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OpenAI si pronuncia sul copyright: impossibile non usare opere coperte da diritti

Dopo la causa del New York Times

Tra le tante questioni sollevate dall’introduzione sempre più massiccia dell’intelligenza artificiale generativa nelle nostre vite, ce n’è una particolarmente delicata. E riguarda le opere coperte da diritti d’autore.

Sino a che punto, nell’addestramento dell’IA, è lecito “rubare” contenuti altrui? Quando un contenuto si può considerare citato e rielaborato in maniera autonoma, e quando si tratta di plagio? Le domande nascono da sé, una dopo l’altra.

Di certo, le dichiarazioni delle scorse ore rilasciate da OpenAI sul copyright sono quanto meno spiazzanti. Vediamo cosa ha fatto sapere l’azienda, e perché si tratta di un’affermazione collegabile alla decisione del New York Times, presa alla fine dello scorso anno, di fare causa alla stessa OpenAI e a Microsoft.

ChatGPT openai

OpenAI e il copyright

Il documento originario, datato 5 dicembre 2023, è stato inviato alla commissione Comunicazione e Digitale della Camera dei Lord del Regno Unito, ma solo ora ne siamo venuti a conoscenza. Perché il testo, in una forma rielaborata, è apparso sul blog dell’azienda di Sam Altman nella giornata di lunedì 8 gennaio.

Il titolo è quanto di più sintetico possibile: “OpenAI and journalism”. Ma il sottotitolo prende decisamente la mira: “Sosteniamo il giornalismo, collaboriamo con testate giornalistiche e riteniamo che la causa del New York Times sia priva di merito.” A questo punto, prima di scoprire il punto di vista di OpenAI sul copyright, vale la pena di ricordare quale sia stata la mossa del New York Times.

La denuncia del New York Times

Come abbiamo riportato in un articolo dello scorso 28 dicembre, il New York Times ha fatto causa a OpenAI e Microsoft perché, secondo l’accusa, per addestrare gli algoritmi di intelligenza artificiale le due aziende avrebbero utilizzato materiale protetto da copyright.

La denuncia è apparsa in un articolo del quotidiano pubblicato il 27 dicembre, nel cui sottotitolo leggiamo: “Milioni di articoli del New York Times sono stati utilizzati per addestrare i chatbot che ora fanno concorrenza al New York Times.”

Danno e beffa, dunque: uso di materiale coperto da diritti d’autore, e per fare concorrenza proprio alla testata.

Ricordiamo che già ad agosto il NYT aveva bloccato il web crawler di ChatGPT, per impedire al software di apprendere dai suoi contenuti.

E adesso cosa risponde OpenAI al New York Times?

OpenAI e il giornalismo

Il lungo post pubblicato sul blog di OpenAI si divide in quattro paragrafi, ciascuno corrispondente a un argomento. Vale qui la pena di riportarne tre.

Nel primo, l’azienda si dichiara da sempre collaborativa con le testate giornalistiche, e attenta a creare nuove opportunità nel settore.

“I nostri obiettivi sono supportare un ecosistema di notizie sano, essere un buon partner e creare opportunità reciprocamente vantaggiose”

Il Fair use

OpenAI sul copyright si rifà al Fair use, su cui l’azienda produttrice di ChatGPT ha una posizione diversa rispetto a quella del New York Times.

Infatti secondo OpenAI “addestrare modelli di intelligenza artificiale utilizzando materiali Internet disponibili al pubblico è un uso corretto, come supportato da precedenti di lunga data e ampiamente accettati.

Consideriamo questo principio giusto per i creatori, necessario per gli innovatori e fondamentale per la competitività degli Stati Uniti.”

Perché i modelli di intelligenza artificiale possano apprendere e risolvere nuovi problemi, inoltre, hanno bisogno di accedere a “l’enorme aggregato della conoscenza umana”.

E nel documento originario si può leggere: “Poiché oggi il diritto d’autore copre praticamente ogni tipo di espressione umana – inclusi post di blog, fotografie, post di forum, frammenti di codice software e documenti governativi – sarebbe impossibile addestrare i principali modelli di Intelligenza Artificiale odierni senza utilizzare materiali protetti dal diritto d’autore.”

Ma siccome “per noi il diritto legale è meno importante dell’essere buoni cittadini”, ecco che anche OpenAI cita la possibilità data agli editori, e  adottata dal New York Times nell’agosto 2023, di “impedire ai nostri strumenti di accedere ai loro siti.”

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La causa “priva di merito”

OpenAI accusa infine il New York Times di non aver pubblicamente menzionato le trattative tra le due aziende per “una partnership di alto valore sulla visualizzazione in tempo reale con attribuzione in ChatGPT, in cui il New York Times avrebbe guadagnato un nuovo modo per connettersi con i loro lettori esistenti e nuovi e i nostri utenti avrebbero accesso ai loro rapporti”.

Nonostante l’ostruzionismo della testata, e la causa “priva di merito”, OpenAI si augura “una partnership costruttiva con il New York Times e rispettiamo la sua lunga storia, che include la segnalazione della prima rete neurale funzionante oltre 60 anni fa e la difesa delle libertà del Primo Emendamento.

Ci auguriamo di poter continuare la collaborazione con le testate giornalistiche, contribuendo a elevare la loro capacità di produrre giornalismo di qualità realizzando il potenziale di trasformazione dell’intelligenza artificiale.”

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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