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Tecnomagia: la nostra recensione del libro di Vincenzo Susca

Il sottotitolo: “Estasi, totem e incantesimi nella cultura digitale”

Che viviamo in un’epoca signoreggiata dalla tecnologia non stiamo nemmeno a ripetercelo.

Ma che la tecnologia in questi ultimi tempi stia abbandonando il proprio ruolo strumentale, per elevarsi a feticcio attorno a cui convergono inedite ed estemporanee comunità, beh: questo è un aspetto certamente più sottile, allo stesso tempo fascinoso e inquietante.

È la tecnomagia, un felice ossimoro che indica il ruolo attrattivo e in qualche modo prerazionale delle nuove forme di comunicazione. E, va aggiunto, di socializzazione.

Le tumultuose forme di aggregazione che ne derivano, dai confini spesso molli, sono il simbolo di una civiltà all’apice o il sintomo di una nuova decadenza?

Tecnomagia

In simili questioni si addentra il denso saggio, che si intitola proprio Tecnomagia, scritto da Vincenzo Susca e dato alle stampe da Mimesis nell’ottobre del 2022.

Susca fin dalle prime pagine prende una chiara posizione: “In una siffatta rete di dipendenze, una sorta di danza macabra, dove siamo posseduti dagli oggetti che crediamo di possedere e agiti laddove siamo convinti di agire, le persone coinvolte esperiscono una sorta di trance, che è al tempo stesso pura vibrazione nell’ambiente dove sono immerse e fuga dall’io verso ciò che lo precede ed eccede, tra remoti arcaismi e visioni futuristiche, al di là delle utopie e delle distopie” (p. 16).

È in fondo una descrizione più analitica di quanto recita il sottotitolo dell’opera: “Estati, totem e incantesimi nella cultura digitale”.

Susca cover

Nuovi legami collettivi

La tecnomagia, ci dice Cusca, permette la nascita di “universi semantici autonomi” basati sulla fede cieca, con buona pace della razionalità e della plausibilità scientifica.

Ecco dunque l’universo dei complottismi, i no vax, i terrapiattisti, i populismi più o meno espliciti eccetera.

È la natura stessa di questo mondo parallelo a quello tridimensionale, dove nuovi “legami collettivi” fioriscono seguendo coordinate nuove e irripetibili nella, chiamiamola così, realtà-realtà.

Estasi e alterazioni

Ma attenzione: Tecnomagia non è un libro luddista, univocamente o moralisticamente critico nei confronti della contemporaneità.

Fotografa semmai un cambiamento antropologico che è fine e inizio allo stesso tempo. Nel capitolo Estati e alterazioni, ad esempio, ci viene spiegato come sia il corpo uno dei protagonisti di queste nuova forme di socialità.

Attraverso i social media e il modo in cui al loro interno ci proponiamo ed esibiamo, ecco esposti al mondo i nostri “corpi dilatati, truccati, ritoccati, rifatti, ridondanti, mortificati, smembrati” (p. 76).

Questo fatto si collega alla felice intuizione presente nel capitolo Dal totemismo al web, dove Vincenzo Susca ci spiega che l’esperienza ha perso la sua connotazione individuale: se oggi essa non è data in pasto, condivisa, commentata, non è.

Da qui l’ossessione di rendere pubblico sui social ogni banale e ripetuto gesto quotidiano.

La tele-empatia

C’è una nuova segnaletica – le emoticon, le emoji, le gif, i meme… – con cui comunichiamo in questo universo affollato di segni.

Ed è una segnaletica, dice Susca, che previene il pensiero logico e rifugge la complessità: è la tele-empatia, attraverso cui diamo o neghiamo la nostra adesione emotiva ai fatti altrui.

Tutto più superficiale, più rapido, quantitativamente abnorme, di certo effimero.

Ma di nuovo, anche qui l’autore coglie un versante positivo, un “impulso pornoerotico” che consente di “legarsi all’altro attraverso forme estetiche molli, magmatiche e sensuali, leggere ma vincolanti” (p. 151).

Il corpo virtuale

Questi nuovi legami, inoltre, segnano una polverizzazione e moltiplicazione all’infinito dell’io, come contrafforte al fatto che (pensiamo soprattutto al primo lockdown) il nostro corpo è sempre meno dinamico, si pone sempre meno in relazione.

E così, se sono sempre più frequenti i casi di persone che trascurano il proprio aspetto fisico, sulle piattaforme social ci trucchiamo, ci abbelliamo, giochiamo con le nostre fattezze, ci mascheriamo, usiamo avatar, nickname, svariate identità e personalità.

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La gioia tragica

Insomma: è come se la tecnomagia segnasse la fine delle ideologie e la “dissoluzione delle grandi narrazioni collettive” (p. 205), a favore di una vitalità istintiva incapace di progettualità.

E allora anche i moderni punti di incontro collettivo – pensiamo ai luoghi fantasmatici dei tanto discussi rave – non hanno quasi riconoscibilità geografica, sembrano non-luoghi, spazi onirici.

Dove i giovani danzano sulle rovine di un solido passato ormai in dissoluzione. E si preparano a un futuro incorporeo, gravido di energie potentissime e difficilissime da riconoscere, prima ancora che da governare.

Inevitabile che, presi in questo tempo di passaggio così seducente, brutale e dagli esiti tanto incalcolabili, i ragazzi siano preda di quella che Susca chiama una “gioia tragica”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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