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Suspiria di Dario Argento – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo di un'altra sublime fotografia di Luciano Tovoli, quella di Suspiria di Dario Argento.

Favola nera, contaminazione fra giallo e horror soprannaturale, viaggio esoterico fra atmosfere rarefatte e colori sgargianti, sentito omaggio cinematografico alle opere di Maurits Cornelis Escher e in particolare al suo Relatività, richiamato esplicitamente nel corso dell’atto conclusivo. Questo e molto altro è Suspiria di Dario Argento, uno dei lavori più conosciuti e apprezzati del regista romano, nonché l’opera con cui il maestro del brivido si allontana dallo spaghetti thriller da lui imposto all’attenzione generale (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio, Profondo rosso) per abbracciare l’orrore più puro e irrazionale, con la fondamentale collaborazione di alcuni dei più grandi artisti del nostro cinema.

Uno di questi è indubbiamente Luciano Tovoli, di cui abbiamo parlato nel precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto dedicato a Il deserto dei Tartari, che nello stesso 1976 in cui vede la luce l’opera conclusiva della carriera di Valerio Zurlini firma un’altra fotografia suggestiva e straniante, capace di mettere i colori accesi tipici del cinema di Mario Bava (in particolare Terrore nello spazio e Reazione a catena) al servizio delle sontuose scenografie di Giuseppe Bassan e della sapiente mano dello stesso Dario Argento, qui all’apice della sua creatività. Con il contributo delle ipnotiche musiche dei Goblin, il risultato è un racconto disorientante e inquietante, in cui convivono paura, mistero ed elementi magici, infusi soprattutto da Daria Nicolodi, all’epoca coinvolta in un sodalizio artistico e sentimentale con lo stesso regista.

La storia prende infatti spunto da una spaventosa esperienza della nonna di quest’ultima Yvonne Loeb, celebre pianista che narrò alla nipote di aver frequentato un istituto artistico e musicale francese all’interno del quale si celava una scuola di magia nera.

Suspiria: la fiaba horror di Dario Argento è un trattato sulla paura e sul male

Suspiria Dario Argento

«Susy Benner decise di perfezionare i suoi studi di balletto nella più famosa scuola europea di danza. Scelse la celebre accademia di Friburgo. Partì un giorno alle nove di mattina dall’aeroporto di New York e giunse in Germania alle 22:45 ora locale». È la sinistra voce dello stesso Dario Argento a presentare Suspiria e il viaggio di Susy (Jessica Harper), aspirante ballerina statunitense diretta verso l’Accademia di danza a Friburgo, situata non a caso in Escher Strasse, primo di tanti omaggi all’artista olandese. In una notte buia e tempestosa, che sembra uscita da uno dei spaventosi racconti dei fratelli Grimm, Susy arriva a destinazione, dove incontra una ragazza di nome Pat, che fugge precipitosamente dalla scuola mentre le urla frasi apparentemente prive di senso.

Dopo una notte in città, Susy si reca nuovamente all’Accademia, dove fa la conoscenza delle sue nuove compagne, della vicedirettrice Madame Blanche (Joan Bennett) e dell’insegnante Miss Tanner (Alida Valli), impegnate nelle indagini per la scomparsa della stessa Pat. Con l’inizio delle lezioni, Susy comincia a sperimentare anche eventi inspiegabili e terrificanti, in un’atmosfera sempre più lugubre. La protagonista inizia inoltre ad accusare pesanti problemi fisici, che uniti alle parole della compagna Sarah (Stefania Casini) la fanno dubitare sulla natura della scuola. Mentre la scia di violenza e morte si fa sempre più lunga, Susy scopre la storia della fondatrice dell’Accademia Helena Markos, emigrata greca accusata di molteplici episodi di stregoneria. A separare la ragazza dalla verità c’è solo una porta decorata da tre iris, gli stessi a cui alludeva Pat nel loro primo e ultimo incontro.

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Il primo capitolo della Trilogia delle tre madri

Suspiria Dario Argento

Attingendo tanto ai racconti che hanno segnato la sua infanzia (come Biancaneve o Pinocchio) quanto a Suspiria De Profundis di Thomas de Quincey, da cui riprende l’idea delle tre madri fondante della sua trilogia proseguita da Inferno e chiusa da La terza madre, Dario Argento ci accompagna in un viaggio dentro il male, scandito da da un magnetico impianto visivo e da un meticoloso lavoro registico, per il quale lo stesso cineasta si è dato l’obiettivo di non realizzare neanche due inquadrature uguali.

A ben vedere, la chiave interpretativa di Suspiria sta proprio in quella porta attraversata da Susy nei minuti finali, ornata da un esplicito omaggio al già citato Relatività di Escher e da tre iris colorati rispettivamente di rosso, giallo e blu. È proprio questa porta a dettare le scelte fotografiche, che grazie anche all’ausilio di una pellicola Kodak da 30-40 ASA a bassissima sensibilità e del glorioso formato Technicolor si focalizzano proprio su questi tre colori, da cui Susy è continuamente circondata e abbagliata. L’effetto che ne risulta rimanda a racconti scolpiti nell’immaginario collettivo come Il mago di Oz, ma soprattutto restituisce allo spettatore la sensazione di un male capace di divorare tutto ciò che incontra, ammaliando e circuendo lentamente le sue vittime.

Le influenze di Escher su Dario Argento e Suspiria

Suspiria Dario Argento

Le geometrie impossibili di Escher, insieme all’idea di mondi diversi che si compenetrano a vicenda, abitano Suspiria a diversi livelli. Mentre sullo schermo si susseguono raggelanti episodi, ci imbattiamo continuamente in inquadrature da prospettive bizzarre e difficilmente spiegabili, che da una parte confermano la riottosità di Dario Argento nei confronti del realismo e di rigide meccaniche di causa-effetto, e dall’altra disorientano ulteriormente lo spettatore, trasformando Suspiria in una caccia a un assassino di cui è difficile comprendere sia l’identità, sia la provenienza, sia la natura. Questo perché, come ribadito dal professor Milius in un illuminante dialogo, le streghe «conoscono e praticano segreti occulti che danno loro il potere di agire sulla realtà, sulle persone».

Sono quindi da leggere in questo senso le numerose traiettorie escheriane del film, di non immediata lettura anche dopo molteplici visioni del capolavoro di Dario Argento. Da dove provengono quegli occhi assetati di sangue che affiorano dietro a una finestra all’inizio del film? Chi è quel misterioso figuro con il mantello, peraltro interpretato dallo stesso Argento? Cosa spinge un fedele cane guida ad azzannare il pianista cieco interpretato dal compianto Flavio Bucci nella prodigiosa sequenza ambientata in una spettrale Königsplatz? Perché quel corridoio che porta al quartier generale stregonesco appare più o meno lungo a seconda della situazione? E soprattutto, perché dopo la notte più agghiacciante e sanguinosa della sua vita Susy si congeda da noi con un beffardo sorriso, più simile alla soddisfazione che al sollievo?

Domande destinate a rimanere senza risposta, che non fanno che accrescere il fascino di un’opera sfuggente e impossibile da incasellare, come molte altre pietre miliari del cinema.

L’emblematico finale di Suspiria di Dario Argento

Suspiria Dario Argento

Ma la porta attraversata da Susy è anche un confine tematico e narrativo fra un prima e un dopo inevitabilmente diverso. Girando l’iris blu menzionato da Pat nel corso dell’incipit, Susy abbandona definitivamente il mondo a lei conosciuto, addentrandosi in un territorio con altre regole, in cui è difficile distinguere il vero dal falso. Ad attraversare questo confine è lo stesso Dario Argento, che con Suspiria completa il suo viaggio verso il paranormale già sfiorato con Profondo rosso, mutando totalmente e definitivamente il suo inafferrabile cinema, sempre più tetro e spigoloso.

Dietro la porta in cui Susy scopre il piano con cui si punta a ucciderla, nonché il cadavere di Sarah, decisamente troppo curiosa per le seguaci della stregoneria che si nascondono all’interno dell’Accademia. Ma non è un caso che l’atteso confronto con la temutissima Helena Markos, ancora estremamente potente nonostante le sue sembianze di zombie rantolante steso a letto, si concluda a favore di Susy grazie a una scelta significativa ed emblematica dello stesso cinema di Argento da qui in poi. Messa di fronte a una fallace proiezione della sua defunta compagna, la giovane protagonista si salva pugnalando a morte l’invisibile corpo della strega madre, la cui morte provoca a cascata la distruzione dell’intera Accademia. Un’azione che simbolicamente diventa un inno a sentire prima di vedere, e a credere in ciò che è nascosto ai nostri occhi più che a quello che viene mostrato o esibito.

Suspiria: il fantastico secondo Dario Argento

Suspiria Dario Argento

Una soluzione che ancora una volta attinge al mondo delle fiabe e del fantastico (come non ricordare il beffardo svelamento finale della persona che si cela dietro Il mago di Oz?), pietra angolare di Suspiria. Non è infatti un mistero che in un primo momento Dario Argento volesse per protagoniste addirittura un gruppo di bambine, non lontane per età dalla Dorothy di Judy Garland. Desiderio reso impossibile sia dalle leggi allora vigenti in Germania, che vietavano l’utilizzo di interpreti minorenni, sia dai distributori e dai produttori, poco propensi a investire su un progetto con delle bambine come protagoniste di una storia tanto inquietante e sanguinosa.

Costretto a fare di necessità virtù, Dario Argento ha comunque riversato in Suspiria le sue idee iniziali, caratterizzando volutamente in modo estremamente infantile, compiendo intelligenti scelte scenografiche come l’innalzamento delle maniglie delle porte e soprattutto trasformando ambienti apparentemente sicuri come una scuola o le camerette delle ragazze in luoghi pericolosi e terrificanti, in cui il male si può annidare in tutte le sue forme.

La regia di Dario Argento

Ma le intuizioni di Dario Argento dietro alla macchina da presa non finiscono certo qui. Doveroso per esempio citare il primo dei tanti malefici perpetrati ai danni di Susy, realizzato attraverso l’abbagliante riflesso di un oggetto appuntito, direzionato verso la protagonista con l’accompagnamento del pauroso sguardo di due dei tanti bizzarri personaggi che popolano l’Accademia e di una nube di polvere evidenziata dalla luce. Altrettanto riuscite le sequenze più cruente, come l’impiccagione iniziale e la tremenda fine del personaggio di Stefania Casini, inesorabilmente invischiata in un cumulo di filo di ferro che provocò reali escoriazioni alla stessa attrice.

Come detto in precedenza, Suspiria è però soprattutto ciò a cui si allude implicitamente, come la mastodontica struttura di un’Accademia che assomiglia a uno dei tanti sinistri castelli della tradizione gotica, le inquadrature a volo di uccello che moltiplicano le possibili fonti di provenienza del male o quei corridoi capaci di trasformarsi in veri e propri labirinti, dalle geometrie cangianti e dalle scenografie direttamente connesse alle nostre paure più ancestrali. Un modo di fare cinema capace di insinuarsi negli anfratti più reconditi della nostra anima, e di rendere Suspiria una visione genuinamente inquietante ancora oggi.

Una principessa senza principe né reame

Questo vero e proprio trattato sulla paura e sull’esoterico si conclude con la stessa pioggia che aveva accolto Susy, in questo caso purificatrice, e con quel già menzionato sorriso di una delle prime final girl, capace di affrontare il male a viso aperto e di sfuggire con coraggio e intelligenza alle sue grinfie. Una principessa di stampo fiabesco, senza reame e senza principe ma comunque in grado di sconfiggere la temibile strega cattiva.

«La magia è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta».

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Suspiria
  • The disk has Italian audio.
  • Stefania Casini, Jessica Harper, Joan Bennett (Attori)
  • Dario Argento (Direttore) - Claudio ArgentoProdotto

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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