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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

Non temete: l’IA generativa non vi ruberà l’anima (né il lavoro)

Criticarla e basta? È miope e riduttivo

Anche noi di Tech Princess non ci siamo potuti sottrarre al costume redazionale corrente.

Che è quello di fornire ogni giorno sempre nuove e mirabolanti notizie sull’intelligenza artificiale generativa, di cui da qualche tempo si parla con insistenza.

Con insistenza e con una certa unilateralità un po’ miope, dal momento che ne vengono segnalati (quasi) soltanto gli utilizzi distorti, subdoli o illegali. Ultimo in ordine di tempo, il video distopico a opera del Partito Repubblicano statunitense.

Inoltre, folte schiere di analisti – e moralisti – disegnano un futuro tetro, satrapicamente governato dalla suddetta intelligenza artificiale generativa. Che spesso si cita senza nemmeno sapere cosa sia. D’altronde, è cosa tristemente nota, per una differente interpretazione di una medesima parola si sono combattute guerre sanguinose.

Dunque, per sgombrare il campo da equivoci, cominciamo proprio dalla terminologia.

Dopo di che scardiniamo un luogo comune oggi sin troppo di moda. Ricordando, se mai ce ne fosse bisogno, che nessuna invenzione è buona o cattiva: dipende dall’uso che se ne fa.

deepfake 1

Intelligenza artificiale e intelligenza artificiale generativa

Saremo sintetici. L’intelligenza artificiale è rappresentata dall’insieme di strumenti artificiali, appunto, in grado di simulare le qualità peculiari del pensiero umano. Le auto a guida autonoma, per capirci, si basano sull’IA (acronimo che non si capisce bene perché i parlanti italiani trasformino spesso in AI).

L’intelligenza artificiale generativa, invece, è un tipo di IA in grado di creare nuovi contenuti. Testuali, visivi, musicali eccetera.

E di intelligenza artificiale generativa oggi si parla soprattutto in due casi.

ChatGPT e Midjourney, quei due cattivoni

Esemplare per ciò che riguarda l’IA generativa di tipo testuale è ChatGPT, così come Midjourney lo è per quella in grado di creare immagini assai verosimili partendo da un testo.

E non c’è limite, in entrambi i casi, alle peggiori fantasie distopiche. Per colpa di ChatGPT e affini si danno già per spacciate quasi tutte le professioni intellettuali. Mentre Midjourney e software omologhi ci renderanno incapaci di distinguere, in un futuro prossimo, il falso dal vero.

Naturalmente non sarà così, specie se consideriamo due fattori indispensabili: l’alfabetizzazione e la necessità di normare il fenomeno.

Conoscere e normare

Una cosa spaventa tanto più quanto meno la si conosce.

È dunque auspicabile che presto, anche attraverso campagne di sensibilizzazione promosse dalle amministrazioni e dai governi (come già avviene con le fake news), si educhi tutta la popolazione, dagli studenti ai pensionati. Intanto perché venga adottata, come dicevamo, una corretta terminologia: nominare con precisione significa già prendere le misure di un argomento. E poi per saper riconoscere l’uso malizioso di questa tecnologia. Pensiamo ad esempio al deepfake, specie quando è adoperato per spacciare una notizia inventata per autentica.

Inoltre, anziché lasciare che le paure del domani allignino tra la popolazione come in un film horror, è bene che i Paesi e le istituzioni sovranazionali limitino con leggi chiare il fenomeno. Non solo per arginarne le declinazioni potenzialmente più rischiose, ma anche per esaltarne gli aspetti indubbiamente virtuosi.

L’utilizzo virtuoso dell’intelligenza artificiale generativa

Ebbene sì: sembra incredibile ma l’intelligenza artificiale generativa non è crudele per natura.

Non può esserlo per il semplice motivo che, pur somigliandoci sempre di più, non è dotata di senso morale. Quindi possiamo rilassarci e iniziare a pensare anche a tutti gli utilizzi positivi di questa IA.

Il tanto vituperato deepfake, intanto, potrà fornire il suo contributo al mondo dell’arte. Si pensi al cinema: l’IA potrà sia rendere il doppiaggio più realistico che far recitare attori non presenti sul set (emblematico e controverso il recente caso di Bruce Willis).

Ancora più ampio lo spettro di utilizzo dei chatbot conversazionali. Ce ne stiamo già rendendo conto con i motori di ricerca come Bing. Sempre più aziende, poi, ne stanno sfruttando le virtù: l’IA potrà ad esempio organizzarci viaggi o aiutare medici e personale sanitario, come sta iniziando ad accadere negli Usa.

Smontiamo infine lo spauracchio secondo cui l’IA generativa porrà fine alle attività intellettuali. Ma no: un bravo giornalista, per non parlare di uno scrittore dal sicuro talento, continueranno a produrre opere riconoscibili, scaturite anche da quella cosa vivida e irreplicabile che potremmo chiamare estro, o talento.

I software potranno semmai sveltire la produzione di documenti il cui grado di creatività richiesto sia minimo, dalla circolare alla mail compilativa.

Il mondo non finirà, insomma. O di certo non per colpa dell’intelligenza artificiale generativa (che finora non ci risulta abbia mai costruito autonomamente un’arma o dichiarato guerra a qualcuno).

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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