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L’elefante del mago, com’è il nuovo film di animazione Netflix

Come fare a trovare le domande giuste, quando ne abbiamo tante per la testa? “Segui l’elefante”. Questa è la risposta che l’indovino dà al nostro piccolo Peter, protagonista del nuovo film di animazione targato Netflix, L’elefante del mago. Uscito pochi giorni fa, il 17 marzo, sul colosso dello streaming internazionale, questo lungometraggio di circa 100 minuti abbondanti ci ha fatto riflettere sul senso delle nostre priorità e dei nostri desideri. Soprattutto quando abbiamo a disposizione una sola moneta per trovare quel che cerchiamo. Tratto dall’omonimo romanzo di Kate DiCamillo, vincitrice del Newberry Award, e diretto da Wendy Rogers, come esordio alla regia ma con precedente esperienza in effetti visivi (da Shrek a Giù per il tubo e Il gatto con gli stivali), vediamo come ci è sembrata questa storia tenera e magica, sin dall’inizio.

L’elefante del mago, quando la curiosità paga

Siamo nella città di Baltese, dove Peter è cresciuto sotto l’ala protettrice di Vilna, un rude ex soldato, dopo aver perso la propria famiglia. Gli rimane soprattutto nel cuore la morte della madre e della sorellina, un ricordo che lo commuove e che lo strugge, nonostante l’educazione severa e rigida impartitagli e le difficoltà della sua condizione di orfano. Peter rimane pur sempre un ragazzo gentile e puro di cuore. Soprattutto, è rimasto speranzoso. Per questo motivo, e letteralmente a ogni costo, decide di rivolgersi a una veggente che alberga nella sua colorata e ombrosa tenda in città.

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Lei sembra sapere tutto di lui, e la sola domanda di Peter è sapere se sua sorella sia ancora viva, che sarà poi l’impresa da cercare di portare a termine durante il film. Per tutta risposta, la maga gli dice di dover seguire un elefante. Che fare dunque, a fronte di questa risposta sibillina, se non da perfetta mentecatta.

Senza farsi troppo prendere dalla disperazione, e cercando di cavarsela con ancor meno soldi di quanti ne avesse, Peter scopre che un mago locale ha evocato un elefante, o meglio un’elefantessa, che si reputa in grado di allontanare le nuvole che coprono perennemente la città. Ma l’animale purtroppo viene tenuto prigioniero in cattività nel palazzo reale, dopo essere caduto letteralmente dal cielo, e Peter intende liberarlo, ma non senza conseguenze.

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elefante del mago netflix

Tre è un numero magico per davvero

Tre è il numero delle missioni impossibili, o quasi, che Peter deve cercare di portare a termine per il re, al fine di salvare l’elefantessa, e che determinano anche il ritmo della narrazione. Tre tappe lungo il percorso che Peter deve percorrere alla ricerca della speranza (e della sorella) perduta. Senza fare troppe anticipazioni ulteriori sulla trama del film, tutto questo avviene senza perdere per strada il simbolismo che spesso compare in produzioni animate come questa.

A partire da Vilna, un anziano che sembra quasi rappresentare Mister Scrooge per eccellenza, che non crede alle favole e anzi toglie anche agli altri quel briciolo di fantasia e speranza che possono ancora nutrire, nonostante le difficoltà.

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L’elefantessa, al contrario, sembra davvero giunta dal mondo della fantasia (e il fatto che sia caduta dal cielo non può promettere diversamente, del resto). L’animale è totalmente ricoperto di disegni colorati, come creati con un gessetto su di una lavagna, come fosse il genio della lampada che porta gioia e colore (e, di nuovo, speranza) in un mondo grigio e perso come Baltese, dove sembra che il tempo non scorra più.

Vivere a colori

Forse è proprio questo il messaggio che ci vuole trasmettere Wendy Rogers con il suo film: sperare in momenti più colorati e vivaci nonostante si viva nel grigiume senza tempo. Una favola dal messaggio sempre contemporaneo, e a tratti quasi banale e poco originale se vogliamo, quello de L’elefante del mago. Ricordiamo infatti che siamo in mondo in cui la guerra ha distrutto la bellezza e ha spazzato via la speranza, dove solo il dramma trova spazio. Il costante messaggio del lungometraggio però si ripropone martellante sul senso della speranza che non dobbiamo smettere di nutrire.

La speranza come motore propulsore che spinge l’uomo a continuare a cercare una via per migliorare e per raggiungere i suoi obiettivi, dando anche fiducia al proprio sesto senso e a quello in cui si crede. E la dura realtà rende tutto questo ancora più difficile, nel momento in cui si è soli, come Peter, a credere in qualcosa che non sia drammatico, mentre tutti intorno a lui sono ormai privi di ottimismo e di un pizzico di illusione, a volte necessaria per sopravvivere sul mare di nebbia pessimistica.

LElefante del Mago 2

Il pubblico di Netflix che deciderà di avventurarsi in questo viaggio con Peter saprà trovare il giusto divertimento per via di alcune situazioni vivaci e per la scrittura dell’azione. Qui non manca del sano umorismo e un buon ritmo nel susseguirsi delle varie fasi della storia, il tutto supportato da un gradevole gusto estetico nella realizzazione dell’animazione, per quanto non si avvicini ai lavori ad alto budget. La grafica riesce comunque a portare a casa un buon risultato complessivo, come il film nel suo insieme.

La recensione de L’elefante del mago in pillole

L’elefante del mago, che in realtà avrebbe potuto chiamarsi “L’elefantessa e il mago” o L’elefantessa del mago per non annullare il dettaglio che si tratti di un animale di sesso femminile, è un buon film di animazione. Uno dei principali di questa categoria, ma sicuramente più rude, uscito di recente è di sicuro Pinocchio, ma in questo caso la riflessione portata sullo schermo è più pacata, calda e genuina, senza attingere troppo alle tinte oscure e agli angoli reconditi del dolore. Abbiamo vissuto un buon viaggio, abbastanza leggero da darci l’illusione che ci possa ancora essere del buono nel mondo e della positività nel nostro futuro. Sperando che questo sogno duri abbastanza da poterci convincere a sufficienza per nutrire ancora della positività nel raggiungimento dei nostri obiettivi, anche quelli più lontani e che saremmo tentati di abbandonare prima ancora che ci venga in mente di perseguirli.

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