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Il filo nascosto: Fahrenheit 451 di François Truffaut

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto parliamo ancora di François Truffaut.

«Dai retta a me Montague, i libri non hanno niente da dire. Guarda, queste sono opere di fantasia, e parlano di gente che non è mai esistita. I pazzi che li leggono diventano insoddisfatti, cominciano a desiderare di vivere in modi diversi, il che non è mai possibile». Questo dialogo, uno dei passaggi più sinistri di Fahrenheit 451, racchiude il senso dell’intera opera di François Truffaut, degno adattamento dell’omonimo romanzo di Ray Bradbury. Un lavoro in cui il regista francese riversa tutta la sua passione per la letteratura e per la narrazione, precipitandoci in un futuro distopico dove leggere è diventato un reato e in cui tutti i libri sono destinati al rogo, in un inquietante rimando ai Bücherverbrennungen nazisti.

Dopo esserci soffermati su Adele H. – Una storia d’amore, per il nuovo appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto seguiamo ancora François Truffaut, facendo un passo indietro fino al suo quinto film da regista, nonché il primo girato in inglese con produzione internazionale. Un racconto cupo e disperato, che appare inevitabilmente datato in alcuni effetti speciali, ma al tempo stesso adempie perfettamente alla missione di trasformare in grande cinema le visioni disturbanti di Bradbury, senza rinunciare al disagio esistenziale e al puro e irriducibile anticonformismo alla base del cinema di Truffaut.

Fahrenheit 451: il distopico monito di François Truffaut e Ray Bradbury

Fahrenheit 451 Truffaut

Con i titoli di testa di Fahrenheit 451, coerentemente non scritti ma declamati ad alta voce, Truffaut crea un’atmosfera sordida e opprimente, perfetta cornice di una società marcia e disumanizzata, in cui pattuglie di pompieri vestiti da gendarmi si aggirano in mezzo alla popolazione non per spegnere incendi ma per innescarli, bruciando i libri trovati durante le loro feroci perquisizioni. Un regime silenzioso e invisibile ha infatti abolito i libri e la parola scritta, che non si può utilizzare neanche nei fumetti. Secondo il potere e i suoi burocrati, i libri rendono la vita più triste, perché mettono il popolo nella condizione di confrontarsi con le esistenze immaginarie e irrealizzabili dei loro protagonisti, generando frustrazione e sconforto. Al posto dei libri, domina incontrastata la televisione, unico supporto ammesso per le attività quotidiane e sola fonte di intrattenimento.

Il pompiere Montag (Oskar Werner) è perfettamente inserito nel sistema; esegue scrupolosamente i compiti che gli sono stati assegnati, senza porsi domande e senza farsi scrupoli. Un atteggiamento passivo e fedele, che viene premiato dal suo capitano con una promozione. Sulla sua strada ci sono però due donne, entrambe interpretate dalla formidabile Julie Christie: la prima è la moglie Linda, più interessata all’intrattenimento televisivo che alla carriera del marito; l’altra è la stravagante Clarisse, che avvicina Montag e comincia a porgli quesiti sui libri, stimolando la sua curiosità al punto da spingerlo a leggere David Copperfield di Charles Dickens. La prima di una serie di tante letture, che portano Montag a ribellarsi agli abusi del potere che lui stesso aveva contribuito a perpetrare.

Fahrenheit 451: Truffaut anticipa Lumet e Cronenberg

Fahrenheit 451 Truffaut

La metafora alla base di Fahrenheit 451 di Truffaut è scoperta ed evidente fin dai primi minuti, nonché tragicamente in anticipo sui tempi. Già nel 1966, ci viene prospettata una società inaridita dal punto di vista morale e culturale, in cui la letteratura è messa al bando e dove i cittadini sono invitati a mettere da parte il pensiero critico e ad adeguarsi alle direttive impartite dall’alto. Non è un caso che uno dei primi libri a subire lo speciale trattamento riservato alla carta stampata sia Don Chisciotte, elogio della fantasia ma al tempo stesso tragica rappresentazione dell’attaccamento di un personaggio all’illusione e a un’epoca irrimediabilmente superata.

Ma il lavoro di Truffaut è costellato da altre immagini potenti, che impreziosiscono il valore simbolico delle pagine di Bradbury. Fra queste, è doverosa una menzione all’anziana signora che si lascia bruciare insieme alla sua biblioteca segreta e all’imponente televisore a schermo piatto che domina il salotto di Montag e Linda. Emblematiche in questo caso le azioni della moglie, totalmente asservita a una trasmissione che con gli occhi di oggi appare come un angosciante ibrido fra un reality show, un programma interattivo e le dinamiche alla base delle interazioni con gli assistenti vocali. Una spietata critica alla televisione come mezzo di distrazione di massa, in largo anticipo rispetto alle ancora più raggelanti rappresentazioni del mezzo messe in scena da Sidney Lumet in Quinto potere e da David Cronenberg in Videodrome.

Il contributo di Nicolas Roeg e Bernard Herrmann

Fahrenheit 451 Truffaut

La fantascienza di Truffaut è volutamente antispettacolare, quasi goffa quando cerca l’effetto speciale, come nei casi della monorotaia che imperversa come mezzo di trasporto o dell’inseguimento in volo dei poliziotti. Al regista non interessa la tecnologia in senso stretto, ma piuttosto il suo effetto sull’umanità, che qui appare svuotata, devitalizzata da un mondo senza cultura. Case tutte uguali, accompagnate dalle immancabili antenne su cui si focalizza lo sguardo del regista, accolgono una società conformista e incolore, che ha nella televisione l’unica vera compagna di vita e di svago.

Sono poche le schegge impazzite, come la già citata anziana signora, martire per le sue letture, e la stessa Clarisse, che porta lentamente sulla sua strada Montag, facendolo uscire dalla caverna oscurantista in cui l’aveva rinchiuso il sistema e permettendogli di scoprire un universo di emozioni, storie e riflessioni. La fotografia di Nicolas Roeg e le musiche di Bernard Herrmann si fanno sempre meno grottesche e più cupe, accompagnando l’evoluzione di un racconto che nei fatti diventa un thriller a sfondo fantascientifico e dal chiaro sottotesto politico, col protagonista impegnato in una disperata fuga dal potere e dalle sue emanazioni.

Un percorso sottolineato dai libri che vengono progressivamente dati alle fiamme o menzionati, fra cui spiccano Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Lolita, Robinson Crusoe, La fattoria degli animali, Cronache marziane dello stesso Bradbury e addirittura una copia di Cahiers du cinéma, rivista in cui Truffaut si è formato come critico cinematografico. Tutti esempi di letteratura capace di ispirare e di allargare i nostri sempre più stretti orizzonti.

François Truffaut e Oskar Werner

Come in tutte le opere di Truffaut, anche in Fahrenheit 451 è importante la contaminazione fra realtà e finzione, e nello specifico il rapporto del regista con i suoi stessi interpreti. Stavolta non è un’infatuazione del cineasta per una sua attrice a farla da padrona, nonostante a Julie Christie sia assegnato un doppio ruolo che richiama immediatamente alla mente quello di Kim Novak ne La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock, imperitura fonte di ispirazione per Truffaut. La lavorazione di Fahrenheit 451 è contrassegnata da continui screzi fra il regista e Oskar Werner, che peraltro era già stato protagonista del memorabile triangolo amoroso alla base di Jules e Jim. I contrasti fra i due diventano una vera e propria guerra aperta, accompagnata da una totale mancanza di comunicazione nelle ultime settimane di riprese.

Paradossalmente, tutto ciò aiuta l’interpretazione di Werner, che conferisce al personaggio un sentimento di costante apatia. Una prova monoespressiva e priva di qualsivoglia picco emotivo, che diventa però perfettamente funzionale alla trama e al percorso del protagonista, perso in un mondo in cui la passività è incentivata e la freddezza e la riservatezza sono costanti che accompagnano l’esistenza di chiunque. Separati dalla vita e dalla tensione sul set, François Truffaut e Oskar Werner troveranno un ultimo punto di contatto nella morte, scomparendo nel 1984 ad appena due giorni di distanza, entrambi prematuramente.

Il finale di Fahrenheit 451 di Truffaut

Fahrenheit 451 ci ricorda l’importanza della cultura e soprattutto la necessità di mantenere sempre alta l’attenzione sulla libertà artistica ed espressiva e sulle tante azioni più o meno evidenti che il potere compie per limitarla. Un monito che trova un timido segnale di speranza e resistenza nel memorabile epilogo, con le persone libro intente a imparare a memoria i loro testi preferiti per preservarli nell’immaginario collettivo. Un finale che parla al cuore e al cervello dello spettatore, esplicitando un concetto semplice ma troppo spesso sottovalutato: la cultura non può esistere senza la memoria, e viceversa. Un invito a impegnarci quotidianamente per preservare libri, film, canzoni e tutte le altre opere d’arte, per farle resistere allo scorrere del tempo e al cambio dei costumi e della politica. Se muore la cultura, moriamo anche noi.

E quando ti chiederanno che cosa facciamo, tu gli risponderai: “Noi ricordiamo”.

Fahrenheit 451 Truffaut

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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