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Il futuro del copyright: le sfide legali nell’era dell’AI secondo l’avvocata Lydia Mendola

Un'iniziativa interessante all'evento di Web3 Alliance

Come regolamentare il diritto d’autore quando si parla dell’intelligenza artificiale? In un interessante evento organizzato dalla Web3 Alliance, è proprio ChatGPT a porsi questa domanda: l’intelligenza artificiale di OpenAI ha infatti intervistato Lydia Mendola, avvocata partner studio Portolano Cavallo, sul copyright ai tempi dell’AI.

AI e copyright, ChatGPT intervista l’avvocata Lydia Mendola

La Web3 Alliance è, citando dal loro sito, la “risposta di chi vuole affrontare la sfida del Web 3.0 (metaverso, virtual reality, augmented reality, blockchain, AI) in modo consapevole per cogliere a pieno le opportunità e limitare i rischi“. In un evento organizzato a Milano, il consorzio ha discusso di uno dei temi più dibattuti in assoluto: l’intelligenza artificiale.

Una tecnologia che sta rivoluzionando il mondo in maniera rapidissima. Come ci spiega in una chiacchierata a margine dell’evento Andrea De Micheli, Presidente di Web3 Alliance oltre che CEO di Costa Diva Group: “Se la rivoluzione di internet ha impiegato una ventina di anni per cambiare radicalmente il modo in cui lavoriamo, l’AI potrebbe farlo in un quarto del tempo: entro cinque anni potrebbe diventare la nuova normalità”.

Il moderatore e giornalista Pepe Moder allora ci spiega di aver voluto iniziare fin da subito a utilizzare l’AI anche per fare il suo di lavoro, chiedendo a ChatGPT di intervistare sul tema del copyright per l’intelligenza artificiale l’avvocata Lydia Mendola. Hanno provato più volte a dare a ChatGPT lo stesso prompt, ma ogni volta cambia: quindi l’effetto sarebbe stato quello di un’intervistatore umano – anche se il giornalista che è in lui non ha saputo esimersi dal fare qualche altra domanda.

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L’AI generativa e il copyright – l’intervista di ChatGPT a Lydia Mendola

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Il prompt scelto da Pepe Moder era: “Ciao ChatGPT, ti chiedo di immedersimarti nel ruolo del giornalista che conduce un’intervista a un evento. L’evento è web3 Alliance Forum e si intitola “Oltre l’AI: le opportunità del web3 per l’impres”. La persona da intervistare è Lydia Mendola, dello studio legale Portolano Cavallo e il suo intervento verterà sulla proprietà intellettuale dei contenuti prodotti dall’intellitengenza artificiale generativa. Quali sono le 3 domande che faresti?

In tempo reale, abbiamo visto ChatGPT (la versione basata su GPT-4) generare delle domande, tenendo conto del titolo dell’evento del ruolo dell’avvocata. Che ha saputo rispondere colpo su colpo all’AI.

Dai bias dell’AI al diritto d’autore

ChatGPT chiede: “Signora Mendola, nel suo lavoro come avvocato specializzata in proprietà intellettuale, come vede evolversi le leggi attuali in relazione ai contenuti generati da intelligenza artificiale? Crede che ci siano aree grigie legali che devono essere affrontate?”

L’avvocata parte con una battuta sui bias di ChatGPT: “Partirei dal dire che ‘Signora Mendola’ forse rispecchia un po’ di sessismo nei dati, mi sarei aspettata almeno un ‘dottoressa’.

Poi continua spiegando che nel diritto della proprietà intellettuale non c’è un vero vuoto normativo nella gestione dell’AI, ma “lascia diverse zone grigie. Dobbiamo capire come adattare le normative sul copyright ai prodotti generati dall’AI.

Il contenuto generato dall’AI ha i requisiti minimi per essere protetto dalla proprietà intellettuale? Il Copyrighht Office americano, che si occupa della tutela di contenuti originali creati dagli utenti – gestisce mezzo milione di domande all’anno -di recente, ha detto parlando di un fumetto le cui immagini erano di Midjourney, che non sono tutelabili. Il contenuto è proteggibile quando è originale e ha carattere creativo. Il contenuto dell’AI, per il Copyright Office, non ha carattere creativo: con la decisione ha detto che quanto creato con Midjourney non è riproducibile – lo stesso prompt da diversi risultati. E quindi non si può proteggere con il copyright“.

Cosa rende un prodotto “originale” e “creativo”

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Questa decisione negli Stati Uniti ha portato a una grande discussione. “I creativi hanno esultato alla decisione, perché riconosce il loro ruolo nel processo creativo. Ma le imprese che vogliono sfruttare questa tecnologia sono insorte, perché non possono proteggere il proprio materiale creato con l’AI. Il Copyright Office un mese dopo ha prodotto delle linee guide che sottolineano come le valutazioni variano caso per caso. E ha detto che, se l’autore nel modello mette un valore creativo nel dataset o nell’editing, il contenuto potrebbe risultare proteggibile.”

Quindi diversi tipi di intelligenza artificiale potrebbe aiutare a produrre contenuti creati dall’AI ma proteggibili dal copyright, secondo l’avvocata intervistata da ChatGPT. Che aggiunge (su input di Pepe Moder, questa volta) che “anche il tema del training è un tema che coinvolge il copyright: al momento non è chiaro se l’AI sia stata addestrata con prodotti di cui l’autore ha dato il consenso all’utilizzo. Getty Images ha sostenuto che alcuni AI (in particolare Stable Diffusion) siano stati addestrati senza la concessione dei diritti. Quindi, addirittura, un autore che utilizza questa AI potrebbe infrangere il copyright di Getty senza saperlo. C’è però un’eccezione: il data mining è concesso per lo sviluppo di alcuni AI, ma l’autore deve aver la possibilità di fare opt out“.

Come tutelare il copyright dell’AI (se concesso): l’intervista di ChatGPT a Lydia Mendola

La seconda domanda di ChatGPT sul tema del copyright e dell’AI all’avvocata è: “Nell’era del Web3, come si potrebbero sfruttare i contratti intelligenti e la tecnologia blockchain per gestire e proteggere la proprietà intellettuale dei contenuti prodotti dall’intelligenza artificiale generativa?”

L’avvocata risponde più veloce e preparata anche dell’AI: “Assumendo che i contenuti dell’AI siano proteggibili, gli NFT e la blockchain potrebbero certificare la provenienza e la successiva circolazione di un contenuto. Tutta l’industria dei contenuti ha visto rivoluzioni tecnologiche che hanno cambiato il modo in cui si distribuiscono i contenuti – pensiamo allo streaming audiovisivo. Ma l’AI generativa cambia il paradigma con cui nascono questi contributi, per la prima volta.

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Infine, l’ultima domanda di ChatGPT è: “L’intelligenza artificiale è capace di creare contenuti unici e innovativi, che potrebbero avere un valore commerciale significativo. In base alla sua esperienza, come pensa che le aziende dovrebbero affrontare la questione della proprietà di tali contenuti? Come dovrebbero essere definiti i diritti di sfruttamento economico e moralità in queste circostanza?”

Mendola commenta: “È furbo, ha un po’ riformulato la prima domanda”. Ma riguardo al ruolo delle aziende in questi casi, spiega: “L’azienda deve poter conservare i dati durante la generazione, perché dovrà poter dimostrare che non ha delegato il processo creativo alla macchina ma ha dato un suo contributo creativo. Altrimenti, difficilmente i contenuti saranno protetti dal copyright”.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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