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Il deepfake e noi tra vero, falso e verosimile: ecco cosa ci attende nel futuro prossimo

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Il deepfake e noi, già. Il titolo potrà suonare un po’ sensazionalistico, ma crediamo che questo binomio sarà sempre più saldo. E nel futuro prossimo ci troveremo a interrogarci sempre più spesso sull’intelligenza artificiale applicata alla sintesi dei volti.

La tecnologia evolve con enorme rapidità, perciò ecco che nel giro di poche settimane il deepfake si trova oggi a occupare la casella prima presidiata dai chatbot conversazionali.

Le analogie sono forti: si tratta di due declinazioni dell’IA dalle enormi potenzialità. Che hanno mostrato, entrambe, aspetti positivi e altri deteriori.

E così, ChatGPT è stato vietato in diversi Paesi, compreso il nostro. E la legge sta iniziando a pronunciarsi sull’argomento. E le prime regole stanno arrivando anche per quanto riguarda il deepfake.

A tal proposito, avete notato a quante false notizie veicolate attraverso le immagini hanno fatto la loro comparsa in quest’ultimo periodo?

Come funziona il deepfake?

Come riconoscere un deepfake?

Abbiamo più volte scritto, in queste settimane, di clamorosi scoop che, tramite deepfake, hanno reso quasi vero ciò che vero non è. Dall’arresto di Putin a Papa Francesco con un vistoso piumino alla moda, sino alle recentissime immagini dello pseudofunerale di Silvio Berlusconi a Milano.

È Midjourney lo strumento che si occupa di generare immagini partendo da testi, e nell’immaginario collettivo sta prendendo rapidamente il posto di ChatGPT.

Ma tornando al binomio iniziale, il deepfake e noi, sarà sempre più urgente fare alcune riflessioni.

Proviamo ad abbozzare quelle che ci sembrano le principali, sapendo che ci si sta muovendo su un terreno ancora quasi del tutto inesplorato.

La suggestione delle immagini

Un’immagine dice molto più di mille parole. E il vecchio adagio non mente: l’immagine colpisce l’emotività in modo più diretto. E anche i più scafati a riconoscere il deepfake hanno fatto un sobbalzo quando hanno visto, ad esempio, Vladimir Putin inginocchiato al cospetto di Xi Jinping.

Questo, nel rapporto tra il deepfake e noi, è un primo problema. Perché se le immagini lasciano più a bocca aperta dei testi, significa che – di fronte a una bufala che passa attraverso foto create dall’IA – saremmo ancora più inclini a crederla vera, e taciteremo ancor più convintamente la nostra quota di razionalità. Quella che, di fronte a una notizia clamorosa, dovrebbe spingerci a effettuare tutte le verifiche del caso.

Ma ci sono almeno altre due questioni aperte.

La novità del deepfake

Il deepfake adoperato per creare falsi scoop su personaggi pubblici è pratica recentissima.

E ci sta cogliendo impreparati. Non abbiamo ancora le conoscenze per arginarlo a prima vista. Certo, molti siti offrono ormai un vademecum su come individuare una foto fake: nelle immagini create con l’intelligenza artificiale ci sono errori di proporzioni e incongruenze, specie nelle figure sullo sfondo, eccetera.

Ma la tecnica si affinerà. Dunque una grande domanda da porsi sarà: tra il deepfake e noi, chi evolverà più alla svelta? Ovvero: correremo il rischio che le bufale attraverso immagini saranno sempre più verosimili, e quindi gli stratagemmi buoni oggi per smascherarle saranno vecchi domani?

La risposta, ahinoi, molto probabilmente è sì.

Servono nuove competenze

Un’altra questione riguarda le competenze. Infatti, se per sbugiardare le fake news classiche – basate sui testi – è fondamentale il bagaglio culturale individuale, la capacità di verificare le fonti (e una certa conoscenza del mondo), di fronte al deepfake contano altre attitudini, più tecniche. Saper riconoscere le caratteristiche delle immagini digitali, ad esempio.

Tuttavia, anche in questo caso, rimane fondamentale il… sangue freddo, il sapersi cioè domandare se ciò che stiamo osservando possa realmente essere accaduto.

Falso, vero e verosimile

Il punto dolente, in fondo, è proprio questo. Almeno per ora, il deepfake sembra agire con molta più raffinatezza rispetto alle fake news testuali.

Le quali sono spesso grossolane, tentano di propagare assurde teorie del complotto, gettare discredito sulla comunità scientifica eccetera.

Mentre il deepfake si muove in quella oscura (e attraente) zona di confine tra vero e falso: il verosimile. Perciò ecco che vediamo le immagini di un finto Donald Trump in prigione proprio a pochi giorni di distanza dalla dichiarazione dello stesso ex presidente. Che ha detto al suo elettorato, in previsione di un possibile arresto (per aver pagato il silenzio della pornostar Stormy Daniels, che avrebbe avuto una relazione con lui), di protestare per lui: “Riprendetevi la nazione!”

Il deepfake ci porterà insomma in un mondo ibrido, certamente falso ma plausibile, metà reale metà virtuale. Una sorta di perversione del metaverso, in cui non è detto che saremo inghiottiti. Ma nel quale saremo di certo chiamati a tenere gli occhi ben aperti.

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