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Il Quantum Computing cambierà il mondo?

Abbiamo fatto il punto della situazione con Raffaele Mauro, autore di un libro sull'argomento e Managing Director di Endeavor Italy

MILANO – “Oggi ci sono alcune categorie di problemi che computazionalmente richiedono troppo risorse hardware e troppo tempo per essere risolte in maniera efficace. Un esempio sono le simulazioni complesse, i problemi di crittografia e così via. I quantum computer permettono questo tipo di cose e lo fanno grazie ad una logica diversa rispetto a quella dei computer tradizionali, una logica che non codifica le informazioni con 1 e 0 ma tramite qubit ed una serie di proprietà particolari della fisica quantistica con cui possono raggiungere più facilmente le soluzioni”. È questa la definizione di Quantum Computing di Raffaele Mauro, Managing Director di Endeavor Italy e autore di un libro sull’argomento. Non chiamatelo però esperto. Raffaele preferisce lasciare questo appellativo ai ricercatori del settore, limitandosi a considerarsi un appassionato.

Le sue conoscenze però vanno sicuramente al di là di quelle di un semplice amante della tecnologia. Un aspetto che ho avuto modo di scoprire leggendo il già citato volume, ma anche scambiando quattro chiacchiere davanti ad un caffè per scoprire come il quantum computing cambierà la nostra vita.

Il punto della situazione

Il quantum computer di Rigetti

Questa visione che fino a qualche anno fa era relegata ai laboratori di ricerca, era fantascienza, oggi è commercializzata. C’è stato un passo di ingegnerizzazione e trasferimento tecnologico avvenuto negli ultimi anni che ha portato le più grandi imprese tecnologiche, come IBM, Google e Microsoft, e alcune startup, come Rigetti e Zapata, a costruire fisicamente alcuni quantum computer e a far girare informazioni tramite qubit. – mi spiega Raffaele – La cosa che non è ancora sicura o inequivocabile è il fatto che quello che abbiamo dimostrato a livello teorico, cioè che alcuni categorie di problemi possono essere risolte in modo efficiente dal quantum, lo sia a livello empirico.

Naturalmente il fatto che si parli di quantum computer non significa che la chiave risieda nel mero hardware. I grandi apparecchi, quelli che al momento devono rimanere chiusi in un frigorifero e protetti da ogni genere di interferenze, devono essere affiancati dall’immancabile software. Insomma, non basta buttare qubit in una scatola – perdonate l’estrema semplificazione – ma è necessario spiegare a questi qubit cosa fare, come comportarsi.

Ci sono degli esperimenti, alcuni open source e alcuni invece legati alle grandi aziende, in cui si cerca di costruire framework, SDK o API. – racconta Mauro – Il panorama attuale è ovviamente diviso. Da un lato abbiamo chi sta sviluppando l’hardware e ovviamente spinge i suoi framework per creare uno standard, dall’altro lato le metodologie open-source sono molto diffuse nella comunità scientifica e credo avranno un ruolo da giocare.

A cosa ci servirà il Quantum Computing?

Raffaele Mauro, Managing Director di Endeavor Italy

Lo so, al momento suona tutto molto astratto e, credetemi, è normale. Non si tratta infatti di potenziare le macchine con cui lavoriamo ogni giorno, ma di creare un paradigma nuovo e totalmente diverso, basato su principi differenti e per altro saldamente ancorati alla già citata fisica quantistica. Insomma, realizzare un prototipo funzionante, uno che non solo contenga qubit, ma che faccia esattamente quello che vogliamo è davvero difficile. Eppure gli scienziati non demordono anche perché le potenzialità di questa tecnologia sono enormi. Potrebbe tornare utile per la crittografia, per la medicina e persino per il machine learning. Per arrivare a tutto questo però ci vuole tempo.

Probabilmente la prima cosa che faremo con i quantum computer sono le simulazioni, simulazioni in ambito chimico con tante potenziali applicazioni. Potremo simulare il comportamento di un farmaco o come i fertilizzanti conservano energia. Oppure ancora, simulare come i componenti di uno pneumatico vanno ad interagire con il suolo. – mi dice Raffaele – Sono tutte situazioni complesse che a livello atomico sono legate a proprietà di natura quantistica che oggi sono impossibili da simulare in maniera puntuale. Potenzialmente i computer quantistici potrebbero ottenere risultati piuttosto interessanti. Grandi aziende, come Microsoft, o startup, come Rigetti, si stanno orientando molto in questa direzione“.

Gli ostacoli del prossimo futuro

Il Quantum Computer di D-Wave. Acquistabile per soli 15 milioni di dollari.

Insomma, prima di vedere il nostro futuro sconvolto dal quantum computer passeranno sicuramente molti anni. I passi da compiere infatti sono ancora parecchi: l’hardware è ancora complesso da costruire e difficile da stabilizzare, il software deve ancora fare notevoli passi avanti e la ricerca dovrà approfondire ulteriormente le proprietà dei singoli qubit e la loro capacità di trasmettere informazioni.

Tutto questo poi deve fare i conti anche con i differenti approcci presenti in campo: “La frammentazione è doppia, sia software che hardware. Oggi ci sono tanti modi con cui tu puoi codificare un qubit. L’implementazione fisica può essere fatta tramite diversi tipi di tecnologie. Non è ancora emersa quella dominante e alcuni di questi paradigmi sono radicalmente differenti tra di loro. Siamo quindi in una fase di pre-costruzione di uno standard. – spiega Raffaele Mauro – Ovviamente se si costruirà un paradigma standard il tasso di diffusione di questa innovazione dovrebbe aumentare. Ora siamo nella fase di innovazione ingegneristica radicale. Una volta che si trova la soluzione più efficiente e più soggetti iniziano a competere sullo stesso tipo tecnologia, come successe in passato con i semiconduttori, verosimilmente ci sarà una diffusione più ampia di queste tecnologie.”

Tutta questa ricerca naturalmente richiede fondi, fondi da milioni – se non miliardi – di dollari. Il rischio è che questi investimenti però non portino a nulla. Raffaele però non è d’accordo: “Non giudico queste cifre molto elevate perché, anche qualora la supremazia quantistica non fosse raggiunta e l’attuale prospettiva di sviluppo del quantum fosse completamente fallimentare, comunque ci sarà un ritorno in termini di conoscenza scientifica, conoscenza su come funziona la natura, e avremo comunque sviluppato tecnologie in campi di frontiera che comunque potranno risultare utili. Un po’ come il programma spaziale. Il discorso è un po’ diverso per le aziende. Il volume di investimenti in venture capital sta crescendo molto ma non è ancora elevatissimo se lo compariamo, per esempio, a quanto è stato investito in intelligenza artificiale o in blockchain. Quindi c’è spazio per crescere.

Perché leggere Quantum Computing?

Prima salutare Raffaele e abbandonare gli uffici di Endeavor Italy, gli pongo la domanda di rito: perché leggere il libro Quantum Computing? “Perché è un libro che, anche se poi non ti interessa approfondire al Quantum Computing, accenderà l’interesse per tanti altri settori. È un libro che ha l’obiettivo di gettare un fiammiero nella tua testa e accendere un fuoco.” 

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Erika Gherardi

Amante del cinema, drogata di serie TV, geek fino al midollo e videogiocatrice nell'anima. Inspiegabilmente laureata in Scienze e tecniche psicologiche e studentessa alla magistrale di Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia.

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