentali.

Ma non tutti hanno questo problema. Sebbene convincere tutti i propri contatti a seguirci su un social gratuito sia molto difficile, qualche utente potrebbe comunque decidere di cambiare piattaforma. Qualcuno l’ha già fatto dopo l’arrivo di Elon Musk da Twitter. E forse nei prossimi anni arriverà un’alternativa gratuita che cattura l’attenzione di tutti: fino a qualche anno fa, nessuno aveva sentito parlare di TikTok, ora uno dei social più importanti. Sarà il mercato a rispondere, saremo noi utenti a dire quando ne avremo abbastanza. Se mai succederà.

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Source
Gizmodo

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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