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Il karaoke e una generazione di cantanti (stonati). La macchina del tempo

Eravamo tutti Frank Sinatra

Sera. Una coppia di fidanzatini sta per brindare al proprio amore nel tavolo più appartato del ristorante più esclusivo della città. Quando a un certo punto parte una musica metallica e, pochi secondi dopo, uno sconosciuto sovrappeso, con il riporto e visibilmente alticcio intona una canzone di Lucio Battisti prendendo cinque diverse tonalità (tra cui non c’è traccia di quella giusta) in pochi istanti.

Scene simili hanno dominato gli anni Novanta del Novecento, quando il karaoke ha imperversato in pressoché tutti i locali pubblici nonché nelle abitazioni private. E i piccioncini desiderosi di intimità hanno dovuto rispolverare l’antico rito del picnic.

Ricordiamo, se mai ce ne fosse bisogno, cos’è il karaoke. E proviamo a capire perché ha avuto un successo del tutto sproporzionato rispetto alle doti canore medie di chi ne faceva uso (e abuso).

Cos’è il karaoke

Di per sé il karaoke non ha nulla di perverso. Come capita sempre con le invenzioni umane, è l’utilizzo che se ne fa a poter essere pernicioso.

Il karaoke è semplicemente un intrattenimento musicale. In cui una o più persone cantano al microfono su una base registrata di un brano solitamente celebre. Per aiutare i meno inclini al senso del ritmo, poi, i testi del brano da cantare vengono visualizzati su uno schermo.

L’origine è controversa. C’è chi ne vede gli albori negli Stati Uniti, negli anni Sessanta del secolo scorso, e chi li data un decennio più tardi, in Giappone. In Italia il karaoke esiste dalla fine degli anni Ottanta del Novecento.

fiorello karaoke tv

Il boom del karaoke in Italia

Ma nel nostro Paese il karaoke è esploso, come più o meno tutti ci ricordiamo, negli anni Novanta, grazie all’omonimo programma televisivo condotto da Fiorello.

La trasmissione è andata in onda dal 1992 al 1995, con una poco memorabile riedizione nel 2015.

La formula era semplice: ogni sera Fiorello si collegava da una diversa piazza d’Italia. Lì, svariate persone si alternavano cantando appunto al karaoke, e alla fine della puntata si eleggeva un vincitore.

Strazi e perle del Karaoke di Fiorello

Di solito funzionava così: nella mezz’ora di trasmissione, alcuni sconosciuti – magari persone apprezzabilissime, seri lavoratori e cittadini modello – salivano sul palco per rovinarsi la reputazione con le proprie mani (anzi, con la propria ugola) in pochi istanti.

Di norma, poi, ogni sera cantava anche una persona accettabilmente intonata, che al cospetto degli altri concorrenti faceva la figura di una novella Maria Callas.

Certo, non sono mancate le clamorose sorprese. Una su tutte: in una fredda serata del 1992 è salita sul palco di Gorizia una timida quindicenne, che ha cantato in modo impeccabile “Questione di feeling”. La ragazzina in questione era un’ancora sconosciuta Elisa.

La sindrome da karaoke

Dopo il boom del programma di Fiorello, abbiamo detto addio alla nostra intimità.

Come preannunciato all’inizio dell’articolo, non c’era bar o ristorante che non si fosse munito di karaoke. Che veniva utilizzato in due modi. Il più innocente era quello di lasciare libero accesso allo strumento a chi avesse voluto cimentarsi nel canto. Spesso con esiti tragicomici, ma pazienza. Tuttavia c’era una versione ancor più drammatica della faccenda. Che si concretizzava specie alle cerimonie, quando agli invitati ignari veniva puntato il microfono sotto il naso: e non si poteva sfuggire all’obbligo dell’esibizione.

Non sono di certo mancate le versioni domestiche del karaoke. Per cui, dopo una gradevole cena in casa di amici, anziché le solite chiacchiere sullo sport sorseggiando grappa barricata, ecco che due volte su tre spuntava il temibile aggeggio. E gli ospiti dovevano sbrigarsi a trovare una scusa credibile per rincasare il prima possibile.

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L’effetto Dunning-Kruger

Perché per un decennio c’è stato questo desiderio collettivo di esibirsi nel canto?

Certo, cantare è all’apparenza una cosa che sappiamo fare tutti, non occorre una preparazione tecnica specifica. Che invece è necessaria, ad esempio, per suonare uno strumento musicale.

Alle cene, poi, un po’ di alcol di troppo e un po’ di narcisismo fanno spesso cadere le inibizioni dei meno timidi.

Per vederla in modo un po’ più scientifico, potremmo addirittura tirare in ballo l’effetto Dunning-Kruger. Secondo il quale, in sintesi, meno uno padroneggia un ambito, e meno è in grado di riconoscere – in quello stesso ambito – i propri limiti.

Noi, per il futuro del karaoke, abbiamo una modesta proposta: ci si continui pure a intrattenere con questo nobile passatempo. Purché si sia certi, prima di accendere il microfono, che tutti i presenti siano d’accordo.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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