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La prima notte di quiete di Valerio Zurlini – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, parliamo ancora di Alain Delon e della sua indimenticabile prova ne La prima notte di quiete.

«La prima notte di quiete è un verso di Goethe, è la morte. Esprime l’idea che l’uomo nella sua traversata della vita ambisce a un riposo che solo la morte potrà dargli». È lo stesso Valerio Zurlini, nelle pagine de Il cinema italiano d’oggi di Franca Faldini e Goffredo Fofi, a sviscerare il significato di una delle sue opere più conosciute e amate. Un film malinconico e crepuscolare, in cui il disagio esistenziale del protagonista, interpretato da un monumentale Alain Delon, convive con la vuota euforia di un gruppo di vitelloni riminesi, in un autunno grigio e freddo.

Dopo aver parlato della prova dell’attore francese ne Il Gattopardo, in questo nuovo appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto ci dedichiamo dunque ancora a lui, alle prese con una performance di segno opposto. Mentre nel capolavoro di Luchino Visconti Alain Delon prestava volto e corpo allo scaltro e cinico Tancredi Falconeri, in questo caso lo possiamo invece nella sua interpretazione, tutta in sottrazione, di Daniele Dominici, ambiguo e sinistro personaggio che nel folgorante incipit de La prima notte di quiete vediamo aggirarsi sul molo di Rimini, lontano anni luce dal chiasso e dalla gioia estiva.

In fuga da un doloroso passato, l’uomo si reca in un liceo classico di Rimini, dove lo attende un temporaneo lavoro da supplente, che svolge con atteggiamento disilluso e disinteressato. La sua attenzione viene però catturata da Vanina Abati (Sonia Petrova), sua alunna che spicca per intelligenza e originalità. Mentre il rapporto fra i due si intensifica, Daniele comincia a frequentare un gruppo di personaggi poco raccomandabili, fra cui si distinguono il fidanzato di Vanina Gerardo Pavani (Adalberto Maria Merli) e l’ambiguo Spider (Giancarlo Giannini). Ad attenderlo a casa c’è invece Monica (Lea Massari), con cui vive una relazione autodistruttiva.

La prima notte di quiete: fatalità e disagio esistenziale in una Riviera cupa e malinconica

È ancora la Romagna tanto cara a Valerio Zurlini a fare da teatro a un racconto in bilico fra decadentismo e tormento, fra nostalgia e intensi sprazzi di luce. Dopo essere stata al centro di Estate violenta e La ragazza con la valigia, la Riviera accompagna silenziosamente il cupo e doloroso viaggio del protagonista negli anfratti del suo animo afflitto. A parlare per lui sono i dettagli, i gesti e le espressioni: un cappotto di cammello (di proprietà dello stesso Zurlini) simile a quello indossato da Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi nello stesso 1972 de La prima notte di quiete, simbolo di eleganza innata che neanche le sue losche frequentazioni possono intaccare; uno sguardo perennemente malinconico e dolente; un approccio alla vita all’insegna del nomadismo, fatto di nuovi luoghi da esplorare ma soprattutto di vuoti da riempire.

In una provincia mesta e sinistra, fatta di noia e immobilismo nella lunghissima attesa di un’altra estate, la solitudine di Daniele incontra quella altrettanto amara ed evidente di Vanina, che come lui si sente smarrita in un mondo in cui non si riconosce. Il freddo professore che esordisce nella nuova classe con «Io sono qui soltanto per spiegarvi perché un verso del Petrarca è bello, e presumo di saperlo fare. Tutto il resto mi è estraneo, mi annoia tanto vale che ve lo dica subito, per me neri o rossi siete tutti uguali, i neri sono più cretini» lascia così spazio a un nuovo sentimento, a una passione capace di allontanare il sentore di morte che lo accompagna.

La prima notte di quiete: domani è un altro giorno

La prima notte di quiete

È l’arte a fare simbolicamente da filo conduttore fra Daniele e Vanina. Dante Alighieri incontra la Madonna del Parto di Piero della Francesca attraverso le parole di Daniele, che con gli occhi sognanti e innamorati di Vanina incollati addosso in una struggente scena afferma con romanticismo misto a fatalità: «Lei ne sembra compresa ma non felice, forse già sente oscuramente che la vita misteriosa che giorno per giorno cresce in lei, finirà su una croce romana come quella d’un malfattore. E secoli dopo un grande poeta le si rivolgerà con queste sublimi parole: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu sei colei che l’umana natura nobilitasti, sì che il suo fattore, non disdegnò di farsi sua fattura”. Probabilmente non avrebbe neanche capito».

Ancora più lacerante è la celeberrima scena ambientata nella sala da ballo, dove ha luogo un intenso e loquace scambio di sguardi fra i due innamorati e il terzo incomodo Gerardo, sulle note di Domani è un altro giorno. L’immortale brano di Ornella Vanoni sembra scritto apposta per descrivere il turbamento del protagonista («È uno di quei giorni che ti prende la malinconia che fino a sera non ti lascia più. La mia fede è troppo scossa ormai, ma prego e penso fra di me “Proviamo anche con Dio, non si sa mai”»), e commenta una prova di rara espressività da parte di Alain Delon, che nello spazio di pochi minuti riesce a raccontare una vita di delusioni, rimpianti e sofferenze solo attraverso il suo sguardo.

La prima notte senza sogni

La prima notte di quiete

Mentre La prima notte di quiete si dipana, emergono i tanti punti di contatto fra le esistenze di Daniele e Vanina: uno shock impossibile da cancellare (il suicidio di una ragazza a lui cara e un passato da prostituta minorenne per lei), una figura genitoriale opprimente (la madre sfruttatrice di Vanina e il padre eroe di guerra di Daniele) e soprattutto la contrapposizione fra purezza e peccato, che non a caso è proprio il titolo scelto dall’alunna del supplente per un tema su Alessandro Manzoni.

Del gioco a incastri di passioni e attrazioni orchestrato da Zurlini fanno ovviamente parte anche il pericoloso Gerardo e l’instabile Monica, coinvolti loro malgrado in un effetto domino che porta tutti i protagonisti a invaghirsi di una figura che tende ineluttabilmente a condurli verso l’autodistruzione. A sfuggire a questa dinamica è Spider, che il sempre perfetto Giancarlo Giannini porta in scena con pregevole ed equilibratissima ambivalenza. Nonostante sia coinvolto in un giro di sfaccendati dediti a droghe, alcool, gioco d’azzardo e volgarità, Spider mostra un animo sensibile e una notevole cultura, ed è in grado di cogliere la vena artistica di Daniele, rappresentata dalla raccolta di poesie intitolata come il film («Perché la morte è la prima notte di quiete?», chiede al protagonista, sentendosi rispondere «Perché finalmente si dorme senza sogni»).

Nonostante la bigotta e retrograda morale dell’epoca, Valerio Zurlini si spinge oltre, tratteggiando sfumature e sguardi che conferiscono al rapporto fra Daniele e Spider sfumature che trascendono la mera amicizia virile e si spingono fino alla manifesta attrazione omoerotica, sempre sospesa ma mai consumata.

Una Rimini completamente diversa da quella di Federico Fellini

La prima notte di quiete

Mentre i protagonisti si attraggono e si respingono, il regista trasforma il mare d’inverno riminese in un vero e proprio personaggio de La prima notte di quiete, capace di attrarre anime e destini. Atmosfere che si distaccano sia dal cantore per eccellenza di Rimini, ovvero il suo figliolo prediletto Federico Fellini, sia dal florido filone del cinema balneare, che nel 1965 ha sapientemente fotografato paradossi e contraddizioni della Riviera attraverso il mai troppo citato L’ombrellone di Dino Risi. Il mare per Zurlini non è sinonimo di libertà e divertimento, ma di tempesta e vento, che accarezza costantemente la testa di un sempre più fragile Alain Delon.

Non meno importante è il lavoro sugli interni, che si trasformano di volta in volta in cieli in una stanza in cui nascondersi dalla vita e in caotici assembramenti di variegata umanità, all’interno di cui è facile smarrirsi. A dettare i tempi e le atmosfere della narrazione sono poi le ipnotiche musiche di Mario Nascimbene, che con le sue partiture tipicamente jazz descrive silenziosamente lo stile di vita errante e improvvisato di Daniele, alla costante ricerca del mesto riposo evocato da Goethe.

Il finale de La prima notte di quiete

L’intreccio di amori e destini concepito da Zurlini deflagra in un finale amaro e doloroso, che guarda a Il sorpasso del già citato Dino Risi ma anche al precedente Ossessione di Luchino Visconti, esplicito punto di riferimento per il regista. Un treno non preso e un tragico incidente d’auto diventano l’ultimo crocevia per la tormentata esistenza di Daniele, venuto dal nulla e svanito rapidamente come una cometa estiva. In un funerale popolato da figure eleganti e altolocate, a colpire non è tanto l’assenza di Vanina, ma la presenza discreta di Spider: l’unico capace di afferrare anche solo per un attimo la vera essenza di Daniele, il solo a sentirne sinceramente la mancanza.

La prima notte di quiete

Non ti ho cercata per passare una serata divertente, queste cose non mi interessano affatto. Ma lo sconforto che hai dentro… la tua malinconia senza rimedio, non riesco a sopportarla.

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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