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Le aziende Tech nello scacchiere della guerra in Ucraina

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L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto nascere una guerra anche tecnologica, con le aziende Tech di tutto il mondo chiamate ad intervenire. Negli ultimi giorni, il governo ucraino e non solo ha richiesto interventi per bloccare la disinformazione e aiutare il più possibile la popolazione. Ma anche dal fronte russo ci sono state diverse richieste (molte respinte al mittente). E tantissime aziende, da Meta a Google, passando per Twitter e Telegram, hanno dovuto fare i conti con il proprio enorme potere, anche geopolitico.

Aziende Tech parte di una guerra che è anche tecnologica

Venerdì scorso il governo di Kyiv ha contatto Apple, Meta e Google per bloccare alcuni loro servizi all’interno del proprio territorio. Sia con fini strategici: le mappe di Apple e Google potrebbero mostrare gli spostamenti delle truppe con le funzioni sul traffico in tempo reale. Ma anche per contrastare le tante fake news, con cui Mosca vuole spaventare e attaccare il popolo ucraino.

Allo stesso tempo, l’app Telegram ha dovuto chiudere gli account che parlvano della guerra per la crescente disinformazione. Lunedì Twitter ha iniziato a mettere etichette sui tweet degli apparati mediatici russi, così come Facebook, con restrizioni per i principali canali di comunicazioni russi.

Credit: BBC

Una situazione spinosa

Una situazione in cui le compagnie social e tech hanno l’opportunità di giocare un ruolo fondamentale nella geopolitica, come non succedeva dalla cosiddette Primavere Arabe del 2011. Soprattutto, dopo un periodo di grande disincanto da parte della politica e degli utenti, con i Big Tech sempre più confrontata con i problemi di privacy e di monopolio.

Come riporta il New York Times, a prendere le decisioni su quali servizi sospendere e come reagire sono i dirigenti delle aziende. Ma devo giocare un equilibrio complicato: c’è anche la possibilità che tagliare servizi blocchi le proteste dei cittadini russi e i loro sforzi di combattere la propaganda del Cremlino.

Inoltre, alcuni commentatori fanno notare come Meta e Google non abbiano bandito i media che fomentano la propaganda di Mosca, limitandosi a bloccare la monetizzazione dei loro video. E come spiega l’ex parlamentare europea e docente di Cyber Policy a Stanford Marietje Schaake: “Gli interventi sotto questa pressione enorme sottolineano che non è stato fatto molto per lungo tempo”.

Dall’altro lato, dopo che il fondatore di Telegram Pavel Durov ha annunciato la chiusura dei canali in cui si parla della guerra in Ucraina, molti utenti hanno lamentato il fatto di poter ricevere informazioni dirette solo tramite quella piattaforma. Durov ha quindi deciso di fare retro-marcia.

Le compagnie stanno affrontato le pressioni del ‘blocco occidentale’ da un lato e della Russia dall’altro. Non solo per bloccare le fake news ma anche per ” passare all’attacco”. Il vice premier ucraino ha chiesto a Meta, Apple, Netflix e Google di restringere i propri servizi anche in Russia, per isolare la nazione e bloccare la propaganda interna.

In questa situazione difficile da orchestrare, dove le necessità delle popolazioni coinvolte sono una priorità indiscutibile ma anche difficile da garantire, una sola cosa sembra certa. Tutto il mondo politico riconosce il potere enorme delle aziende Tech, che sono diventate un tassello fondamentale del conflitto in Ucraina.

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